Il caso Severino Antinori, il mercato del corpo e l’indignazione a intermittenza
19 Maggio 2016
Cosa è successo nella clinica di Severino Antinori? Perché mai un ginecologo ricco e famoso dovrebbe correre il rischio di espiantare con la forza gli ovociti a una giovane che lavora nella sua struttura come infermiera?
Diversi operatori della fecondazione assistita hanno espresso tutto il loro stupore per la vicenda: “Sembra assurdo rischiare l’arresto quando si possono avere gameti dall’estero in modo legale”. In effetti alcune contraddizioni sono evidenti: innanzitutto, non è possibile espiantare gameti alla prima che passa, a sorpresa.
E’ noto che per produrre ovociti prima le donne si devono preparare, sottoponendosi per un paio di settimane a trattamenti ormonali, che difficilmente possono essere somministrati a loro insaputa. E anche se prendiamo per buona la poco probabile ipotesi di una cura truffaldina – ormoni somministrati per falsa diagnosi di cisti ovariche, come riportato da alcuni – perché usare addirittura la forza? Se la ragazza ci ha ripensato, perché obbligarla con la violenza?
Secondo le leggi e le regole vigenti, il materiale biologico deve essere, per la sicurezza sanitaria, “tracciabile”. Questo significa che di ogni cellula e tessuto (dunque anche ovociti e sperma) che viene immessa nel corpo umano, è necessario poter sempre risalire all’origine (il donatore) e conoscere tutto il percorso effettuato fino alla destinazione finale (il ricevente).
In tutta Europa le normative impongono che cellule e tessuti di origine umana, a uso clinico, possano viaggiare solamente fra centri autorizzati, e non certo trasportati personalmente. I gameti sono trattati come il sangue: nessuno di noi penserebbe di procurarsi direttamente il sangue per le trasfusioni, portandosi in borsa le sacche necessarie!
Antinori invece fu sorpreso, tempo fa, con un contenitore di ovociti congelati nella propria auto.
Solo un centro autorizzato può importare gameti: deve indicare alle autorità italiane esattamente le quantità, e il centro a cui si è rivolto per procurarseli (che deve avere le necessarie autorizzazioni). Il percorso è completamente trasparente. Come fare allora per trovare ovociti, diciamo così, in “nero”?
Una soluzione c’è: bisogna avere un rapporto diretto con le donatrici, facendole venire dall’estero, ed ecco che si può evitare di tracciare il percorso dei gameti: si aggirano i controlli, e si possono effettuare interventi di fecondazione eterologa in libertà, senza registrarli e senza doverne dare conto alle autorità.
Per pagare le giovani donne possono esserci mille modi, per esempio metterle sotto contratto per una finta assunzione a tempo; il tempo sufficiente a effettuare i trattamenti e poi l’intervento chirurgico per prelevare gli ovociti. Si può fare un contratto nell’amministrazione di una clinica, o anche come infermiera.
Quindi la donna spagnola che ha denunciato il dr. Severino Antinori potrebbe essere una giovane che aveva acconsentito a dare gli ovociti, ma poi ci ha ripensato, all’ultimo momento, e proprio questo può spiegare la violenza subìta.
In un sistema di “donatrici importate” come quello ipotizzato finora, si suppone che gli ovociti siano fecondati “a fresco”, cioè appena prelevati dalle donne, senza essere congelati. (Gli ovociti importati, ovviamente, non possono che essere congelati).
Il trasferimento in utero degli embrioni alle donne che hanno richiesto l’eterologa non si può fare in un giorno qualsiasi a scelta, ma è ben programmato, in base alla situazione clinica e alla preparazione farmacologica a cui le stesse donne si devono sottoporre, necessaria perché l’utero sia pronto a ricevere gli embrioni.
Immaginiamo una scena: un ginecologo ha dato appuntamento a una coppia ansiosa, che ha pagato un congruo anticipo, e deve fare l’intervento quel giorno e non un altro; la ragazza che dovrebbe farsi prelevare gli ovociti invece ci ripensa e si rifiuta di mantenere l’impegno preso. La situazione si fa incandescente, c’è una lite, e alla fine il ricorso a metodi violenti.
Una ricostruzione del tutto ipotetica, la nostra, senza alcuna pretesa di verità. Quello che è accaduto nella clinica di Severino Antinori lo stabilirà la magistratura e non certo noi: ma, aldilà della violenza, queste sono cose che accadono, e la tratta degli ovociti (e in certi casi direttamente delle donatrici) è una realtà transnazionale.
I commenti non sono però così scandalizzati. Cosa sarebbe successo se fosse stato espiantato forzosamente un organo, per esempio un rene?
Sarebbe scoppiato un putiferio: aperta a suon di trombe un’inchiesta per traffico di organi, fin da subito su una pista internazionale, si sarebbero pronunciate agenzie e istituzioni sovranazionali, con l’intervento dei governi. Tutti d’accordo nell’invocare a gran voce, senza se e senza ma, sanzioni pesantissime nei confronti degli odiosi trafficanti.
Ma per gli ovociti, niente di tutto questo: la notorietà del medico coinvolto è stata determinante per la diffusione della notizia più del fatto in sé, e in molti hanno commentato che, in effetti, la donazione degli ovociti scarseggia. Come a dire: se non consentite di pagare le donne che cedono i propri ovociti, poi ecco le conseguenze.
Seguendo lo stesso percorso logico, si dovrebbe quindi consentire la compravendita di organi, almeno di quegli organi la cui donazione è possibile da vivente, come appunto il rene. E applicando lo stesso ragionamento che alcuni giornalisti hanno fatto per gli ovociti bisognerebbe dire: è ovvio che gli organi vanno pagati, perché ce ne sono sempre pochi rispetto a quelli che servono, e per questo poi si arriva ad espiantarli contro il volere del proprietario.
Se non paghi chi li cede, come fai ad averne di più? Tra l’altro, nel caso dei trapianti, si tratta di interventi che salvano vite umane, cosa che non avviene con gli ovociti.
I due pesi e le due misure usati per organi e ovociti hanno una motivazione semplice: mentre il mercato di organi è illegale ovunque, quello dei gameti è legale e fiorente, perché legato all’enorme business della fecondazione assistita.
E’ un mercato del corpo i cui rischi sono ancora molto sottovalutati, e che può produrre nuove forme di violenza nei confronti dei più deboli. Ma l’indignazione, in Italia, funziona a intermittenza: e per le ragazze (la giovane età è un requisito fondamentale) costrette a sottoporsi a trattamenti ormonali e intervento chirurgico per “donare” ovociti a mille euro a botta, nessuno sembra indignarsi davvero.