Il caso Ergo Sum distorto dai  soldi pubblici

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Il caso Ergo Sum distorto dai soldi pubblici

11 Maggio 2007

In Italia è difficile essere liberali. Quanti si ispirano alla filosofia di Benjamin Constant e di Friedrich Hayek si trovano costretti a muoversi in una sorta di gimkana, in cui non è agevole mantenersi a debita distanza dai sempre più numerosi e improbabili moschettieri de Lo Spirito delle Leggi. Non poco emblematica di tale difficoltà è la disavventura capitata di recente alla rivista studentesca “Ergo Sum” finanziata, in parte, dalla Provincia di Genova (2.500 euro l’anno) e dall’Ateneo ligure. Nel numero di aprile del “periodico d’informazione e cultura”, compariva, in prima pagina, “un grosso disegno” rappresentante “una posizione kamasutra con a fianco esplicite immagini sull’uso di un preservativo” a illustrazione dell’editoriale di Marco Fiorello Più gondoni per tutti. In seconda pagina, si potevano leggere pesanti attacchi alla Chiesa accanto a  una statua di Cristo avvolto in un cellophane: un’icona che, c’è bisogno di dirlo?, richiamava un enorme preservativo. Seguivano, nelle pagine successive, attacchi alla Regione Lombardia per la delibera sulla sepoltura dei feti non nati (“un ritorno al Medio Evo”), una forte critica al ministro Mastella per le sue posizioni anti-Dico, oltre ad articoli di varia umanità che non risparmiavano né l’assessore al traffico, il rosapugnone Merella, né, soprattutto, l’arcivescovo Bagnasco già oggetto di minacce brigatiste (?) e da tempo sotto scorta.

E forse superfluo parlare di un dèjà vu e del ritorno di atteggiamenti antagonistici che fanno rivivere malinconicamente i poco esaltanti “anni formidabili”, né può meravigliare  la reazione di un quotidiano come “Il Giornale” che, il primo maggio, a firma di Andrea Macco, ha stigmatizzato il fascicolo con toni accesi e indignati. La figura di Cristo “avvolta da un preservativo da sola potrebbe essere da denuncia per violazione dell’articolo 404 del Codice Penale sulle offese alla religione”. E, nel prosieguo, l’articolista, commentando l’attacco a Bagnasco, non ha esitato ad affermare: “poi ci si domanda a chi possa mai venire in mente di andare a scrivere certe scritte sui muri di Genova.. Forse non occorrerebbe guardare lontano, basterebbe sfogliare Ergo Sum”.

Un discorso fuori le righe, che ha scatenato la comprensibile reazione dei responsabili della rivista, oltretutto esacerbati dalla decisione presa dai finanziatori, in seguito al servizio del “Giornale”, di sospendere ogni contributo. Direttore e redattori, denunciando la congiura ai loro danni, hanno ricordato (e non a torto!) che “parlare dell’ingerenza della Chiesa sulla politica italiana è lecito e approfondire temi di bioetica è doveroso nel rispetto della dignità delle persone” e che svolgere un approfondimento sul mandato di un assessore non rappresenta un illecito.

A dar man forte alle “vittime” del “Giornale”, è intervenuto Walter Noli, membro del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani, che ha spiegato la vicenda con l’apartiticità dei collaboratori di “Ergo Sum”: “non hanno nessun ‘protettore’nel Palazzo e quando qualche servo sciocco se ne accorge cominciano i guai e allora nel silenzio di tutti, salvo che dei carnefici, facciamoli morire, ma domani non dovremmo stupirci o gridare allo scandalo se i loro atteggiamenti non corrisponderanno alle nostre aspettative, li abbiamo imbavagliati quando cercavano di parlare, li abbiamo ostacolati quando cercavano di creare, non li abbiamo saputi ascoltare quando ancora volevano comunicare”. Come si vede, la retorica (anche la più insulsa) in Italia può raggiungere vette di elevato lirismo mai sfiorate dal sospetto del ridicolo.

