Il Cav. ritira la norma salva-imprese, il Pdl cerca una exit strategy sul caso Papa

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Il Cav. ritira la norma salva-imprese, il Pdl cerca una exit strategy sul caso Papa

05 Luglio 2011

Opposizione sugli scudi, qualche imbarazzo nel Pdl, gelo leghista. Ventiquattrore dopo, Berlusconi annulla tutto e dalla manovra sparisce quella che Bersani&C. ribattezzano “norma salva-Fininvest”, cioè il Lodo Mondadori. Una mossa per chiudere le polemiche all’esterno e dentro la coalizione alla vigilia di un altro dossier che agita il dibattito politico e oggi è a Montecitorio, in Giunta per le autorizzazioni a procedere: la richiesta di arresto per il parlamentare Pdl Alfonso Papa coinvolto nell’inchiesta P4.

Il capitolo ‘incriminato’ nel testo della manovra che ieri è arrivata sul tavolo di Napolitano e che lo stesso presidente della Repubblica non ha voluto commentare rinviando al “momento in cui conoscerete le nostre determinazione”, è l’articolo 37 che renderebbe obbligatoria (finora facoltativa) la sospensione dell’esecutività provvisoria delle sentenze di primo grado in caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro  (10 in primo grado) previo pagamento di una “idonea cauzione”. In altre parole, per i contenziosi di dovrà attendere il pronunciamento della Cassazione. E siccome il 9 luglio c’è in ballo la sentenza della Corte di Appello di Milano sul Lodo Mondadori (in primo grado il verdetto ha stabilito il risarcimento di 750 milioni alla Cir di De Benedetti) si è fatto uno più uno e nelle file dell’opposizione è ripartita la grancassa delle norme – stavolta – “ad aziendam”. Bersani, Casini, Di Pietro e Fini che ha parlato di norma “totalmente inopportuna”, tutti dalla stessa parte.

Ma pure nella maggioranza non sono mancati imbarazzi e perplessità. E in questo senso, molti in Transatlantico fanno notare con un certo ‘sospetto’ l’annullamento della conferenza stampa sulla manovra economica che stamani Tremonti aveva convocato a via XX Settembre insieme a Sacconi e Brunetta. Ufficialmente, a causa del maltempo che ha impedito il rientro su Roma del Prof. Di Sondrio, ma i rumors parlano di una mossa per evitare che l’incontro con la stampa finissse per essere monopolizzato dalla polemica (furente) del giorno. E nel Pdl non mancano parlamentari amareggiati per il modus operandi, cioè una norma inserita a sorpresa nel testo della manovra.

Perché si è arrivati a questo, prestando il fianco agli attacchi dell’opposizione ed esporsi a nuove frizioni col Colle, quando sarebbe bastato seguire la via della trasparenza? E’ la domanda ricorrente nei capannelli pidiellini a Montecitorio. Oltretutto, è il ragionamento, la Lega non ha nascosto la sua irritazione per un’iniziativa della quale Bossi, Maroni e Calderoli dicono di non aver saputo nulla e di aver scoperto solo ieri, anche se nel Pdl questa versione non viene ritenuta credibile dal momento che – si dice – il premier non avrebbe mai dato il placet senza prima ricevere l’ok dall’alleato. Fatto sta che anche oggi Calderoli lascia intendere il malumore del Carroccio quando dichiara di non voler commentare un testo che non ha letto e del quale non sapeva nulla. E come sempre accade in questi casi, si è subito aperta la caccia all’autore della norma inserita nottetempo.

A metà pomeriggio la nota di Palazzo Chigi chiude la vicenda, ma non le polemiche. Berlusconi annuncia che la norma in sé  è “giusta e doverosa” ma per “sgomberare il campo da ogni polemica” decide di ritirarla. “ Nella manovra è stata approvata una norma per evitare attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria il pagamento di enormi somme a seguito di sentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo. Si tratta di una norma non solo giusta ma doverosa specie in un momento di crisi dove una sentenza sbagliata può creare gravissimi problemi alle imprese e ai cittadini”, spiega il premier che stigmatizza la “nuova crociata delle opposizioni” portata avanti “pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una società del mio gruppo. Si è prospettato infatti che tale norma avrebbe trovato applicazione nella vertenza Cir-Fininvest dando così per scontato che la Corte di Appello di Milano effettivamente condannerà la Fininvest al pagamento di una somma addirittura superiore al valore di borsa delle quote di Mondadori possedute dalla Fininvest. Conoscendo la vicenda ritengo di poter escludere che ciò possa accadere e anzi sono certo che la Corte d’Appello di Milano non potrà che annullare una sentenza di primo grado assolutamente infondata e profondamente ingiusta. Il contrario costituirebbe un’assurda e incredibile negazione di principi giuridici fondamentali”.

