Il Cav. punta su Milano, Fini e Casini rompono sul testamento biologico

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Il Cav. punta su Milano, Fini e Casini rompono sul testamento biologico

20 Aprile 2011

Berlusconi punta sulle amministrative. La madre di tutte le battaglie è Milano al quale il Cav. ha assegnato una valenza politica di rilievo nazionale. Ma la corsa a Palazzo Marino sarà la cartina di Tornasole anche per Gianfranco Fini alla prova del voto con Fli e a quella dell’alleanza con Casini. Intanto tra i due si consuma la prima ‘rottura’ sul testamento biologico.

Nel vertice a Palazzo Grazioli, il Cav. fa il punto sulle amministrative con lo stato maggiore del partito e delinea la seconda tranche del rimpasto di governo che sottoporrà al Colle, probabilmente la prossima settimana. Un modo per ritessere la tela dei contatti dopo le fibrillazioni dei giorni scorsi sul dossier giustizia. Un percorso concordato anche con i Responsabili che proprio ieri hanno presentato il loro programma, prima in conferenza stampa, poi nel faccia a faccia tra il capogruppo Sardelli e il premier. Per ora l’orientamento sarebbe quello di assegnare alcune delle poltrone di sottosegretario rimaste vacanti solo ai Responsabili come segno di riconoscimento per il sostegno al governo, rinviando la fase tre del rimpasto (nel vertice si è ipotizzata anche la questione dell’allargamento dell’esecutivo, valutando l’idea di un disegno di legge vista la contrarietà del Quirinale alla via del decreto legge) a dopo il voto amministrativo anche per lasciare ‘spazi’ ai malpancisti di Futuro e Libertà.

L’attenzione è rivolta all’area moderata dei finiani – Ronchi e Urso – in rotta di collisione con l’ala dura, quella dei Bocchino, dei Granata e dei Briguglio. Sono due i passaggi che meritano di essere monitorati da qui ai prossimi mesi e segnalano distanze sempre più evidenti nel partito del presidente della Camera, nato tre mesi fa a Milano. Il primo: la nascita di FareItalia, laboratorio politico voluto da Ronchi e Urso, aperto a Pdl e Udc con l’obiettivo di riunire la grande area del centrodestra dopo la rottura di Fini e Casini col Cav. L’intento di fondo è aprire un nuovo terreno di dialogo verso ciò che i fondatori immaginano e auspicano come prospettiva: il Ppe italiano.

Tra i soci fondatori dell’associazione di sono Malgieri, Versace e Moles del Pdl; Adornato, Libè e Galletti dell’Udc; Baldassarri di Futuro e Libertà; gli ex finiani Saia e Menardi oggi nel gruppo di Coesione nazionale. E ancora: gli uomini di Miccichè per Forza del Sud Centaro e Fleres e la Poli Bortone di Io Sud; infine Linda Lanzillotta di Api nel ruolo di osservatrice. E’ presto per fare scenari, ma è chiaro che i moderati di Fli, molto critici sulla ‘piega anitberlusconiana’ che ha preso il partito di Fini e sulla ‘gestione Bocchino’ non vogliono seguire la rotta a testa bassa, bensì mantenere un terreno di dialogo pur nella diversità delle scelte, con la casa madre del centrodestra. Quella dove Urso e Ronchi hanno tutta l’intenzione di restare.

Al ‘lancio’ di FareItalia c’erano anche Matteoli e Gasparri presenti per ‘l’antica amicizia’ con gli ex colleghi di partito e al tempo stesso interessati a trovare convergenze su temi concreti. Perché – è il concetto di fondo – è possibile ricucire rapporti che sembravano saltati definitivamente attorno a idee condivise. E le idee comuni sono quelle del bipolarismo e del forte ancoraggio ai valori e alla radici del centrodestra. Il percorso è  – dice Urso – “un incontro tra le diverse correnti del centrodestra che portano tutte nel grande fiume del popolarismo europeo”. Rompere gli steccati tirati su in nome dell’antiberlusconismo e lavorare perché “non arrivi il diluvio, per il quale qualcuno fa la danza della pioggia”.

Chiaro il riferimento ai pasdaran di Fli: Italo Bocchino e Benedetto della Vedova non si sono persi l’appuntamento di Urso e Ronchi, anche per mostrare che in fondo FareItalia per dirla con Bocchino è un’associazione “fiancheggiatrice di Fli” e per questo è giusto esserci. Un modo per stemperare il clima tra i finiani e tuttavia i gesti simbolici non bastano più, perché dentro il partito si scontrano due visioni antitetiche, difficili da conciliare. Lo certificano le parole tranchant che Granata usa per commentare l’iniziativa di Urso e Ronchi sottolineando che i finiani non hanno “alcuna nostalgia nè del Pdl, nè di questo bipolarismo fallimentare,  tanto meno di Silvio Berlusconi. Per questo alcune operazioni che registriamo rendono ancora più forte il progetto di Fli e di chi lo porta avanti con lealtà”. Punto e accapo.

