Il ciglio severo del Signor bolkestein rischia di mettere in ginocchio una categoria
15 Giugno 2011
di V. S.
Lo stralcio dal decreto Sviluppo delle norme relative al diritto di superficie sulle spiagge? No, non basta. Non è una garanzia sufficiente, non è quello che si aspetta la categoria. E non si capisce cosa abbia da esultare il Pd in proposito e qualche associazione di categoria regionale al seguito.
A dirlo, senza mezzi termini, è il presidente del consorzio Ciba, che riunisce le imprese balneari dell’Adriatico, Riccardo Ciferni. “Fino ad oggi abbiamo pazientato – sono le sue parole – ma ci siamo resi conto che un atteggiamento troppo responsabile può essere scambiato per debolezza. Da sempre sosteniamo l’esigenza di una legge quadro che regoli la materia e soprattutto la possibilità di escludere gli stabilimenti balneari, in analogia con altri tipi di attività, dall’ambito di applicazione della Bolkestein. In questi mesi abbiamo avuto numerosi incontri, abbiamo studiato attentamente la materia e abbiamo collaborato alla stesura di alcuni emendamenti che potevano rappresentare una mediazione adeguata tra le varie esigenze in campo. Per questo la notizia dello stralcio delle nome in questione dal decreto Sviluppo non può che lasciarci perplessi”. Soprattutto adesso, con la stagione estiva ormai iniziata e con un’inaccettabile situazione di incertezza sulle spalle.
In realtà una ragione c’è e dovrebbe aprire anche maggiori spiragli. Il governo nazionale, infatti, si starebbe muovendo in un’altra direzione: quella tracciata dal ddl Comunitaria 2010. La soluzione per le concessioni demaniali, quindi, dovrebbe passare per questa via, come ha confermato lo stesso relatore del provvedimento, il leghista Gianluca Pini.
Le misure stralciate, infatti, verranno reinserite in questo provvedimento, recuperando così l’emendamento che era stato presentato al decreto. Nelle norme è tra l’altro previsto il prolungamento del diritto si superficie per un massimo che oscilla dai 40 ai 50 anni, contro i venti previsti nel decreto e la chiusura della procedura di infrazione europea sulla direttiva Bolkestein con la soppressione delle norme del Codice della navigazione che prevedevano l’affidamento diretto e il rinnovo automatico delle concessioni demaniali, invece delle gare chieste dalla Ue.
L’approvazione, infine, potrebbe auspicabilmente avvenire prima della pausa estiva. Il ddl infatti dovrebbe esaurire l’esame della Camera a fine giugno e quindi ottenere il via libera definitivo del Senato. “Se davvero le cose stanno in questi termini non possiamo che esprimere parere positivo” fanno sapere dal Ciba, che proprio in questi giorni ha avuto rassicurazioni in merito: sul maxiemendamento ci sarebbe già stato il parere positivo degli esperti della Commissione europea e dovrebbe quindi procedere senza intoppi.
“Fare chiarezza è un nostro dovere – ha confermato il consigliere regionale Federica Chiavaroli, da sempre al fianco dei balneatori abruzzesi in questa importante battaglia – perché ad essere in gioco è il futuro di un’intera categoria. Non si può continuare a procedere “per esclusioni”, senza dare una continuità agli interventi. La nostra posizione è chiara: la priorità è quella di far uscire l’Italia dalla procedura d’infrazione e promuovere, sempre in sede europea, tutte le azioni possibili per l’esclusione della categoria dall’applicazione della direttiva Bolkestein. A ciò dovrà seguire l’elaborazione di una legge quadro e quindi di una regola generale per regolamentare le nuove concessioni.
Ma da subito, inoltre, è necessario tutelare le prerogative degli attuali concessionari, tenendo nel giusto conto la specificità delle spiagge italiane e neo nostro caso abruzzesi”. “Negli anni abbiamo investito – continua il presidente del Ciba, Riccardo Ciferni – abbiamo migliorato le spiagge, abbiamo offerto un servizio. Noi chiediamo che questo ruolo ci venga riconosciuto”. E se non bastassero le parole, diamo un’occhiata alle cifre, che davvero parlano da sole.
Il comparto comprende 28mila imprese in Italia e ottocento solo in Abruzzo. Tradotto in occupazione significa 400mila addetti al livello nazionale e quasi 12mila al livello regionale. Per non dire dell’indotto: il fatturato annuo vale il 12% del Pil nazionale. Fatti due conti, specie in tempi di crisi, si capisce bene che la posta in gioco è troppo alta per lasciarsi intimorire da ciglio severo del signor Bolkestein.