Quindi, chiosa il Cav. “per sgombrare il campo da ogni polemica ho dato disposizione che questa norma giusta e doverosa sia ritirata. Spero non accada che i lavoratori di qualche impresa, in crisi perché colpita da una sentenza provvisoria esecutiva, si debbano ricordare di questa vergognosa montatura”. Già, questo è il punto. Il principio di una norma piegato alle strumentalizzazioni politiche.  Una norma che consente di tutelare le parti, come osserva il ministro Sacconi, e il fatto di volerla immediatamente “riportarla ad un caso specifico denuncia l’attitudine persistente alla persecuzione anche con modalità incredibili”.

Della serie: ogni provvedimento va valutato in sé; in questo caso l’obiettivo è tutelare tutte le parti di un processo civile ed evitare che ne derivino conseguenze irreversibili in caso di condanna in primo grado. In altre parole risulterebbe “paradossale che in conseguenza della soccombenza in un grado di giudizio si dovesse pagare, fallire in conseguenza e poi e avere la soddisfazione teorica, ma con tutto il danno pratico prodotto, vincendo nell’ultimo grado di giudizio”. Sulla stessa lunghezza d’onda il ragionamento di Gaetano Quagliariello nella replica alle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Michele Vietti, il quale in mattinata (prima della decisione di Palazzo Chigi) aveva sentenziato che l’articolo 37 della manovra viola il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”.

Il rischio, per Vietti, è quello di “stravolgere il sistema giudiziario”. Il vicepresidente dei senatori Pdl rileva un errore di metodo e di merito perché Vietti “ si spinge addirittura ad anticipare di fatto una valutazione di costituzionalità su una norma attualmente all’esame del capo dello Stato”. Nel merito “ si tratta di rendere concretamente operativo nella pratica della giurisdizione, al di là dell’alea della discrezionalità, un principio di precauzione volto ad impedire, nel caso di contenziosi civili di notevole entità e comunque in presenza di una cauzione, che eventuali verdetti definitivi favorevoli alla parte soccombente nei primi gradi di giudizio possano intervenire quando l’esecuzione provvisoria delle sentenze di risarcimento abbia già prodotto danni irreparabili”.

A fine giornata il Quirinale prende atto della decisione del governo, ma secondo quanto trapela, avrebbe chiesto alcuni chiarimenti su altri punti della manovra dopo aver concluso la valutazione sulla coerenza giuridica del provvedimento nel suo complesso. Segno evidente che prima di giovedì quando il testo approderà nell’Aula del Senato per il voto (il governo ha annunciato che porrà la fiducia) sul pacchetto Tremonti i nodi ancora aperti dovranno essere sciolti.

L’altro fronte che il Cav. deve gestire in queste ore è il “caso Alfonso Papa”. Domani la giunta per le autorizzazioni di Montecitorio si riunisce per esaminare la richiesta di autorizzazione all’arresto formalizzata dalla procura di Napoli nei confronti del deputato Pdl coinvolto nell’inchiesta P4. E il nodo è come gestire il gruppo alla Camera una volta che il dossier arriverà al voto dell’Aula; gruppo  nel quale chi apertamente come Santo Versace (“voterò sì all’arresto) chi sottovoce, non sembra disposto a respingere la richiesta dei pm. Soprattutto dopo le parole di Alfano sul “partito di onesti” nel giorno della sua investitura a segretario politico del Pdl. Ma il punto sul quale si ragiona ai piani alti di via dell’Umiltà è: come ‘mollare’ Papa senza passare per giustizialisti e mantenere ben saldo il principio del garantismo? Potrebbero essere due le opzioni in campo: lasciare libertà di voto in Giunta e chiedere il voto segreto in Aula. Anche perché al di là di tutto, la Lega ha già detto che voterà a favore dell’arresto così come faranno Pd, Idv e Terzo Polo, mentre i Responsabili hanno fatto intendere che non alzeranno barricate attorno a Papa.

Dunque, l’altro rebus per la maggioranza è come arrivare in Aula senza rischiare di dividersi dentro il partito e rispetto al Carroccio e agli altri alleati. Interrogativi ai quali arriverà una risposta dalla riunione notturna del gruppo Pdl a Montecitorio con Alfano e come chiesto da  Cicchitto, probabilmente anche il premier. Per evitare il rischio che nessuno nel centrodestra vuole correre, c’è chi auspica un passo indietro da parte del deputato Pdl che tuttavia, fino a ieri ribadiva la sua determinazione a chiarire tutto davanti alla Giunta.

 Certo, il Pdl rivendica la posizione da sempre garantista anche perché – è il ragionamento – “negli atti non c’è nessuna prova dal punto di vista processuale a suo carico, non si ravvede il fatto penale”. E però, nella vicenda P4 c’è anche chi nel centrodestra rileva elementi di moralità sui quali è difficile passare sopra.

Il punto vero è salvaguardare un principio sacrosanto e a livello istituzionale non pregiudicare più di quanto già non lo sia, l’equilibrio tra politica e giustizia. Perché se è vero che essere garantisti non vuol dire essere innocentisti a priori, è altrettanto vero che nessuno può trincerarsi dietro la persecuzione giudiziaria del premier per nascondere malefatte. Copyright Pdl.