Il Cav. si prepara alla tempesta “perfetta” con Fini e chiama il Pdl
28 Luglio 2010
C’è una strana quiete nei palazzi della politica. E, visto il momento, non può che preludere alla tempesta. La tempesta "perfetta" tra Fini e Berlusconi. Ieri a Montecitorio il clima era questo: calma apparente, come in attesa di qualcosa che potrebbe accadere da un momento all’altro.
Il Cav. ormai non sembra più disposto a concedere strada verso un possibile chiarimento con l’ex leader di An e i suoi, specialmente dopo il caso Granata-Mantovano e le dichiarazioni del presidente della Camera secondo il quale gli indagati devono mollare gli incarichi politici. Il che significa Cosentino, ma anche Verdini. E da ieri alle teste da far rotolare i finiani, secondo il "verbo" del pasdaran Granata, hanno aggiunto anche quella del sottosegretario alla Giustizia Caliendo entrato ufficialmente nell’inchiesta della procura di Roma sulla cosiddetta P3.
L’intento del Cav., spiegano alcuni deputati berlusconiani, sarebbe quello di accelerare i tempi, subito dopo l’ok alla manovra sulla quale il governo ha già posto la fiducia e a prescindere dal ddl intercettazioni che, oltretutto, al premier non va giù per come e quanto è stato modificato.
Tuttavia, qualche tentativo di recuperare ciò che ormai ai più nel partito appare irrecuperabile, c’è ancora e sta nell’ultima mediazione sperimentata dalle "colombe" pidielline, prima della rottura. Che potrebbe arrivare, stando alle previsioni di molti parlamentari di chiara fede berlusconiana, giovedì o venerdì quando a Palazzo Grazioli dovrebbe tenersi l’ufficio di presidenza del partito. Per il momento non c’è alcuna ufficializzazione del vertice ma negli ambienti di via dell’Umiltà si dà per molto probabile.
Intanto il presidente della Camera ha rinviato a giovedì, giorno della calendarizzazione in Aula del dossier intercettazioni, la decisione sui tempi di discussione. Particolare non irrilevante dal quale discende la possibilità di chiudere il capitolo la prossima settimana, oppure rinviare il tutto a settembre. Una mossa che nei ranghi della maggioranza viene letta come tattica per prendere tempo e capire la strategia del partito.
Dal canto loro, i fedelissimi del presidente della Camera si mostrano sicuri del fatto che Berlusconi non potrà mettere alla porta del Pdl Fini perché "non esiste un modo per farlo" essendo il co-fondatore cioè il partner di maggioranza del partito.
Ma il punto è che Berlusconi sembra sempre più convinto che non esistano margini di ricomposizione e guarda con sospetto al vessillo della legalità che l’ex leader di An ha issato sulla tolda di comando della sua corrente, già pronta a trasformarsi in partito, visto che alle strutture territoriali ora si aggiunge la convention di Generazione Italia fissata per i primi di novembre a Perugia.
L’uno più uno che deve avere fatto il Cav. è presto detto: lunedì Fini chiedeva che gli indagati si dimettessero, da ieri il sottosegretario Giacomo Caliendo è ufficialmente indagato. A lui il premier manifesta ”la piu’ ampia solidarieta”’, rinnovandogli ”piena fiducia” e invitandolo ”a continuare a lavorare con l’impegno fin qui profuso” nel governo.
Non solo: ma evidenzia l’ennesimo risultato del governo contro una delle più pericolose cosche della ‘ndrangheta, nell’operazione "Pettirosso", quasi a ribadire che la legalità non è bandiera esclusiva del presidente della Camera ma sta in quei "fatti concreti" che anche il sottosegretario all’Interno Mantovano ha richiamato come atto tangibile nella lotta alla criminalità organizzata e, sul piano politico, come migliore risposta alle strumentalizzazioni di questi giorni.
Nel Pdl c’è chi non esclude che il redde rationem coi finiani potrebbe arrivare quando la mozione di sfiducia al sottosegretario presentata dall’Idv verrà discussa in Parlamento: l’occasione giusta per mettere i "dissenzienti" di fronte alla responsabilità politica di un eventuale voto favorevole alle dimissioni, insieme al centrosinistra.
Ma l’attenzione di molti esponenti del centrodestra per ora si concentra sul fine settimana e sulla possibilità della convocazione dell’ufficio di presidenza. Se alcuni ipotizzano che proprio in quella sede i sospetti della strumentalizzazione dei finiani sulla legalità potrebbero trovare conferme dirette, altri prevedono il voto su un documento politico che metta in mora i finiani.
E che si respiri un clima da quiete dopo la tempesta, lo dice anche il fatto che il Cav. ha annullato la riunione serale con il gruppo dei deputati alla Camera e che più o meno nello stesso momento, i lealisti di An si sono riuniti per fare il punto della situazione.
L’unica cosa che in questo clima quasi surreale di attesa, pretattica, strategia, viene data per certa, è la nomina del successore di Scajola allo Sviluppo economico, giovedì in Consiglio dei ministri: Paolo Romani, attuale viceministro. Secondo i rumors di palazzo, il premier potrebbe procedere a una redistribuzione delle deleghe affiancando a Romani un vice: si parla di una donna e tra i nomi che circolano con una certa insistenza c’è quello della parlamentare Anna Maria Bernini.
Intanto, sul fronte della polemica innestata da Granata all’indirizzo di Mantovano, c’è da registrare la telefonata del presidente della Camera al sottosegretario all’Interno: quest’ultimo lo aveva sollecitato a prendere una posizione chiara di fronte alle accuse mosse dal suo pretoriano, nonché vicepresidente della commissione parlamentare antimafia.
A Mantovano Fini ha confermato la sua "immutata stima e considerazione". Un gesto significativo sul piano umano ma anche un modo per togliersi dall’imbarazzo (politico-istituzionale) nel quale il j’accuse di Granata lo aveva cacciato. Ora, resta da capire se l’ultima mossa del "ghe pensi mi" del Cav. sarà proprio quella dello scacco matto a Fini.