Il caso “Pistorius” merita un approfondimento
18 Luglio 2007
di redazione
Mi hanno molto colpito i commenti postati all’Uovo di
giornata dedicato a Oscar Pistorius. Leggendo quella puntata della nostra rubrica
mi ero trovato subito d’accordo con le tesi dell’estensore. Mi ha sorpreso
dunque che la stragrande maggioranza dei commenti difendesse invece d’istinto il diritto
di Pistorius a partecipare alle Olimpiadi. In particolare sono rimasto
interdetto dal commento di Libero Selvaggio quando chiama in causa la “solidarietà
umana”.
Vorrei subito dire che Pistorius ha tutta la mia solidarietà
ma dubito che sappia che farsene. Leggo dal Corriere della Sera: “Pistorius è
un grande in pista, un personaggio fuori. Biondo, bello e simpatico, un sex-symbol
con molte fans. E poi ha alle spalle sponsor che se ne disputano il perfetto
volto e la storia a suon di quattrini”. E di se stesso dice: “Non sono disabile
è solo che non ho due gambe. Non c’è nulla che non possa fare: ho solo avuto bisogno
di gambe differenti”. Ammirazione dunque
più che solidarietà umana: quella semmai la conservo per disabili di casa
nostra che arrancano con vecchie stampelle per le strade molto poco solidali
delle nostre città e le Olimpiadi le guardano in tv.
Ma veniamo proprio alla questione delle Olimpiadi. Anche qui
la solidarietà umana c’entra poco: Pistorius non sta chiedendo una pensione d’invalidità
o l’assegno di “accompagno”, chiede di partecipare ai prossimi giochi olimpici.
Si tratta appunto di giochi e come tali sono definiti da un contesto di regole:
non potervi partecipare ha nulla a che fare con la discriminazione. Pesando io
più di 90 chili e facendo fatica anche a prendere l’autobus di corsa sono certo
che alle Olimpiadi non mi accetterebbero, ma non per questo ne faccio un caso
personale. Scherzo ovviamente, ma la questione resta quella delle regole.
Leggo questa volta dalla Gazzetta dello Sport che intervista
Arsenio Veicsteinas, direttore dell’Istituto di esercizio fisico e salute dell’Università
di Milano: “Se mi si chiede una valutazione funzionale e biomeccanica, devo
dire che la sua situazione motoria e quella dei suoi avversari non è
paragonabile. Le protesi che utilizza permettono un recupero di energia
elastica che assolutamente non è paragonabile a quella del complesso
muscolo-tendineo di un atleta normodotato. Forse potrebbe correre con i
normodotati ma solo dopo una attenta valutazione in un centro funzionale specializzato che
determini esattamente handicap e vantaggi”.
La doppia protesi di Pistorius lo ha messo in conflitto
anche con gli altri atleti disabili. Fu
il caso delle polemiche sollevate da Marlon Shirley (monoamputato), quando
Pistorius vinse nel 2002 i 200 metri
alle Paraolimpiadi di Atene. Roberto La Barbera, amputato ad una sola gamba e
medaglia d’argento paraolimpica ad Atene, spiega: “Per chi ha una sola gamba le
lamine non possono essere troppo reattive perché danneggerebbero la gamba senza
protesi. Pistorius può averne due molto reattive. Inoltre sono troppo lunghe e
questo gli permette di avere una falcata che secondo me è di 3 metri e oltre.
Quella di Asafa Powell è di 2.80. Quindi c’è bisogno di definire bene le regole”.
Regole, controlli, verifiche: questo è il contesto, non la
solidarietà umana, la discriminazione verso i disabili o quant’altro. L’Uovo
aveva posto un dubbio sulla legittimità della partecipazione di Pistorius alle
Olimpiadi proprio in nome delle regole e non di un pregiudizio. E semmai se l’era
presa col facile buonismo del Tg1.
Se invece ci si vuole avventurare in questa complessa e controversa vertenza ,
fatta di perizie, controperizie, ricorsi, probi viri e tribunali, lo si faccia
pure. Mi chiedo se ce ne sia davvero bisogno: a me sembra che Pistorius la sua
gara l’abbia già vinta.