Il Cav. toglie a Fini il copyright sulla legalità e si prepara al contrattacco
23 Luglio 2010
Gianfranco Fini e la sua pattuglia di fedelissimi devono archiviare una volta per tutti "il bollettino quotidiano di insulti e provocazioni, altrimenti non si potrà riannodare quel filo del dialogo che ad oggi resta spezzato. E’ la linea tracciata dal Cav. ai suoi nel vertice del Pdl servito a fare il punto non solo sui dossier – manovra e intercettazioni – al voto della Camera nelle ultime due settimane prima dello stop di agosto, ma anche sulla riorganizzazione del partito e, soprattutto, sulla strategia per arginare il "ciclone" finiano.
Dal vertice trapelano indiscrezioni col contagocce e nell’entourage del Cav. si fa sapere che la consegna del silenzio è ferrea. Ciò che esce è un messaggio – probabilmente l’ultima chiamata – al presidente della Camera: particolare che non pare del tutto casuale se è vero come è vero che il premier non ha alcuna intenzione di farsi dettare l’agenda di partito e di governo dai Bocchino o i Granata di turno. E da questo punto di vista, la prima mossa è emblematica, quasi una sfida lanciata su un terreno caro all’inquilino di Montecitorio: la legalità.
Come? Impedendo la logica del nemico interno e passare al contrattacco su un tema rispetto al quale – si fa notare nel Pdl – nessuno può recriminare la titolarità o l’eclusiva, tantomeno il presidente della Camera. Un modo, dunque, per sfilare la questione dalle mani dei finiani che "ormai adottano politiche dipietriste" – spiegano ai piani alti di via dell’Umiltà – e per evitare "il fuoco di fila che hanno scatenato prima nei confronti di Brancher, poi di Cosentino e che adesso vorebbero calibrare su Verdini in una sorta di attacco concentrico del tutto strumentale e finalizzato ad un unico obiettivo: arrivare all’azzeramento dei vertici del partito per poi rinegoziare quote di rappresentanza e incarichi dentro il partito".
Del resto ormai da giorni i pretoriani del presidente della Camera vanno ripetendo che è arrivato il momento del congresso e del coordinatore unico del partito. Lo stesso Fini l’altro giorno ha ribadito il concetto a chiare lettere nel suo tour da capo-corrente (Generazione Italia) in quel di Pescara. Ecco perché serve una reazione, una ripresa dell’iniziativa politica su un tema "che è sempre stato di tutto il Pdl" ma che va coniugato con il concetto di garantismo che da sempre caratterizza la cultura liberale del centrodestra perché "legalità e garantismo sono la faccia della stessa medaglia" osserva Cicchitto qualche ora prima del vertice in via del Plebiscito, riservando una stoccata a chi nella maggioranza sta assumendo posizioni strumentali.
Un monito che da molti viene letto come anticipazione dei dossier sul tavolo del Cav. Non a caso, durante il vertice, il ragionamento si sarebbe concentrato sulle recenti prese di posizione di alcuni finiani. In particolare lo stato maggiore del partito non ha gradito l’intervista di Luca Barbareschi a Reubblica in cui il deputato non ha lesinato critiche al premier, tantomeno le esternazioni di Fabio Granata secondo il quale "ci sono pezzi dello Stato e del governo che non vogliono l’accertamento della verità sulla strage di via D’Amelio".
Lo stesso premier avrebbe stigmatizzato il comportamento di chi, a suo giudizio, ormai è costantemente schierato sulle posizioni dell’opposizione. In sostanza, accusando l’ex leader di An e i suoi fedelissimi di flirtare con gli avversari e con quei giudici politicizzati che hanno come unico obiettivo il governo. La conferma arriva a vertice concluso, quando Cicchitto lasciando Palazzo Grazioli commenta così: "Nel corso della discussione abbiamo rilevato negativamente anche le dichiarazioni di Granata sul problema mafia e sul fatto che lui ha testualmente detto che esisterebbero pezzi di istituzioni e di governo che ostacolano la verità sul biennio delle stragi ’92-’93. Questo è destituito di fondamento e inoltre l’azione antimafia del governo è sotto gli occhi di tutti".
E La Russa rincara la dose definendo quelle dell’ex collega di partito dichiarazioni "sopra le righe". Immediata la replica del pasdaran finiano che conferma il suo pensiero e trova "sorprendente che i vertici del Pdl, anzichè occuparsi della questione morale che attraversa il partito e la politica e la società italiana e delle vicende gravissime che, da Palermo alla Campania,alla Toscana, riguardano nostri esponenti di spicco, si preoccupino di stigmatizzare la mia posizione, peraltro in linea con quei valori di legalità repubblicana una volta cari anche a La Russa e da me sostenuti come imprescindibili".
Quanto alla riorganizzazione del partito, Berlusconi avrebbe ribadito ai suoi l’intenzione di "metterci le mani in agosto" e per questo ha chiesto a tutti "massima disponibilità" per riunioni e contatti telefonici. L’idea del coordinatore unico, per ora, resta sullo sfondo e comunque sarebbe considerata ipotesi da valutare solo dopo il congresso.
L’impressione è che il Cav.- sia determinato a tradurre in fatti il suo "ghe pensi mi", occupandosi da un lato del partito, dall’altro dell’agenda di governo che d’ora in poi vuole calibrare sul grande tema delle riforme.
Il redde rationem con Fini sembra ormai inevitabile, per molti pidiellini "è solo questione di tempo" e nella ridda di congetture c’è chi non esclude che già tra qualche settimana "potrebbero esserci delle iniziative", mentre per altri il capitolo si chiuderà alla ripresa dei lavori parlamentari.
Per ora, la parola d’ordine che il Cav. consegna ai suoi è "serrare i ranghi". Come a dire: prepariamoci allo scontro finale.