Il Cav. non è ancora tornato sulla scena e già si attiva la macchina del fango
23 Luglio 2012
C’era d’aspettarselo. Silvio Berlusconi ha rimesso un piede nel campo della politica e subito si è riattivata la <macchina del fango> che, negli ultimi mesi, stazionava con il motore al minimo. Ormai è chiaro. I pm d’antan in Italia sono come gli ayatollah in Iran: si sono attribuiti il diritto di decidere non solo chi possa governare ma anche chi sia legittimato a fare politica.
Sostenere che Dell’Utri abbia estorto alcunché a Silvio Berlusconi, su di uno sfondo in cui compaiono rapporti con ambienti mafiosi e creazione di fondi esteri, significa aver aperto un nuovo capitolo giudiziario destinato ad accompagnare il Cavaliere per almeno un altro decennio. Non a caso Berlusconi sembra aver innestato la retromarcia rispetto ai bellicosi progetti di alcune settimane or sono. Eppure l’ex premier avrebbe il diritto di verificare se davvero gli italiani hanno condiviso la congiura che ha portato alla caduta del suo Governo.
Indubbiamente, proprio un anno fa, l’esecutivo del Cav aveva sbagliato la manovra economica. E’ troppo facile incolpare di ciò il solo Giulio Tremonti, il quale era stato costretto ad impostare un’operazione che mediava tra linee tra loro incompatibili (il risanamento e la diminuzione della pressione fiscale). E’ un fatto però che gli osservatori internazionali non avevano creduto in quell’impianto (che tra l’altro spostava l’obiettivo del pareggio di bilancio nella prossima legislatura); ed è altrettanto vero che, nel mese di agosto, il Governo non era stato in grado di apportare adeguate, sufficienti e tempestive correzioni nel segno delle indicazioni contenute nella lettera della Bce del 5 agosto.
Ma il Circo Barnum delle lobby internazionali, dei grandi quotidiani (patrocinatori del <grillismo>) e delle consorterie europee non esitarono ad individuare nella persona di Silvio Berlusconi l’untore del contagio, imponendogli, con una campagna forsennata, di compiere un passo indietro benché disponesse ancora di un’esile maggioranza in Parlamento. Ma quando tutti dicono ad una persona che è lui la causa dei mali del suo Paese è umano che prima o poi la stessa finisca, responsabilmente, per convincersene. Del resto, il Governo Berlusconi e la sua maggioranza non sarebbero stati in grado di reggere la tempesta politica-mediatica-sindacale che si sarebbe scatenata in questi ultimi sei mesi in maniera assolutamente strumentale quando fosse maturata le necessità di adottare quelle misure severe e difficili che Monti ha potuto assumere quasi senza colpo ferire, pur commettendo degli errori importanti (si veda il caso dei c.d. esodati). Ma è inutile piangere sul latte versato o custodire gelosamente – lo fa un ampio settore del Pdl – un perenne sentimento di acredine e di ritorsione nei confronti dell’attuale Governo, quando ormai tutti si sono accorti che, se Monti provasse a camminare sull’acqua, dovrebbe soltanto dar prova di saper nuotare.
Ebbene, oggi, ad un anno di distanza da quella terribile estate del 2011, ci accorgiamo che, nel frattempo, è capitato di tutto ma non è cambiato nulla. Troppi tentativi di aggiustare le cose – da ultimo nel vertice Ue del 28-29 giugno – sono durati lo spazio di un mattino; lo spread sui Bund viaggia a livello dei 500 punti; il pil presenta un segno negativo di oltre 2 punti; il Tesoro annulla l’asta dei titoli di Stato del 14 agosto, i cui tassi sfiorano ormai la soglia della insostenibilità. Per quanto il Governo si ostini a negarlo, nel mese prossimo possiamo aspettarci di tutto, compreso l’intervento del Fondo Salva Stati con annesso commissariamento da parte della Trojka (diciamola tutta la verità !).
Se la memoria non ci fa difetto nei giorni tristi che precedettero e seguirono il G 20 di Cannes (dove Berlusconi andò senza portare seco – e non per sua responsabilità – il decreto che i partner si aspettavano) si parlò della possibilità di un consistente prestito all’Italia da parte del Fmi, che venne rifiutato per non rinunciare alla sovranità nazionale (lo stesso sgangherato argomento usato la settimana scorsa da quanti, alla Camera, hanno votato contro la ratifica del fiscal compact). Viene da chiedersi – anche sulla base dell’esperienza greca – se non sia stato un errore rifiutare quell’opportunità che, un anno fa, avrebbe avuto dei costi – politici ed economici – meno pesanti di quelli che sarebbero necessari oggi.
Ma, detto in confidenza tra di noi, gli investitori internazionali possono avere fiducia in un Paese che non sa ancora con quale legge elettorale voterà l’anno prossimo, che rischia di avere, in Parlamento, un happening di forze politiche, non solo eccentriche, ma ostili anche alla disciplina della Ue e delle Autorità internazionali, che considerano possibile un’alternativa ad una linea di rigore, purchè in cambio sia spogliato, a colpi di illusorie imposte patrimoniali, un manipolo di riccastri ? Il male dell’Europa sta nel suo modello sociale. E tutti ne siamo protagonisti e partecipi. Così, alla fine, l’unico modo per sopravvivere è quello di stringere un patto tra le forze politiche che sostengono l’attuale Governo, impegnandosi a governare insieme, se gli elettori lo confermeranno, fino alla conclusione dell’emergenza. Se mai conclusione vi sarà. Noi ne dubitiamo. La Vecchia Europa sta uscendo di scena.