Il Cav. sfida le vestali della giustizia con un nuovo Predellino

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Il Cav. sfida le vestali della giustizia con un nuovo Predellino

28 Marzo 2011

C’è già chi parla di Predellino 2. Non nel senso di un nuovo partito da fondare come avvenne nel 2007 ma per la svolta del Cav. che ha deciso per rompere l’assedio dei soliti pm e il tentativo di farlo fuori per via giudiziaria, da diciassette lunghi anni. Se si guarda la questione dal punto di vista strategico e sul piano dei contenuti, c’è più di un indizio che porta a ritenere che il Berlusconi dato ormai alla frutta dai suoi detrattori (sinistri e terzo polisti) in realtà sia non solo vivo e vegeto ma pronto a ribaltare, ancora una volta, il tavolo. Anche sul delicato dossier giustizia.

Il fatto di affrontare, faccia a faccia i pm di Milano come Berlusconi ha fatto ieri e ha confermato che farà tra una settimana, segnala un cambio di passo nella strategia di fondo per rispondere all’offensiva giudiziaria che il 6 aprile culminerà con la prima udienza del Rubygate. Una mossa per spezzare il circolo vizioso delle strumentalizzazioni politiche, quelle del ‘vuole sottrarsi al giudizio dei pm’, del vuole ‘scappare dal processo’, quelle del ‘se non va ha qualcosa da nascondere’.

Se ne sono sentite di tutti i colori in queste settimane ad alta tensione, fuori e dentro il Parlamento, ma adesso chi ha battuto il tasto su questo, dovrà individuare un’altra ‘arma appuntita’ con la quale dare battaglia. Berlusconi non si sottrarrà ai processi che lo riguardano, li affronterà non rinunciando come lui stesso ha annunciato a dichiarazioni spontanee e a rimarcare fino in fondo la sua verità. Dunque, un premier combattivo che sa che questa forse è la battaglia finale coi pm di Milano che da diciassette anni lo inseguono provando a far tintinnare le manette. Accanto a questo, il Cav. è intenzionato a parlare alla gente, come ha fatto ieri all’uscita del Tribunale, e prima nella telefonata con Belpietro a Mattino Cinque spiegando i tanti perché di quella che considera una “persecuzione giudiziaria”.

Ma la chiave di tutto è e resta la riforma costituzionale della giustizia che coi processi del Cav. c’entra come il cavolo a merenda (visto che andrà a regime solo a fine legislatura e probabilmente dovrà superare le scoglio del referendum confermativo) e che può rappresentare la ri-partenza di un governo eletto e scelto dai cittadini per fare le riforme e modernizzare il paese. Separazione delle carriere, responsabilità civile del magistrato, equilibrio tra accusa e difesa sono alcune delle coordinate di un provvedimento per molto tempo annunciato e rimasto del cassetto, sollecitato dall’Europa (come la norma sul processo breve ora all’esame della Camera) e auspicato dagli investitori stranieri che finora hanno preferito mettere i loro soldi altrove per evitare di restare impantanati nelle paludi del sistema giudiziario italiano.

E che ci sia bisogno di rimettere mano al pachiderma-giustizia non lo dice Berlusconi perché è ossessionato da quei signori con la toga, bensì lo raccontano le cronache quotidiane che registrano le prese di posizione, le urla e le controaccuse di chi, nella casta dei pm e in quella dei politici, si oppone al cambiamento per conservare lo status quo e di chi conferma un dato ormai assodato: la politicizzazione militante di una parte della magistratura.  

E’ di ieri la denuncia dei quattro membri laici del Pdl che siedono nel Csm sulla convocazione per oggi della sesta commissione di Palazzo dei Marescialli “in via straordinaria e urgente” in vista “di una discussione delle proposte all’esame del Parlamento in tema di responsabilità civile dei magistrati”, scrivono Marini, Palumbo, Zanon e Romano nella lettera inviata al vicepresidente del Csm, Vietti. Un modus operandi considerato “estraneo alle corrette logiche istituzionali, nonché palesemente finalizzata ad incidere, con un giudizio prevedibilmente demolitorio, sugli esiti di un dibattito parlamentare, appena iniziato, su un emendamento a un disegno di legge presentato nella sede istituzionalmente a ciò preposta”.

