Il Cav. pensa al rimpasto ma senza fretta. Bossi vuole Enel e Agricoltura

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il Cav. pensa al rimpasto ma senza fretta. Bossi vuole Enel e Agricoltura

02 Marzo 2011

Avanti, con prudenza. Tra appetiti dei singoli e strategia d’insieme, nello scenario del rimpasto di governo si incrociano molte pedine, caselle libere ma che potrebbero non essere sufficienti per tutti, variabili ancora da decifrare. Quello che appare certo è che i tempi si allungano. Rispetto agli annunci del Cav. che facevano presupporre una decisione imminente seppure calibrata in due tranches, il ‘pacchetto nomine’ sembra destinato a slittare almeno alla prossima settimana.

Perché? A ben guardare, la partita è delicata e il Cav. non vuole rischiare che la questione passi all’esterno cioè di fronte all’opinione pubblica come una sorta di ‘mercato delle vacche’ e sul piano tattico ha tutto l’interesse a separare il più possibile e nel tempo la fase della fiducia al governo da quella dell’ingresso a Palazzo Chigi delle new entry. L’obiettivo è ‘fidelizzare’ al massimo la quota di parlamentari che oggi stanno con la maggioranza e continuare a testarli sul campo, cioè in Parlamento. Ma è altrettanto vero che l’incognita da valutare è quanto i ‘papabili’ saranno disposti ad aspettare.  

La dead-line è fissata ad aprile, quando superata la finestra temporale per le elezioni (20 marzo-10 aprile) si avrà la garanzia tecnica dell’impossibilità di calendarizzare un eventuale voto anticipato entro l’estate. Un margine di manovra, dunque, abbastanza ampio che, secondo molti osservatori, il premier potrebbe decidere di tenere ancora tutto aperto specialmente per verificare da un lato l’autenticità del sostegno assicurato (e finora dimostrato) dalla pattuglia che a Montecitorio ha deciso di schierarsi con la maggioranza, dall’altro il suo livello di tenuta in particolare sui dossier delle riforme (istituzionali e costituzionali) alle quali l’esecutivo sta lavorando e che nei prossimi mesi arriveranno al vaglio dei due rami del Parlamento. Una mossa tattica, insomma, per tenere tutti sul filo, ancorati al vincolo di schieramento. E tuttavia tirare troppo la corda potrebbe provocare una serie di fibrillazioni con effetti sul voto in Aula e dunque sulla stabilità (e le sorti) dell’esecutivo.  

Ipotesi che a Palazzo Grazioli viene tenuta nella giusta considerazione, anzi sotto controllo. Ma c’è un’altra considerazione da fare: quanti sono i posti disponibili a Palazzo Chigi? Le caselle ministeriali da riempire sono quella dell’ex finiano Ronchi alle politiche comunitarie ed eventualmente quella di Bondi se come lui stesso ha annunciato nella lettera al Giornale, “presto” si dimetterà. A questo si aggiungono quella di viceministro allo Sviluppo economico e una decina di incarichi di sottosegretario.  

La domanda è: bastano per tutti? Se non fosse così, si renderebbe necessaria una norma per estendere il numero massimo di componenti del governo ma questa ipotesi al momento non è nemmeno nell’aria e comunque richiederebbe tempo, almeno un mese. Eppoi, è il ragionamento negli ambienti della maggioranza, il ricorso a una simile eventualità contrasterebbe con la linea che il premier ha tenuto fin dall’inizio e cioè esattamente il contrario dei cento e passa membri dell’esecutivo di prodiana memoria. Difficile, dunque che una legge ad hoc possa tradursi in realtà.

Intanto c’è chi tenta di spingere il piede del Cav. sull’acceleratore. Come nel caso di Saverio Romano, ex Udc oggi Pdi e fondatore con Moffa dei Responsabili che ieri a Montecitorio avrebbe fatto circolare la voce della sua nomina a ministro mettendo in ambasce gli altri ‘papapili’ che attendono una promozione. Secondo i tam tam di Palazzo, Romano resta in pole position per la poltrona dell’Agricoltura che Galan dovrebbe lasciare per trasferirsi su quella o delle Politiche comunitarie o dei Beni culturali se davvero Bondi a breve deciderà di lasciare per tornare, come ha dichiarato, a fare il senatore. Ma anche qui le cose non sembrano poi così chiare. 

Non è un mistero che Bossi guardi alla casella un tempo occupata dal leghista Zaia (ora governatore del Veneto) e che tra lui e Galan non sia mai corso buon sangue. Per questo il Carroccio punterebbe a riottenere la guida dell’Agricoltura e in questo caso il nome più accreditato sarebbe quello di Federico Bricolo, presidente dei sentori leghisti, anche se i vertici di via Bellerio gradirebbero puntare su un piemontese proprio per non alimentare tensioni interne sulla successione al gruppo di Palazzo Madama. 

Ma è altrettanto vero che Berlusconi sarebbe orientato ad assegnare comunque il ministero a Saverio Romano anche perché nel 2013 nella competizione per le politiche rappresenterebbe un punto di riferimento importante in termini di consenso elettorale e dunque di voti al Sud e in Sicilia, dal momento che lo stesso Cav. ha ormai da tempo e definitivamente abbandonato  qualsiasi prospettiva futura di intesa con Casini. Su questo fronte, Romano e gli ex Udc rappresenterebbero la chiave giusta per contrastare direttamente sul campo il leader centrista-terzopolista.  

Ma le attenzioni della Lega sono concentrate anche sulla grande partita che tra poche settimane si aprirà per il rinnovo dei vertici delle principali aziende di Stato (Eni, Enel, Finmeccanica e Poste) e in particolare punterebbe alla presidenza di Enel, forte anche dell’asse con Tremonti. Nella ridda di ipotesi, non è passato inosservato il faccia a faccia di ieri tra Romano e il ministro padano Calderoli e non è escluso che il confronto tra i due abbia riguardato anche la questione del dicastero dell’Agricoltura. Secondo alcuni esponenti del centrodestra, la Lega potrebbe essere disponibile a dare il via libera sull’esponente dei Responsabili, solo se Galan si trasferisse al Collegio Romano dove, tra l’altro, è dato in pole position anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti (anche se per ora siamo a livello di rumors che rimbalzano tra i divanetti del Transatlatico).

 La road map del rimpasto alla quale il Cav. sta lavorando prevede due fasi: la prima con la nomina di due ministri e tre vice; la seconda con quelle dei sottosegretari, nove in tutto di cui tre spetterebbero alla Lega e sei al Pdl. Tra le new entry continuano a girare i nome di Anna Maria Bernini che potrebbe essere promossa a viceministro allo Sviluppo economico mentre Massimo Calearo (ex Pd, ora tra i Responsabili) sarebbe in predicato per un posto di vice al commercio con l’estero. Quanto ai nuovi sottosegretari, Nello Musumeci (La Destra) potrebbe essere nominato alla guida della Protezione Civile ma ad attendere un posto al sole sarebbe anche Aurelio Misiti che ha lasciato il partito di Lombardo (Mpa) e votato la fiducia al governo.

Al di là del tormentone sul toto-nomine resta il dato dell’allargamento della squadra di governo che Berlusconi ha ripetutamente annunciato nel breve spazio di poche settimane. Resta da capire quale sarà il punto di incontro tra la sua strategia d’insieme, i singoli appetiti e le legittime aspirazioni di chi ha deciso di schierarsi col centrodestra. Ma come sempre accade, sarà lui a dire l’ultima parola.