Il Cav. temporeggia per decidere il destino del Pdl. Da solo

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Il Cav. temporeggia per decidere il destino del Pdl. Da solo

05 Dicembre 2012

Fumata nera. Pure oggi. Forse domani qualcosa accadrà, chissà. Ed è, ormai, un domani infinito. Nessuno lo sa, nessuno tranne Berlusconi perché quello che nell’incertezza dell’oggi e del domani comincia ad apparire abbastanza chiaro è che la tattica del Cav. temporeggiatore nasconde in realtà una strategia ben precisa: tenere il Pdl in mezzo al guado.

Quattro ore di vertice a Palazzo Grazioli non sono servite a sciogliere i nodi sul tavolo: il Cav. non avrebbe chiarito se si candida o no, né detto una parola definitiva sul futuro del partito (lista Fi?) e sulla battaglia per l’election day tutto è rinviato al Consiglio dei ministri (domani) quando si conosceranno le intenzioni del governo. Niente di concreto neppure sulla riforma della legge elettorale rispetto alla quale nel partito sembra sempre più profondo il solco tra la linea berlusconiana pro-Porcellum e quella del gruppo dirigente disponibile fino all’ultimo minuto utile a trovare un’intesa col Pd. Resta, per ora, la determinazione a intestarsi la battaglia sull’election day, anche se dopo il pronunciamento del Tar che dice alla Polverini di indire le regionali nel Lazio il 3 e 4 febbraio, è difficile pensare che vi siano i tempi tecnici utili per accorpare in una sola data Lazio, Molise, Lombardia e politiche,  e farla poi combaciare con l’iter previsto per lo scioglimento delle Camere con la legge di stabilità da approvare entro la fine del mese.

Ma al di là delle tecnicalità c’è un dato che negli stop and go di queste settimane resta fermo: la strategia di Berlusconi. Che vuole sbrigarsi, che minaccia di far cadere il governo senza election day, che punta a far finire prima è meglio è la legislatura e con l’attuale legge elettorale per poi essere il solo nel centrodestra a tenere in mano il pallino. Un pallino mal ridotto – in quanto a consensi – ma pur sempre necessario a farlo restare come unico interlocutore, seppure depotenziato. In altre parole il tema è: ostacolare l’idea che nel centrodestra possa maturare una strategia politica in grado di consolidare lo schieramento e di costruire per davvero quell’area dei moderati, unica in grado di tener testa alla gioiosa macchina da guerra di Bersani e Vendola.

Berlusconi non è indeciso a tutto per dirla con Flaiano, è decisissimo eccome, e forse a tutto. Anche a ipotecare definitivamente il recupero di quella prateria elettorale dove galoppa la maggiorparte del 32 per cento di indecisi. Se questo è, gioverà al Pdl?

Sembra sempre più chiaro che Berlusconi non vuole il Monti-bis, non vuole che maturi un’offerta politica diversa dalla sua, vuole il mantenimento dell’attuale legge elettorale per avere l’ultima parola su liste e candidati, accontentandosi magari di un partito del 10 per cento ma fatto di superfedelissimi e con lui a dettare la linea. Punto. Domanda: può il Pdl condannarsi a stare in mezzo al guado?

Oltretutto in un momento nel quale al centro le cose non stanno andando secondo previsioni, visto che Casini ora più che mai avrebbe bisogno di un dialogo col Pdl avendo un concorrente diretto nello stesso campo, cioè Montezemolo, il quale a sua volta sconta il gap di non avere una leadership forte da proporre, e al tempo stesso deve fare i conti con l’ipotesi – ventilata oggi su alcuni quotidiani – di ‘perdere’ la liason coi cattolici di Todi2 che potrebbero guardare all’asse con Bersani. Se si rilegge oggi la tattica dei centristi, si comprende come l’obiettivo di Casini&C. era far implodere il Pdl e raccattarne i cocci in ordine sparso, non considerando che i voti del Pdl non vanno a Casini proprio perché l’elettorato pidiellino non tollera la politica dei due forni, bensì chiede una proposta politica chiara, netta, e decisamente alternativa alla sinistra.

Casini, Montezemolo e chi altri? In campo non c’è molto altro, se non offerte virtuali tipo la disponibilità di Passera, tutta da misurare. E lo stesso Monti in un’area così frammentata e debole dal punto di vista progettuale potrebbe sempre più disaffezionarsi all’idea di una possibile leadership.

Se Berlusconi non avesse deciso, non si spiegherebbe altrimenti l’attacco ai cattolici del Pdl lanciato dal più berlusconiano dei berlusconiani Sandro Bondi, né il tentativo di giornali schierati di far passare tutto ciò che non collima con la linea del capo come ‘tradimento’ e coloro che provano a proporre qualcosa di diverso come ‘traditori’. Il Cav. non è indeciso a tutto. Ha deciso. Da solo.