E tutto ciò a fronte di un parere non richiesto dal Guardasigilli, come invece la prassi prevede. Vietti risponde e dice che non c’è nulla di strano o anomalo se il Csm discute di norme che riguardano la magistratura ancorché al vaglio di Camera e Senato. Non stupisce tanto la ‘difesa d’ufficio’ del vicepresidente del Csm, quanto piuttosto l’ingerenza dell’organismo di autogoverno delle toghe nelle prerogative del Parlamento e ciò conferma il livello di scontro tra giustizia e politica. Che diventa evidente, ad esempio sulla questione della responsabilità civile dei magistrati.

Il leghista Pini ha presentato un emendamento in Comunitaria di cui è relatore a proposito della norma che estende la responsabilità civile delle toghe ad ogni “manifesta violazione del diritto”. Una misura che ha scatenato un vespaio di polemiche e che il Pdl cerca di rendere un po’ più soft per arrivare, il più possibile a un testo condiviso con l’opposizione. Lo strumento sono cinque emendamenti presentati dai due tecnici della giustizia, Francesco Paolo Sisto e Manlio Contento. Da un lato le modifiche riducono la portata della norma, dall’altro ne confermano l’impianto. Il succo, in base alle proposte pidielline, è che i magistrati non saranno chiamati a rispondere dell’errata interpretazione della legge, bensì della “valutazione dei fatti e delle prove”.  

Non è finita qui, perché ieri a rinfocolare le polemiche ci si è messo pure il presidente della Corte Costituzionale De Siervo il quale ha puntato il dito non solo sulle leggi prodotte dal Parlamento ma pure sulla loro qualità.  “Nel 2010 ci sono stati più decreti legislativi che leggi, e le leggi sono state per due terzi leggi di ratifica degli accordi internazionali o di conversione di decreti legge: il vero problema è che il parlamento non fa più le leggi” sostiene De Siervo nel corso di un seminario sulla giurisprudenza costituzionale convinto del fatto che ci troviamo di fronte a un  “panorama a dir poco preoccupante e di degrado della situazione normativa” in cui “la legge del parlamento diventa una marginalità”. Infine per il presidente della Consulta alla questione del ricorso ai decreti legislativi si aggiunge il problema della “pessima qualità normativa, dato che i decreti legislativi non sono meglio delle leggi del parlamento”.  

Se il Pd col senatore Zanda ne approfitta per amplificare strumentalmente le parole di De Siervo arrivando a proporre un dibattito parlamentare a tema, dal centrodestra arriva il doppio stop di Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, il primo nei confronti dell’atteggiamento del presidente della Consulta al quale “risponderemo nel merito delle sue affermazioni nei modi e nei tempi debiti”, anche se osserva che “sarebbe stato meglio se ci avesse pensato due volte prima di trascinare la Consulta nell’agone della polemica politica”. Il secondo è all’indirizzo del Pd: “Quel che non si può nemmeno prendere in considerazione, per noi è che un dibattito parlamentare possa innescarsi su sollecitazione di un altro organo costituzionale. A maggior ragione se questo è un organo che fra le sue prerogative ha quella di controllare l’attività legislativa delle Camere”.

Nel taccuino della giornata politica c’è un altro dossier delicatissimo: il processo breve con la norma sulla prescrizione più corta per gli incensurati. Ieri l’avvio del dibattito a Montecitorio sul testo nella versione riformulata dal relatore Maurizio Paniz (Pdl), che tra l’altro non contiene più la norma transitoria sulla quale le opposizioni (di sinistra e di terzo polo) si erano sgolate a dire che si trattava di una norma ad personam.

Il Pd alza le barricate e il dibattito si preannuncia infuocato anche se probabilmente slitterà alla prossima settimana, visto che in questa appena iniziata è previsto il varo della comunitaria e in Aula potrebbe approdare anche la questione del conflitto di attribuzione sul caso Ruby (la giunta per il regolamento si riunisce oggi).  

Polemiche a parte, da ieri il nuovo Predellino del Cav. potrebbe essere la chiave di volta per arrivare a una giustizia più efficiente e a un riequilibrio dei poteri dello Stato che risolva, una volta per tutte, l’anomalia italiana. E questo servirà a tutti i cittadini.