A coronare l’episodio, il preannuncio di due interpellanze parlamentari–rosapugnona, l’una, rifondazionista, l’altra– per denunciare urbi et orbi cotanto oltraggio “ar libbero pensiero”.

Se ci si chiede, però, da che parte si trovino, in tutto questo bailamme, i liberali, si è costretti a riconoscere, malinconicamente, che non stanno da nessuna parte. Non col “Giornale” che, nell’esercizio di un legittimo diritto di critica, cita norme penali e la recentissima Carta dei Valori, della Cittadinanza e dell’Integrazione, emanata dal Ministero dell’Interno il 23 aprile 2007– in cui fra l’altro si legge: “Lo Stato laico riconosce il contributo positivo che le religioni recano alla collettività e intende valorizzare il patrimonio morale e spirituale di ciascuna di esse” –, come se la libertà intellettuale dovesse trovare un limite nei codici e come se, per legge, ognuno fosse tenuto a riconoscere “il contributo positivo delle religioni” (anche gli “atei razionalisti”? anche gli scettici e gli agnostici? A tal punto, stiamo rinnegando lo spirito dei lumi?).

Ma il liberalismo non abita neppure dalle parti dei Noli e dei suoi protetti che, sostanzialmente, non riconoscono ai redattori del “Giornale” nessun diritto all’indignazione dinanzi a immagini e a parole ispirate a un anticlericalismo e a furori laicisti da qualche secolo “fuori stagione”. Andrea Macco, per loro, è solo un “servo sciocco” (espressione pesantemente offensiva) che avrebbe scritto l’articolo all’unico scopo di strozzare “Ergo Sum”.  

Sennonché, ci si chiede: se certe espressioni colpiscono negativamente la  sensibilità religiosa e morale di determinate categorie di cittadini, costoro debbono astenersi dal riferirne sui quotidiani atteso che la loro denuncia potrebbe attivare sanzioni sociali ed economiche spiacevoli? E, qualora  si pongano in atto tali sanzioni, i rappresentanti del popolo sono tenuti a insorgere e a investire il parlamento del compito di  ripristinare favori e sovvenzioni?

Per un liberale d’antan, se il fascicolo di aprile di “Ergo Sum” conteneva articoli e immagini chiamiamoli discutibili, l’articolo di Macco esprimeva una  protesta consentita ma guastata dall’ombra di codici e di tribunali : ciascuno ha fatto il suo mestiere anche  se uno dei contendenti ne è uscito con le ossa rotte. Perché la cosa non è finita qui? Ma perché abbiamo uno scheletro nell’armadio ed è il fatto che non viviamo in una “liberale società di mercato” ma in un paese in cui l’opposizione al governo si può fare solo con i soldi del governo (ovvero dei contribuenti: sia di quelli che hanno votato per il governo sia degli altri) e persino le rivoluzioni – dalla marcia su Roma al compromesso storico – chiedono la benedizione delle autorità costituite.

Se i periodici si reggessero solo sulle vendite, ci saremmo trovati dinanzi alla “fisiologia dell’informazione”: la mancanza di stile di Ergo Sum avrebbe indotto il feroce attacco de “Il Giornale e, con ogni probabilità, la polemica avrebbe comportato l’aumento di tiratura dell’uno e dell’altro. Ma siamo in Italia: qui a criticare un periodico che vive di donazioni pubbliche (per quanto modeste), si rischia di fargli chiudere i battenti e, pertanto, ci si espone all’accusa di aver commesso “una cattiva azione”! Insomma, l’assistenzialismo, lungi dall’incrementare la libertà di tutti, sembra esigere una nuova, inibente, forma di ‘responsabilità’ (“attento a quello che scrivi, potresti recar danno agli altri!”) che significa, in definitiva, una cosa sola: dobbiamo cucirci la bocca ….anche per non venire, un domani, allontanati, a nostra volta, dalle generose mense degli enti locali o statali.