Il caso Narducci e la linea (sempre meno netta) tra politica e giustizia
14 Ottobre 2011
Per definizione dovrebbe essere netta e inconfondibile. Si tratta della linea che divide la politica dalla giustizia. Lati opposti di una stessa medaglia, due sfere distinte e autonome l’una impermeabile all’altra. Eppure, troppo spesso in Italia così non è. E capita di frequente che la linea che divide queste due sfere diventi confusa e difficile da individuare, con tutto ciò che una situazione del genere può comportare.
Accade, ad esempio, quando un pm in aspettativa accetta un incarico politico nella città in cui ha operato come magistrato. E’ il caso dell’attuale assessore alla Sicurezza al Comune di Napoli Giuseppe Narducci, entrato a far parte della giunta partenopea nonostante in quello stesso territorio avesse svolto fino a poco tempo prima l’attività giudiziaria.
L’Anm, che già aveva espresso la propria contrarietà definendo per bocca del presidente Luca Palamara "inopportuna e comunque in violazione dell’articolo 8 del codice deontologico" la scelta di Narducci, ha deciso alla fine di avviare un provvedimento disciplinare nei confronti dell’ex pm, che dovrà presentarsi davanti al Collegio dei Probiviri il prossimo 22 novembre. Dura la reazione dell’interessato: «E’ inaccettabile lo zelo, a tratti ossessione che il presidente Palamara mi dedica solo per essere diventato un assessore comunale», ha commentato Narducci, che ha rispedito subito le accuse al mittente lanciando la sua stoccata: «I probiviri dell’Anm oggi si occupano anche di Miller ma dov’erano, nel 2007, quando pochi giorni dopo la perquisizione a Bisignani predisposta da me, lo stesso Miller fece un’ispezione sul mio lavoro? Oggi Miller dice che si astiene perché conosce i magistrati, nel mio caso non si è astenuto, anzi ha condotto fino in fondo quell’attività ispettiva che ha portato alla mia rimozione, all’avocazione di indagini». Insomma, l’aria che si respira internamente alla magistratura è tesa: gli scontri tra Procure sono all’ordine del giorno e casi come questo contribuiscono ad allargare la spaccatura che esiste all’interno di questo corpo.
Al centro di tutto c’è la stessa questione che ormai rappresenta un problema innegabile per l’Italia: la commistione che troppo spesso esiste tra giustizia e politica. Viene da chiedersi se la scelta di passare dalla magistratura alla politica sia semplicemente una questione morale o se qualche limite debba esser imposto dal legislatore. Se l’è domandato anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che durante la sua ultima visita a Napoli ha dichiarato: «Il Csm ha sollevato la questione sull’incompatibilità delle cariche. Il legislatore è in ritardo su queste cose». Come e quando questo ritardo sarà colmato resta una incognita grande almeno quanto quella sul ruolo dei magistrati e sulla loro devozione al proprio status, per molti di loro poco giudiziario e molto televisivo.