Il centrodestra rivoluzionerà la politica estera

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Il centrodestra rivoluzionerà la politica estera

10 Aprile 2008

di Fiamma Nirenstein

La politica estera, questa misconosciuta. In questa campagna
quasi non se ne è parlato. Eppure, è un tema rivoluzionario, e se vincerà il
centrodestra cambierà subito, perché su di essa i due schieramenti sono lontani
un oceano. Un sussulto tellurico lo si è avvertito ieri a Savona, con una
decisa incursione di Berlusconi in questo campo: «Israele sarà la prima tappa
dei miei viaggi nel mondo da premier – ha detto – per festeggiare il
sessantesimo anniversario dell’unica democrazia del Medio Oriente, la sua
valorosa battaglia di sopravvivenza, il suo spirito morale». Una sola
incursione in politica estera, proprio là dove la sinistra da anni piccona e
destruttura fino alla delegittimazione di Israele. La gente in piazza ha
reagito con entusiasmo alla scelta di affrontare il più controverso fra i temi:
appena si restituisce alla politica estera un valore morale, questa scelta
coinvolge e accende un riflettore sulla nostra stessa identità; appena si
rovescia la stantia, ottusa divisione terzinternazionalista fra buoni anti
capitalisti e cattivi amici degli americani, la gente è pronta a capire che
oggi il mondo si trova di fronte a conflitti totalmente nuovi, in cui i buoni
sono quelli che stanno dalla parte della democrazia, delle società in cui la
donna non è schiava e dove non si torturano i dissidenti. L’esperienza di
questi anni, per chi non è cieco, ha mostrato che nel bruciare le bandiere
americana e israeliana c’è soprattutto una forma di disprezzo inconsulto verso
noi stessi. Quindi, peccato che si sia parlato poco di politica estera:
parlarne significa vincere la paura di difendere la nostra civiltà democratica.

Dal Medio Oriente ho visto per due anni impallidire e avvizzire l’immagine
dell’Italia: il modo esitante con cui ha gestito le missioni internazionali; la
fretta di ritirarsi dall’Irak; la passeggiata con gli hezbollah a cui il
ministro D’Alema può dedicare un’alzata di spalle solo se pretende di ignorare
la storia di questo gruppo terrorista; le accuse a Israele di usare una «forza
sproporzionata»; il vituperio incessante del recinto di sicurezza che ha fatto
calare il terrorismo suicida del 90 per cento; l’illusione di rabbonire
Ahmadinejad che prepara l’atomica; la continua accusa di responsabilità
esclusiva di Israele e mai dei palestinesi; il vantato rapporto con la Siria,
Paese così estremista da essere contestato persino da molti membri della Lega
Araba. Ma l’Europa ha già cambiato strada: l’identità di contrapposizione agli
Stati Uniti basata sull’asse Chirac-Schroeder è stata superata. Sarkozy e
Merkel rappresentano un’Europa che può accordarsi con gli Usa sul controverso
ombrello antimissile senza irritare troppo Putin. L’Iran nucleare e la ripresa
di Al Qaida sono un problema di sicurezza comune a tutti. Anche i Paesi arabi sono
impauriti di fronte alla strategia iraniana, e dodici fra di loro ora stanno
mostrando interesse per il nucleare: un’Europa che dia più sicurezza nella
difesa contro il terrorismo internazionale può creare una frontiera più
protetta ed evitare l’incerto scenario dell’escalation mediorientale.

L’aver
ignorato il significato e il pericolo dell’islamismo aggressivo e aver
preferito dare addosso all’America e a Israele, ha indotto in Italia, in questi
ultimi due anni, un’ottusità morale che ci ha impedito di capire dove sta il
bene e il male. La prossima politica estera italiana, se il Popolo della
libertà vincerà, dovrà riprendere il filo dei diritti umani per collegarlo a
una politica di sicurezza che richiederà uno sforzo militare europeo: sarà una
novità non da poco. Fronteggerà, si può sperare, con fermezza la cultura
dell’odio; boicotterà i leader che se ne fanno portavoce; chiederà conto a
tutti i regimi della sorte dei dissidenti; e speriamo anche che agirà alle
Nazioni Unite come un Paese consapevole che l’Onu è drogato dall’inflazione di
condanne (un terzo di tutte quante) contro Israele mentre per il Darfur si fa
poco o niente. Insomma, un’organizzazione che non difende più la pace e i
diritti umani. Soltanto con questo spirito potremo educare i nostri figli e
scegliere gli amici giusti, che ci sono e ci aspettano. Una autentica
rivoluzione.

© Il Giornale