Il Cav. apre alla ‘grosse koalition’ e non scarta l’idea di un Monti-bis

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Il Cav. apre alla ‘grosse koalition’ e non scarta l’idea di un Monti-bis

01 Marzo 2012

“Ma cosa gli salta in testa adesso?”. Frase a metà tra lo stupore e l’irritazione che agita la destra e quella parte di An che di larghe intese non ne vuole sapere, men che meno di Monti a Palazzo Chigi per un’altra legislatura . A una settimana di distanza, Silvio Berlusconi riprende il filo del ragionamento ipotizzato, tratteggiato per ora col lapis pensando a scenari futuri. Va oltre stavolta, e ci mette sopra un ‘sì’ che fa subito pensare a un’evoluzione. Al punto che i più maligni sospettano vi sia ben più di un’opzione, magari un disegno al quale il Cav. sta già lavorando. L’idea (o il disegno) è quella di un governo Pdl-Pd-Terzo polo che magari potrebbe essere guidato ancora dal Prof. di Varese. In altre parole, la versione politica del governo tecnico di adesso.

Da Bruxelles per il rendez-vous del Ppe, il Cav. fa capire che per lui si può fare, che può essere uno scenario realistico. Quel ‘sì’ ne è la conferma. Come quando spiega che la democrazia “si sostiene e si concretizza nei partiti”. Ci va a nozze Casini, pure lui alla convention popolare che saluta appena il Cav. ma davanti ai microfoni si dimostra in perfetta sintonia. Dice che è proprio questo il suo progetto politico e non l’Opa al Pdl. Il leader Udc immagina che dopo le politiche 2013 prosegua “la stessa coalizione” di oggi con un ingresso e dunque un impegno diretto dei partiti nella compagine di governo. E Monti? Beh, visto che già oggi Casini sottoscrive dalla ‘a’ alla ‘z’ tutto ciò che esce da Palazzo Chigi, come potrebbe non farlo tra un anno se le condizioni porteranno a un eventuale bis?

Il punto è un altro. Perché Berlusconi apre alla grande coalizione, che poi detta in soldoni, si tratterebbe di governare insieme agli eredi di quei ‘comunisti’ che combatte (politicamente da vent’anni). Cosa è cambiato? In due anni è cambiato ‘il mondo’, fanno osservare nell’inner circle berlusconiano: una crisi finanziaria pesantissima che ha messo a dura prova l’Europa e l’Occidente e costretto i governi ad assumere misure draconiane per evitare o tenere ben lontano lo spettro della Grecia. Una condizione per la quale la politica ha messo avanti a tutto l’interesse del paese e non quello di una parte. E Berlusconi ha deciso di fare un passo indietro pur non essendo stato sfiduciato. In un simile contesto, non avrebbe senso e sarebbe paradossale – continua il ragionamento – continuare la ‘guerra fredda’ tra gli schieramenti, quando invece è strategico fare tutti la propria parte lavorando insieme, come sta accadendo adesso col governo Monti.

Già, Monti. Per il Cav. si sa è l’uomo che più e meglio di ogni altro è in grado di portare avanti il programma elettorale del centrodestra e del resto lo ha dimostrato prima con la riforma delle pensioni, poi con quella del mercato del lavoro. La sintonia tra i due su alcuni punti programmatici sostanziali c’è, ma a fare da collante è anche il rapporto istaurato nel ’94, quando proprio il Cav. volle il Prof. di Varese nella stanza dei bottoni di Bruxelles. La sua fiches, potrebbe risultare vincente tra un anno se nel frattempo i partiti avranno testato direttamente (e cioè in questo scorcio di legislatura) la possibilità di governare assieme il tempo necessario per portare l’Italia fuori dalla crisi facendo le riforme che servono al paese. Inciucio? Secondo la Lega sì. Pure tra gli aennini (ma senza virgolettarlo) più oltranzisti che dopo la caduta del Cav. spingevano per il ritorno alle urne e oggi hanno lo stesso maldipancia nel pensare cosa raccontare agli elettori tra due mesi alle amministrative e tra un anno alle politiche.

La preoccupazione maggiore, insomma, è che l’elettorato di centrodestra già deluso, non capisca e nelle urne non confermi il consenso. In quest’ottica l’idea di una ‘grande coalizione’ è proprio ciò che specie tra gli ex colonnelli aennini (non tutti per la verità) si vuole scongiurare. In realtà – si ribatte dai ranghi ex forzisti – temono di perdere il loro peso e di annacquarsi coi centristi. Intanto, c’è da registrare un dato: Bersani si sfila dall’idea. E c’è da capirlo, visto che è alle prese con le divisioni nel partito e il nodo riforma del lavoro-articolo 18. Il terrore tra i democrat è di perdere quote di consenso rispetto a un progetto che lo stesso leader del Pd bolla come “innaturale”.

A ben guardare, la mossa del Cav. potrebbe rientrare nei tatticismi del momento per sondare gli umori in casa Udc-Terzo polo (dopo la sollecitazione di Alfano a Casini dell’altro giorno), considerata la vera forza con cui dare vita al partito unico dei moderati. E in questo senso lo scenario di una grande coalizione può essere il terreno sul quale Casini è disposto a camminare, abbandonando una volta per tutte il gioco dell’asticella. Il vero progetto del Cav. resta questo: un nuovo schieramento dei moderati, trasversale ai due poli. Lo stesso, auspicato e voluto fortemente dai cattolici che stanno in politica (in ogni partito).

Di casa comune dei moderati se ne parla da vent’anni, ma stavolta c’è chi è pronto a scommettere che ‘potrebbe essere quella buona’.