Il ciclone Ledeen ci spiega Machiavelli e non solo

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Il ciclone Ledeen ci spiega Machiavelli e non solo

05 Maggio 2008

Il disinteresse degli americani per Nicolò Machiavelli? Un disastro. La ricetta per risollevare una società in crisi? La dittatura temporanea di un Principe virtuoso. Le missioni di pace? Non esistono, perché i soldati sono addestrati per attaccare gli avversari e colpire gli obiettivi, non per portare pizze a domicilio. Berlusconi? Ha capito che chi vince entra nella storia, chi perde va a casa. Ma ora in Italia il governo è atteso alla prova dei fatti.

E’ un Michael Ledeen provocatore e senza peli sulla lingua, quello che oggi ha tenuto banco insieme a Fiamma Nirenstein e Stefano Folli al dibattito sul suo libro “Machiavelli on modern leadership”, organizzato dalla Fondazione Magna Carta. Un autentico ciclone: basti pensare che le discussioni nate a seguito della pubblicazione del volume non si sono ancora placate, e già l’esponente dell’American Enterprise Institute – il più importante think tank statunitense – ha fatto sapere d’averne scritto un altro, che ci riguarda molto da vicino, perché parla di Napoli e dei suoi problemi.

Machiavelli, comunque, è il punto di partenza. “Non si può essere una persona colta senza aver letto i suoi scritti – dice Ledeen spiegando la genesi del suo libro -. Quando ho scoperto che in America non si legge più Machiavelli, ho pensato che fosse un disastro perché si tratta di una figura più attuale che mai. Dunque ho deciso di farlo conoscere agli studenti americani”. A cominciare da quella che potrebbe essere definita etica della vittoria: “In ogni momento Machiavelli ci insegna come vincere; la politica è fatta di vincenti e di perdenti. Se vinci tutti diranno che i tuoi metodi erano appropriati, dunque non importano i metodi, ma importa l’esito”. Chi ha mostrato d’aver ben compreso questa dinamica, secondo Ledeen è proprio Silvio Berlusconi. “Lui l’ha capito – spiega il Freedom Scholar dell’Aei -, dal momento che ha concentrato tutti i suoi sforzi per raggiungere la vittoria. Sa che in politica se vinci sei un genio, se perdi sei inutile”.

La seconda parola chiave per comprendere il pensiero di Machiavelli, spiega Ledeen, è “cambiamento”: l’essenza stessa dell’universo, al punto che “un leader che non comprende questo dato è destinato a fallire, poiché non comprende che è lui stesso a dover cambiare”. Infine, la “fortuna”: se la sorte è avversa, difficilmente gli sforzi possono servire. E viceversa, grazie alla fortuna anche uomini non meritevoli hanno conseguito traguardi altrimenti insperabili.

Ma è sulla declinazione attuale degli enunciati teorici che Michael Ledeen ha dismesso definitivamente i panni della diplomazia verbale per indossare quelli del polemista di razza. A cominciare dal rapporto tra pace e guerra, che il pensatore americano ha preso alla lontana, prendendo spunto dall’adorazione di Machiavelli per Mosè, “che aveva capito la necessità di agire in modo violento quando serve”. Di qui la “pericolosità” della pace intesa come “condizione normale per l’umanità”, poiché “chiunque studia la storia dei popoli sa che non è vero”. E l’illusione in questo senso “è molto pericolosa”.

Farlo comprendere all’Europa per Ledeen è un po’ meno agevole: “Non sorprende nessuno – dice – che quando l’Europa invia i suoi soldati li manda in missione di pace. Ma i soldati non portano pizza a domicilio, sono addestrati per attaccare i nemici e colpire gli obiettivi. Machiavelli questo lo capiva, noi no”.

E ancora: “Machiavelli si ammalerebbe se vedesse quello che stiamo facendo con l’Iran. L’Iran è in guerra da trent’anni con il mondo occidentale. Quando leggo i titoli dei giornali che dicono ‘gli americani preparano la guerra’, mi viene da ridere! Il titolo, semmai, dovrebbe essere: ‘finalmente il mondo occidentale si è deciso a rispondere’. Non so se questo avverrà mai, ma qualora avvenisse la notizia corretta sarebbe questa”.

L’Italia, infine. Della capacità di Silvio Berlusconi di comprendere il passaggio cruciale della sfida e della vittoria abbiamo già detto. Ma anche sul futuro del nostro Paese e sul nostro premier in pectore Ledeen non si sbilancia più di tanto: “E’ molto a bravo a vincere le elezioni; quanto al governo, vedremo, perché l’Italia è un Paese in crisi, vive un momento di profondo degrado, e non so se ci saranno cambiamenti rispetto a quanto c’è stato in passato. Ma io spero sempre di sbagliarmi: anche quando ho votato Bush, per due volte, non mi aspettavo nulla di buono di lui. Poi di cose buone ne ha fatte, magari non moltissime, ma ne ha fatte. Quindi…”.