Il Cav. in tribunale per Mediatrade. Bagno di folla e “predellino” all’uscita

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Il Cav. in tribunale per Mediatrade. Bagno di folla e “predellino” all’uscita

28 Marzo 2011

Se ne riparlerà il 4 aprile. Dopo circa due ore si è conclusa l’udienza preliminare sui diritti tv, che si celebra davanti al gup di Milano, Maria Vicidomini e che vede imputato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per i reati di frode fiscale e appropriazione indebita. Le prossime udienze sono fissate per il 2 e il 30 maggio, come chiesto dalla difesa del premier.

Dopo otto anni – precisamente dal 2003, all’epoca del processo Sme – il Cav., indagato insieme ad altre 11 persone tra cui il figlio maggiore Pier Silvio e Fedele Confalonieri, è tornato in tribunale ma non ha reso alcuna dichiarazione. Si è limitato ad ascoltare senza chiedere di intervenire. Berlusconi ha stretto la mano ai pm De Pasquale e Spadaro, più volte attaccati pubblicamente.

L’udienza si è svolta a porte chiuse e i cronisti sono stati tenuti all’esterno del palazzo di Giustizia, dove si sono anche radunati un gruppo di sostenitori del premier, mobilitati a colpi di sms dal coordinatore lombardo del Pdl, il sottosegretario Mario Mantovani, e uno di contestatori, guidati da Pietro Ricca e da alcuni simpatizzanti dell’Italia dei Valori.

Uscendo da un ingresso laterale del tribunale, Berlusconi non si è sottratto al bagno di folla e ha indugiato davanti all’auto a favore di telecamere, alzandosi anche in piedi a salutare sul predellino della vettura. “Tutto bene, ci sarò alle prossime udienze”, ha detto parlando ad un centinaio di simpatizzanti, mentre dall’altro lato della strada erano riuniti in una trentina di oppositori.

“Sono l’uomo più imputato della storia e dell’universo” aveva detto il Cav. poco prima di avviarsi al processo, intervenendo telefonicamente alla trasmissione di Maurizio Belpietro su Canale 5. Berlusconi, durante l’intervento ha sottolineando – ribadendo che quelle contro di lui sono “accuse infondate e ridicole” – che il processo Mediatrade è “il venticinquesimo processo” contro di lui e che anche questo rientra nel tentativo della sinistra di cercare di eliminare il maggior ostacolo alla presa del potere.

Entrando nello specifico della vicenda, il Cav. ha spiegato che “i fatti risalgono alla prima metà degli anni Novanta, si tratta dell’acquisto da parte di Mediaset dei film e dei telefilm prodotti dalla Paramount, che invece che essere fatti direttamente da Mediaset passavano attraverso un imprenditore americano che aveva degli ottimi rapporti con la Paramount e il suo presidente e aveva avuto un’esclusiva delle produzioni Paramount per l’Europa”. E ancora: “Io Frank Agrama l’ho conosciuto due tre volte negli anni Ottanta e poi non l’ho più visto. Anche le indagini hanno dimostrato che tutti gli utili che questo intermediario ha fatto vendendo i suoi diritti sono stati rintracciati in conti intestati a lui. Non c’è stato nessun dollaro che sia passato a me attraverso questo Agrama”.

La scelta di presentarsi in Tribunale questa mattina, rimarca poi, “è conseguente a quella incredibile sentenza della Corte costituzionale che ha deciso che in Italia, soltanto in Italia, un presidente del Consiglio, che si deve occupare dei problemi del Paese, possa essere sottoposto a processo, distogliendo la sua testa, la sua attenzione e il suo tempo dall’incarico e dalla responsabilità pubblica”.

Poi la stoccata ai giudici della Consulta: “In tutti gli altri Paesi civili succede che i processi si sospendono, il presidente del Consiglio svolge il suo incarico, alla fine del suo incarico i processi ritornano fuori e continuano contro di lui. E’ accaduto recentemente ad esempio per il presidente Chirac in Francia”.

Berlusconi ha poi annunciato che si recherà alle udienze “a cui potrò presentarmi, cercando di non sospendere mai i processi. Bisogna continuare – ha proseguito – a tenere sotto una spada di Damocle giudiziaria e mediatica il nemico ideologico e politico che è Silvio Berlusconi, che è l’ostacolo che impedisce alla sinistra di raggiungere il potere. Purtroppo il comunismo in Italia non si è mai arreso e non è mai cambiato – ha proseguito Berlusconi – c’è ancora chi usa il codice penale come uno strumento di lotta ideologica e pensa che la parte politicizzata della magistratura possa usare qualsiasi mezzo per annientare l’avversario che è vittorioso nelle elezioni e forte nel consenso popolare”.