Il Cav. allarga la squadra e i finiani preparano la “scalata” ai ministeri

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Il Cav. allarga la squadra e i finiani preparano la “scalata” ai ministeri

01 Marzo 2010

I nomi erano già scritti. Mancavano le caselle sulle quali chiudere la partita. E la partita si è chiusa ieri in Consiglio dei ministri da dove sono usciti i quattro nuovi sottosegretari del governo Berlusconi.  La novità non sta nel chi sono, bensì nel dove stanno, cioè nei dicasteri a loro assegnati.  E specialmente in un caso, la lettura ricorrente tra i pidiellini riconduce a una mossa tattica della componente finiana,  proiettata al dopo-regionali.

Tutto ciò nel giorno d’avvio della campagna elettorale con i casi Lazio e Lombardia che agitano il Pdl, il primo per la non ammissione della lista per la provincia di Roma, il secondo per l’esclusione di quella del candidato governatore Roberto Formigoni.

Le new entry al governo. Due posti a Fi, uno ad An e uno al Movimento per l’Italia è la ripartizione in base alle quote tra i soci di maggioranza del Pdl cui si aggiunge la promozione per Daniela Santanchè che nei giorni scorsi ha ufficializzato il suo ingresso nel  partito unico. La Santanchè andrà ad affiancare il ministro Rotondi al dicastero per l’attuazione del programma di governo,  mentre il senatore Guido Viceconte lavorerà insieme al ministro dell’Istruzione Gelmini .

Per la parlamentare Laura Ravetto si aprono le porte dei Rapporti col Parlamento, ministero guidato da Elio Vito; infine il senatore aennino Andrea Augello lavorerà alla Funzione Pubblica insieme al ministro Brunetta.  Ed è proprio su quest’ultima casella che si appunta l’attenzione  (e i commenti in Transatlantico) di molti parlamentari, perché la collocazione di Augello  – uomo vicino ad Alemanno e Fini – viene letta come la prima mossa di una tattica di posizionamento dei finiani che, in futuro, potrebbero puntare a qualcosa di più se Brunetta sarà eletto, come è probabile, sindaco di Venezia.  Nonostante il ministro abbia già ottenuto rassicurazioni sul mantenimento del doppio incarico rispetto al quale peraltro non c’è incompatibilità, negli ambienti della maggioranza da tempo si parla con una certa insistenza dell’interessamento dei finiani  “che nell’immediato ottengono un sottosegretario, poi chissà…”.  Una mossa di prospettiva, insomma, collegata al rimpasto di governo che subito dopo il voto potrebbe aprirsi soprattutto se Zaia sarà il nuovo governatore del Veneto e dunque l’ex ministro dell’Agricoltura.

La Santanchè approda al ministero di Rotondi dopo alcuni “giri” tra il dicastero di Scajola  e quello di Sacconi: in un primo tempo, infatti,  sembrava dover subentrare a Saglia dato in partenza dallo Sviluppo economico al Welfare, poi rimasto saldamente al suo posto a gestire la delega all’Energia, che significa anche il dossier sul nucleare.  Alla fine, l’approdo all’Attuazione del programma è una collocazione naturale per un esponente politico che come la Santanchè, ha un rapporto consolidato coi media. Anche perché, si fa notare, nella visione berlusconiana il ministero per l’attuazione del programma non ha solo il compito di tenere le fila e verificare gli “step” – secondo la matrice a suo tempo messa a punto da Scajola – ma anche quello di comunicare i risultati dell’azione dell’esecutivo, in un ruolo ben distinto rispetto a quello del portavoce di Palazzo Chigi. E in quest’ottica la Santanchè ha dalla sua, un profilo comunicativo piuttosto marcato. 

Guido Viceconte all’Istruzione. Medico, e docente universitario,  nel ’92 è stato eletto nel consiglio di amministrazione dell’Università di Roma “La Sapienza” . La Gelmini lo ha voluto con sé per la lunga esperienza parlamentare maturata tra Palazzo Madama e Montecitorio  che gli consentirà di gestire al meglio i rapporti con le due Camere, anche alla luce delle riforme che il ministro ha già messo in cantiere. L’impegno già dichiarato dal neo-sottosegretario è proseguire lungo la linea tracciata dalla Gelmini affinché nel “mondo della scuola e quello dell’università e della ricerca si affermi il merito”. Laura Ravetto, classe 1971, arriva al governo come sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento di Elio Vito dopo due legislature a Montecitorio. Nel 2006 è infatti eletta per la prima volta alla Camera nelle liste azzurre e, ironia della sorte, il suo capogruppo è Elio Vito, il ministro col quale ora andrà a collaborare.

Le nomine dei quattro sottosegretari coincidono con un avvio di campagna elettorale non certo dei migliori per il Pdl: prima l’esclusione della lista Pdl per Roma e provincia e poi quella di Roberto Formigoni in Lombardia. Una “doppietta” che ha mandato in fibrillazione il partito riportando in superficie vecchie ruggini tra An e Fi.  Una vicenda, quella laziale, dai contorni ancora poco chiari (il partito ha già presentato ricorso alla Corte di Appello e un esposto-denuncia contro alcuni militanti radicali, oltre alla mobilitazione nelle piazze per rassicurare l’elettorato) e che non è piaciuta per nulla al Cav., specie per le conseguenze che a livello di immagine potrebbe avere sulla coalizione in piena campagna elettorale. Chi ha avuto modo di sentirlo, racconta di un premier sconcertato e preoccupato, al punto che avrebbe chiesto ai suoi di fare presto e bene per risolvere il problema e scongiurare un effetto boomerang. 

Negli ambienti parlamentari si ipotizza l’eventualità di un provvedimento per evitare nuovi casi del genere, ma non è questo l’orientamento di Palazzo Chigi, anche per la prevedibile contrarietà del Colle che ieri non ha raccolto l’appello della Polverini (pur prendendone atto) chiarendo che gli unici ad avere competenza in materia sono i giudici.  Fatto sta che del caso Lazio il premier ha parlato dopo il consiglio dei ministri in un vertice con i ministri Maroni, Ronchi, La Russa e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Intanto, il ministro Rotondi che pure non ha risparmiato critiche agli alleati sulla mancata presentazione della lista, rilancia la strada dell’accordo bipartisan con la sinistra come ipotesi per uscire dal vicolo cieco.

Nel Pdl c’è poca voglia di parlare, se non a bocca semichiusa.  Molti parlamentari puntano l’indice contro "l’improvvisazione” con cui è stata gestita la formazione dei listini alle regionali: “Un tempo per un pasticcio del genere si andava tutti a casa”, commenta un deputato berlusconiano e un collega aennino rincara la dose: “Si resta stupefatti nel vedere tanta leggerezza e superficialità”. Se il partito fa quadrato attorno a un problema “che va risolto prima possibile”, nei ranghi pidiellini non si sottovaluta il rischio che quanto accaduto “possa vanificare la forza del premier la cui immagine trascina milioni di voti”. Soprattutto in una campagna elettorale fortemente politicizzata dai due schieramenti e nella quale il Cav. ci ha messo la faccia.