Il centrista Obama fa arrabbiare la sinistra
25 Novembre 2008
Vincere a sinistra, governare al centro. Mancano ancora due mesi all’inizio della presidenza Obama e, tuttavia, l’ex senatore dell’Illinois ha già fatto capire che, una volta alla Casa Bianca, attuerà una politica centrista. Le sue dichiarazioni, alcune iniziative, e soprattutto le nomine dei membri della futura squadra di governo non lasciano dubbi al riguardo. I termini della questione sono stati illustrati in modo molto chiaro sul New York Times del 22 novembre. “Il presidente eletto Obama – ha scritto David E. Sanger – ha vinto la nomination democratica con il sostegno entusiasta dell’ala sinistra del suo partito, alimentata dalla sua veemente opposizione alla decisione di invadere l’Iraq e dal suo record di voti liberal al Senato”. Ora però, nota il giornalista del quotidiano, con la nomina (imminente) di Hillary Clinton a nuovo segretario di Stato e di Timothy F. Geithner (avvenuta) a futuro segretario al Tesoro, diventa palese che Obama “sta progettando di governare dal centro-destra del suo partito”. Come prevedibile, a sinistra non l’hanno presa bene.
“Fino adesso i progressisti non hanno ottenuto nulla da Obama”, ha tuonato Matthew Rothschild sul magazine ultraliberal “The Progressive”. Ed ha aggiunto: “Quando si deciderà Obama a nominare qualcuno che rappresenta quella base progressista che lo ha portato alla Casa Bianca?”. La blogosfera è in subbuglio e c’è già chi grida al tradimento. Imperdonabile, per la sinistra del partito Democratico, è la scelta di Obama di nominare Hillary Clinton a capo della diplomazia statunitense. Obama “sta giocando con il fuoco”, ha avvertito la storica rivista leftist The New Republic. Ancora più drastico il giudizio di Salon.com, cliccatissimo dagli internauti progressisti, che attraverso Mike Madden si chiede con ironia: “E questo sarebbe il tipo che i Repubblicani chiamavano marxista?”. “Obama ha bisogno di un movimento di protesta che lo costringa ad attuare riforme coraggiose”, scrive Frances Fox Piven su The Nation, altra testata storica della sinistra democratica. Frustrazione è il sentimento espresso dal blogger Chris Bowers di “Open Left”, che lancia un interrogativo: “Perché non c’è un singolo membro dello staff di Obama che gli possa dare dei suggerimenti di sinistra?”. Gli fa eco il liberal Robert Kuttner, del think thank Demos, che rivolgendosi direttamente al presidente-eletto rileva: “E’ normale che tu abbia nell’amministrazione un po’ di clintoniani, ma quando sono tutti della vecchia guardia e sostieni di voler portare il cambiamento, allora devi fermarti un minuto e riflettere”.
In effetti, se si scorrono i nomi che compongono il team Obama spiccano la loro dimensione centrista e l’affiliazione clintoniana. La squadra per rimettere in piedi l’economia americana è affidata a due convinti sostenitori del libero mercato: Timothy Geithner e Lawrence Summers. Moderato è il futuro ministro di Giustizia, Eric Holder, e alla Difesa, almeno per un anno, dovrebbe restare il repubblicano pragmatico Robert Gates. Anche il nuovo responsabile della Sicurezza Interna, la governatrice dell’Arizona Janet Napolitano, non dispiace a moderati ed indipendenti. Per certi aspetti clamorosa sarebbe la nomina a capo della Cia di John Brennan, già direttore del Centro antiterrorismo sotto l’amministrazione Bush. Centrista è pure il deputato Rahm Emanuel, capo dello staff di Obama, che, fresco di nomina, si è subito recato al Congresso ad incontrare i parlamentari del GOP per individuare soluzioni bipartisan ai mali dell’America.
Particolarmente delusi da Obama sono i gruppi pacifisti, i cui malumori sono stati raccolti da Paul Richter del Los Angeles Times in un articolo della settimana scorsa. Obama, ha costatato con amarezza il direttore di “Peace Action”, Kevin Martin, “sta scegliendo per il suo governo tutta gente dell’establishment democratico che, nel 2002, è stata a favore della guerra in Iraq”. E’ certamente il caso di Hillary Clinton. Ma anche dei senatori John Kerry e Richard Lugar e dell’ex ambasciatore clintoniano Richard Holbrooke, anch’essi indicati in un primo momento come possibili successori di Condoleezza Rice. Anche il vicepresidente Joe Biden, d’altro canto, sei anni fa votò in favore dell’invasione dell’Iraq. Lo staff di Obama risponde alle critiche sottolineando che, in un periodo di profonda crisi economica e con un mondo che si fa sempre più complicato, non c’è tempo per fare esperimenti. La parola d’ordine, dunque, è pragmatismo.
D’altronde, l’atteggiamento di Obama ricorda quello dell’ultimo senatore eletto presidente prima di lui. Anche John F. Kennedy, infatti, si circondò di uomini con idee più conservatrici delle sue: basti pensare a Rusk, segretario di Stato, McNamara, alla Difesa, e Dillon, un repubblicano, al Tesoro. Insomma, nonostante i mal di pancia dei liberal, sembra proprio che Obama, come JFK, seguirà la legge del violino: “Tieni la presa con la sinistra, ma suona la musica con la destra”.