Il Cav. suona la campanella per Monti, Alfano quella per il fisco

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Il Cav. suona la campanella per Monti, Alfano quella per il fisco

03 Maggio 2012

La prima volta in sei mesi. Berlusconi ricompare sulla scena politica per dire che il Pdl non approverà a scatola chiusa tutti i provvedimenti di Palazzo Chigi. Il che vuol dire che potrebbe anche non votarli. Aggiunge due elementi: questo governo è ‘provvisorio’ e con Bossi non c’è rottura vera, piuttosto un dissenso sul sostegno ai Prof. e in qualche caso ‘ragioni fondate le aveva’.

C’è di più: a Monza per l’unico comizio elettorale che si è concesso, il Cav. confida di essere stato tentato dall’idea di un appoggio esterno all’esecutivo. Ipotesi rilanciata qualche ora dopo, a titolo personale, dalla pasionaria Santanchè a Piazza Pulita (La7). Che succede?

Succede che a tre giorni dalle amministrative il Pdl ha bisogno di ricompattare l’elettorato di centrodestra, nella ‘innaturale’ situazione politica in cui si trova: senza l’alleato di sempre – la Lega – e in maggioranza con un governo che dall’Imu un giù ha usato la leva fiscale come una clava. Ma succede anche che, dopo il voto di domenica e lunedì, si tireranno le somme (politiche e numeriche) del dato elettorale e probabilmente, si apriranno scenari già calibrati sul 2013. La sensazione, almeno per il momento, è che l’asse del Nord (centrodestra) e la foto di Vasto (centrosinistra)  non siano definitivamente tramontati. Le parole di Berlusconi vanno in questa direzione e sono speculari a quelle di Bersani che guardando al voto tra un anno immagina un progetto politico con un centrosinistra di governo, magari con qualche aggiustamento per non bissare gli errori del passato. Tutto ciò nonostante il ‘verbo’casiniano che rilancia lo schema della grande coalizione.

Quello che emerge dopo una settimana di tensione tra Pdl e Palazzo Chigi è che il ‘chiarimento’ tra Monti e Alfano sappia più di bon ton istituzionale che di sostanza. Perché sul fisco le distanze restano tali e quali: il segretario del Pdl tiene il punto sulla compensazione debiti-crediti tra cittadino e Stato e oggi presenterà il ddl rivendicando il principio per il quale il rapporto tra cittadino e Stato deve essere leale ed equo. Il premier per parte sua, ribadisce il no ben consapevole che un’operazione del genere determinerebbe un’uscita dalle casse centrali di alcune decine di miliardi.

Il dossier aperto dal Pdl su tasse (Imu in testa) e pagamento dei crediti agli imprenditori da parte della pubblica amministrazione, è il cavallo di battaglia sul quale a Via dell’Umiltà si garantisce un’azione costruttiva ma serrata, determinata e senza sconti. Posizione in linea con le dichiarazioni del Cav. da Monza che avverte: “Sosterremo questo governo fino a quando sarà necessario ma non potremo continuare a farlo se prenderà provvedimenti che non siano conformi con il bene del Paese. In tal caso, ci prenderemo la responsabilità di intervenire criticamente nei confronti di ciascun provvedimento”. Il che non vuol dire che nel partito si pensa a staccare la spina (lo ha ribadito chiaramente Alfano al Corsera confermando che si voterà nel 2013 e che le richieste del suo partito non metteranno a rischio la stabilità del governo), seppure la componente più oltranzista è tornata in pressing; piuttosto è il segnale nuovo di un’iniziativa politica che il Pdl intende perseguire mettendo in conto fin d’ora la possibilità che in caso di provvedimenti governativi non condivisi, in parlamento ci potrebbero essere voti contrari. Se a questo si aggiunge lo sfogo del Cav. che ad alcuni sostenitori avrebbe rivelato di essere tentato dall’idea di un appoggio esterno all’esecutivo dei Prof.; la riflessione sul rapporto con la Lega che non è definitivamente rotto e la costatazione che sul dissenso al governo qualche ragione fondata Bossi ce l’aveva, si comprende come il quadro politico sia in costante movimento.

Verso dove? Difficile dirlo, almeno per il momento. Nessuno dei partiti della maggioranza ha intenzione di andare al voto in autunno e tuttavia il tasso di insofferenza per le misure draconiane dei tecnici di Palazzo Chigi cresce ed è trasversale (Pd compreso). Ma è altrettanto vero che proprio in questa fase di transizione e nella congiuntura di questa “strana maggioranza” (copyright Monti), la politica ha un’occasione che non può perdere: portare a compimento le riforme che il paese attende da decenni. E’ l’obiettivo che si dà Berlusconi quando dice che sedersi con la sinistra al tavolo delle riforme è “un’opportunità da non far cadere” e che tra l’altro ha portato a un risultato positivo: “l’accordo sul fatto che sia un solo ramo del parlamento ad approvare le leggi e che il presidente del consiglio possa nominare o revocare un ministro”. C’è poi la riforma della legge elettorale: il confronto è rinviato a dopo il voto amministrativo ma la volontà di trovare un’intesa è ancora in piedi.

Ciò, invece, che non sta in piedi è che sia slittata  la presentazione alla Camera del testo, frutto dell’intesa bipartisan tra i partiti di maggioranza, sul finanziamento pubblico ai partiti. Un rinvio, spiegano, dovuto solo a questioni tecniche ancora da verificare. Avrebbe dovuto essere depositato ieri e adesso se tutto va bene se ne riparlerà a fine mese. Non è un bel segnale per le riforme. Non è un bel segnale in tempi di crisi ‘nera’ e di antipolitica.