Il caso letterario dei teenager, sbandati e “bamboccioni”, tedeschi

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Il caso letterario dei teenager, sbandati e “bamboccioni”, tedeschi

20 Marzo 2011

Da tempo, ha notato piuttosto unanimemente la critica tedesca, non accadeva che il romanzo di un debuttante, in questo caso una ragazza di appena 17 anni, si rivelasse così riuscito, così energico. Con questo che è stato il suo esordio letterario Helene Hegemann ha scritto effettivamente una storia che possiede una struttura con tre passaggi ben definiti: conflitto, catarsi e delicata malinconia in chiusura di storia. Ne è protagonista la sedicenne Mifti, tossicodipendente e sessuomane predisposta al suicidio, che vacilla alla ricerca di amore e morte, attraversando la propria vita e quella di amici, nemici e parenti.

Fino all’età di tredici anni Mifti ha vissuto nella parte occidentale della Germania, con sua madre, che viveva grazie al sussidio della previdenza sociale, in un contesto dove chi non è milionario è disoccupato o alcolizzato. Ogni volta che picchiava a sangue la figlia, le diceva che in realtà avrebbe voluto per lei il meglio della vita, per potersi poi suicidare con serenità. La madre infine si ucciderà, ma solo dopo aver ribadito tutto il proprio odio per la figlia, il suo principale nemico: “Ormai non sei più una bambina, ma un’immagine del diavolo. Sei uno schifo che possiamo cancellare soltanto con il silenzio”.

Trasferitasi a Berlino, Mifti vive con Annina e Edmond, suoi fratellastri, in un grande appartamento dove è più facile trovare amfetamine che cibo. Ovviamente c’è anche un padre sufficientemente egocentrico e convivente con una giovane compagna: “uno di quegli stronzi sinistrorsi e decisionisti con reddito superiore alla media che vivono nella Auguststraße e fanno arte con l’idea che sia eterna”. I figliastri, costantemente affamati e fatti da alcool e droghe, quando non discutono di party e rasature di moda nella comune, se le danno duramente. Mifti, come quasi tutti i giovani rappresentati in questo romanzo, pensa che sarebbe stato meglio non essere mai nata, e per questo motivo il suo, il loro, è un grido vomitato contro gli adulti, prede di un mondo dove regna incontrastato l’egoismo. Per i loro figli quegli adulti hanno inventato internet, droghe annichilenti, film porno con animali, ma anche il sogno di poter diventare una top model, e infine li hanno lasciati soli in balia di una depressione da benessere. Abbandonati al loro destino, i giovani di questo romanzo si ritrovano tutt’al più ad avere a che fare con qualche penoso psicologo.

Quando Mifti diventa cosciente che lo squallore della sua vita è pari ormai a quello che ha visto dominare la vita della madre prima del suicidio, decide di comprarsi una piccola salamandra neotenica messicana, un axolotl, che chiama Roadkill (il termine axolotl è presente nel titolo tedesco e forse sarebbe stato meglio conservarlo anche in quello italiano). Chiamata a farle compagnia, come si trattasse di un Teddy Bear esotico, da quel momento Mifti se la porterà in giro per Berlino dentro una busta di plastica piena d’acqua, metafora della sua disperata condizione di teen ager che non vuole crescere (l’axolotl compie l’intero ciclo della sua vita nello stadio di larva).

C’è bellezza nel modo in cui la Hegemann racconta la lealtà con cui Mifti e gli altri giovani distruggono se stessi. C’è talento nella resa dei dialoghi, nel modo di fantasticare intorno ad un mondo parallelo a quello normale, un mondo dominato da allucinazioni e sadismo. Una lingua, quella della giovane scrittrice, che passa facilmente da un registro alto al duro intercalare della vita di strada.

Per dovere di cronaca vanno ricordate le accuse di plagio (da diversi testi) cui è stata sottoposta in Germania la Hegemann (si è anche scritto che si tratta di un prodotto confezionato da abili editors). Per questo motivo l’edizione italiana è stata accuratamente corredata di un’appendice di fonti. Si potrebbe elencare una lunga casistica di opere di grandi autori non meno “citazionisti”, ma non è questo il luogo per discuterne. Ciò che conta da ultimo è la letteratura che se ne produce, e nel caso della Hegemann questa è senz’altro di spessore.  

Helene Hegemann, Roadkill, trad. di Isabella Amico Di Meane, Einaudi 2010, p. 209, € 17,50