
Il centrodestra si mobilita per salvare l’università

05 Novembre 2008
“Sull’Università vorrei che vengano fatte cose utili, vorrei ridurre le spese inutili, il baronato, il numero dei corsi, ce ne sono 37 con un solo studente. Vorrei che si spendesse meglio, non ci saranno tagli eccessivi. Vorrei che fosse riconosciuto il merito e che fossero apprezzate le università meglio gestite”. All’indomani delle proteste della piazza quello di Silvio Berlusconi sembrerebbe un wishful thinking sull’università, e invece qualcosa si muove sul fronte politico dopo momenti in cui si è temuta una paralisi. Da una parte il ministro, che si appresterebbe – il condizionale è d’obbligo – a varare subito un decreto sui concorsi e con tempi più ragionevoli un disegno di legge complessivo che si ispiri al principio “niente sprechi, molto merito”, dall’altra i parlamentari del Pdl, che per tramite di una lettera inviata dal presidente vicario dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, al Presidente della Commissione Istruzione, Guido Possa, richiedono un’indagine conoscitiva sullo stato dell’università italiana per accertare la situazione dei conti pubblici e definire una strategia che azzeri gli sprechi, le storture gestionali, i privilegi e le rendite di posizione, garantendo allo stesso tempo un futuro all’Università.
In sostanza i parlamentari chiedono uno screening che consenta di sapere tutto degli Atenei italiani: quanti sono, dove sono, con quanti corsi di laurea (ormai più di 5500) e con quale rapporto tra docenti e studenti. E poi, naturalmente che renda noto, con la trasparenza che in tutti gli altri paesi del mondo è la normalità (basta cercare su Internet per trovare i bilanci delle più grandi università americane) i bilanci di tutti gli Atenei italiani, verificandone l’efficacia gestionale, l’allocazione delle risorse per ogni singolo capitolo di spesa, la sostenibilità delle iniziative intraprese oltre che il loro valore patrimoniale e le reali situazioni debitorie e creditorie di cui soffrono (o godono).
Sul fronte ministeriale poi, nonostante tutto, alla fine il decreto si farà. E i contenuti dovrebbero arrivare oggi in Consiglio dei Ministri. Un decreto subito e un disegno di legge più in là che dovrebbero contribuire, in un periodo ragionevole, a cambiare il volto dell’Università italiana. I contenuti del decreto dovrebbero seguire la linea del rigore richiesta da più parti fuori e dentro il governo. E c’è chi dice che entro questa settimana, o al massimo la prossima, il ministro possa metter mano alle regole di reclutamento concorsuale della docenza, dando seguito a chi le chiedeva di riconoscere l’idoneità singola nei concorsi indetti e il sorteggio delle commissioni giudicatrici.
Sull’università il Pdl non frena, dunque, ma non chiude al dialogo e parla di linee guida da discutere con studenti, professori e mondo accademico, che garantiscano il diritto di tutti allo studio riducendo gli sprechi. Su questa linea la Gelmini ha incassato il sostegno dei suoi proprio ieri, nel corso di un vertice di maggioranza tenutosi a Palazzo Grazioli, ma il suo compito non sarà certo facile, e la costringerà a combattere una battaglia tutta politica e interna al governo, nel tentativo di trovare un compromesso accettabile tra conti dello Stato in ordine e tagli. Proprio in merito a questi ultimi, infatti, la Gelmini chiederà a Tremonti – con l’appoggio dei premier – una riduzione ragionevole del loro ammontare – tanto da garantire un futuro sostenibile alle università – non tanto per il prossimo anno quanto tra il 2010 e il 2011. Ma c’è già chi sostiene che il braccio di ferro sarà duro ed estenuante.
Ma qualcos’altro si muove sul fronte ministeriale anche nei riguardi dei giovani ricercatori, gli stessi che proprio oggi hanno deciso di scendere nuovamente in piazza al fianco dei sindacati il 19 novembre. Da quanto di apprende, infatti, la Gelmini sarebbe intenzionata a sbloccare in breve tempo le assunzioni per oltre 2000 di loro, attingendo dal fondo ordinario per i ricercatori e modificando le regole del turn over, e ad aumentare le borse di ricerca già a partire dal prossimo anno. Per ora solo intenzioni. Ma se il wishful thinking diventasse realtà allora si potrebbe pensare che anche in Italia qualcosa inizia cambiare.