Resta il fatto che l’operazione politica di Urso e Ronchi è destinata a segnare l’avvio di una nuova fase che può essere letta anche nell’ottica futura del dopo-Berlusconi, quando sarà. Intanto l’obiettivo di medio termine è ricostruire e salvaguardare la grande area moderata del centrodestra per evitare che da qui alle politiche del 2013 si possa presentare al voto in ordine sparso. “Sarebbe un delitto” commenta netto Gennaro Malgieri.

Un messaggio chiaro rivolto a Fini. E non è un caso che attorno a questa idea si siano ritrovati uomini come lo stesso Malgieri che insieme a Tatarella, Gasparri, Urso, hanno fondato An credendo fortemente al progetto del partito unico del centrodestra. Gli stessi che credono anche oggi in un bipolarismo dialogante, non muscolare, e per questo hanno deciso di ristabilire un contatto senza tuttavia abiurare nulla delle scelte più recenti, bensì con l’intento di capitalizzare le esperienze comuni degli ultimi quindici anni lavorando alla ricomposizione del centrodestra.   

Il secondo passaggio che vale la pena monitorare è tutto calibrato sulla sfida per Milano. Berlusconi ci ha messo la faccia, assegnando alla corsa per Palazzo Marino un significato politico di rilievo nazionale. Una mossa tattica anche per costringere il centrosinistra a inseguirlo di nuovo sul terreno dove il Cav. sa dare il meglio di sé: le competizioni elettorali. Senza ovviamente trascurare la sfida per Napoli. Due gli appuntamenti già fissati: il 7 maggio nel capoluogo lombardo per sostenere la Moratti e la chiusura della campagna elettorale in quello campano con Lettieri.

Ma non c’è dubbio che la madre di tutte le battaglie resta Milano che sarà la cartina di Tornasole anche per Gianfranco Fini, il futuro dei futuristi e di conseguenza, la tenuta dell’alleanza con Casini. Anche Fli punta tutto su Milano ma a sentire le ragioni di alcuni dirigenti, il motivo vero è perché lì Berlusconi ci ha messo la faccia. Dunque la sfida sarà, ancora una volta, tutta in chiave antiberlusconiana. Lo fa capire Granata quando non esclude convergenze con la sinistra, ma lo indica seppure indirettamente e con una certa prudenza (per non destabilizzare l’elettorato) lo stesso Bocchino quando nel talk show di Paragone è costretto a correggere il collega pasdaran dicendo che “il partito sono io”, anche se un istante dopo non esclude, in caso di ballottaggio, la libertà di voto al proprio elettorato. Il che significa lasciare una porta aperta a una possibile convergenza sul candidato della sinistra Pisapia.

Tra i finiani puri e duri è diffusa la consapevolezza che strappare il ballottaggio sarebbe un risultato strategico per misurare la forza di Fli a livello territoriale e tuttavia se poi la sfida diretta sarà tra la Moratti e Pisapia, allora meglio ‘boicottare’ il candidato berlusconiano. Ma non tutti tra i futuristi la pensano così, anzi temono che la via verso un’alleanza con la sinistra sia ormai la direzione presa da Fini. Del resto, segnali in questo senso ci sono: dall’intervista della Bongiorno al Corsera nella quale in sostanza l’avvocato-parlamentare di Fini dice che le categorie delle appartenenze sono ormai superate e che non è un’eresia sondare possibili convergenze col Pd su alcuni temi; ai blog della Napoli e di Granata sul sito de Il Fatto Quotidiano, passando dagli anatemi di Briguglio contro il Cav.  Il punto vero è che al di là delle congetture il test milanese sarà determinante per la vita di un partito appena nato e nel quale convivono – a fatica – due partiti.

Ma c’è un altro elemento che segnala tempesta nel campo del terzo polo. Le prime crepe tra Fini e Casini si sono palesate ieri a Montecitorio sul testamento biologico. Il disegno terzo polista era rinviare a dopo le elezioni il dossier sulla biopolitica, sostanzialmente  per non incrociare il tema con la campagna elettorale ma soprattutto per tentare di mediare tra le posizioni centriste e quelle dei vertici futuristi, Della Vedova in testa, molto distanti sui temi etici. Di fronte al no netto di Pdl e Lega la calendarizzazione del ddl non subirà slittamenti.

In prima battuta l’Udc insieme a Fli e Pd aveva sostenuto che un tema tanto delicato non poteva essere affrontato a ridosso del voto amministrativo. Fini ne aveva convenuto, stabilendo il rinvio della discussione parlamentare. Ma la ferma opposizione di Pdl e Lega che hanno preannunciato la richiesta all’Aula di cambiare l’ordine del giorno, ha indotto Casini a fare marcia indietro. Nel frattempo Fli annuncia voto contrario. Risultato finale: il cerino è rimasto in mano al presidente della Camera e tra i due leader del Terzo polo la luna di miele è finita.