Il Cav. resiste, Fini prepara la sfiducia con Casini e Bersani e tenta Bossi

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Il Cav. resiste, Fini prepara la sfiducia con Casini e Bersani e tenta Bossi

12 Novembre 2010

Il Cav. non molla, il Pdl rilancia: o questo premier e questo governo o il voto, Bossi tratta con Fini la crisi pilotata ma dice no all’Udc, Fini archivia Berlusconi e il Berlusconi-bis. Punto e accapo. Anzi, al voto. Fotografia della crisi, coi finiani che lunedì ritireranno la delegazione da Palazzo Chigi e Bocchino che ad Annozero annuncia: se il premier resta abbarbicato alla poltrona, allora lo sfiduceremo in Parlamento.

Quando? Dopo il varo della legge di stabilità che Fli voterà solo alla fine mentre non parteciperà al voto di fiducia che il governo metterà sul pacchetto Finanziaria. Ma c’è di più: è talmente palese la volontà di sbarazzarsi del Cav. che il presidente della Camera propone al Senatur l’alternativa buttando sul piatto della mediazione l’ipotesi Tremonti nel tentativo di invogliare il Carroccio a far parte del ‘piano’.

Bossi rimanda alla decisione finale del premier anche se in ambienti leghisti circolano due scuole di pensiero: c’è chi non disdegnerebbe l’idea di un esecutivo guidato dal Professore di Sondrio per completare la legislatura e con essa tutti i decreti sul federalismo e chi propende per un’accelerazione verso le urne per capitalizzare al massimo la radicalizzazione dello scontro tra Berlusconi e Fini.  Da Seul Berlusconi in contatto con lo stato maggiore del Pdl, ribadisce la sua indisponibilità a fare passi indietro e rilancia: se Fini vuole mi sfiduci in Aula, alla luce del sole e davanti agli italiani. L’unica alternativa a questo governo sono le elezioni, niente manovre di Palazzo. Giro di riunioni a Montecitorio: Fini coi dirigenti di Fli, Bossi con i colonnelli del Carroccio, il Pdl con ministri, vertici di Camera e Senato, coordinatori.

La linea del Cav. viene messa nero su bianco in una nota del partito in cui si ritiene “inaccettabile che la legislatura possa proseguire con un differente premier e un differente governo”. Bocciata dunque l’ipotesi di un Berlusconi-bis che per i dirigenti pidiellini a questo punto altro non sarebbe che un’operazione al buio dal momento che per i futuristi l’unica cosa che conta è la fine (politica) di Berlusconi. Idea che avrebbero legato anche ad un eventuale accordo di legislatura proiettato al dopo-2013 in chiave elettorale. ovviamente col Cav. fuori dai giochi.

Lo dice chiaro Bocchino dalla tribuna di Santoro: “Prima le dimissioni del premier, poi si vedrà”. In sostanza, il ragionamento suona più o meno così: prima la ridefinizione del programma, poi la composizione del nuovo governo e le nuove alleanze (Udc ma anche chi ci sta), quindi il nome del premier. Una posizione che nelle file della maggioranza viene considerata “irricevibile e insensata” perché non solo calpesta la scelta che gli elettori hanno fatto nelle urne due anni fa, ma anche perché  collocare il nome di chi guiderà l’esecutivo all’ultimo posto nella tabella di marcia “rivela il vero disegno dei finiani che non a nulla a che fare con la politica”.

Non solo: tra i pidiellini si fa strada la convinzione che dietro l’aut aut dei finiani si nasconda in realtà l’opzione di un governo di transizione – benedetto da Casini e Bersani – che Napolitano potrebbe a sua volta “benedire” se anche al Senato si verificasse che la maggioranza non c’è più. Di qui i nomi che ieri già cominciavano a circolare: Monti, Tremonti, Draghi, Montezemolo. E nella fanta-politica di queste ore concitate nel ventilatore dei rumors di Palazzi sono finiti pure quelli di Gianni Letta e Angelino Alfano.

Da parte sua, il capo dello Stato chiarisce di non voler finire stritolato nella mischia rivendicando il suo “ruolo di rappresentante dell’unità nazionale e custode dei valori della Costituzione”. Fantapolitica, appunto. L’unico dato certo, ad oggi, sono le elezioni anticipate. Il timing è scattato.