Il Colle ‘rinvia’ il rimpasto ma offre al Cav. la ricetta per curare i malpancisti
16 Marzo 2011
Il rimpasto ci sarà ma solo tra un mese. Quella che ieri avrebbe dovuto essere la prima tranche del rafforzamento della compagine di governo, si è tradotta in un nuovo slittamento. Il faccia a faccia tra Berlusconi e Napolitano avrebbe convinto il premier a rivedere la road map, rinviando la nomina di Saverio Romano (Pid-Responsabili) all’Agricoltura e il passaggio di Galan ai Beni culturali. Perché? Dal Colle sarebbero arrivate due sollecitazioni. La prima: siccome la lista è corposa e i nomi sono più delle caselle disponibili serve una nuova norma che corregga la legge Bassanini, ma la via non può essere quella del decreto legge (non ci sono le caratteristiche di urgenza è la tesi dell’entourage di Napolitano) bensì di un testo presentato per via ordinaria in parlamento. La seconda: qualche perplessità sull’indicazione di Romano.
L’orientamento del Quirinale riapre la partita sul rimpasto di governo, agita le file dei ‘Reponsabili’ e crea nuovi grattacapi al Cav. che adesso dovrà districarsi tra i ‘rilievi’ del capo dello Stato e le aspettative di chi come Saverio Romano ieri era sicuro di salire al Colle per giurare da ministro dell’Agricoltura. Non solo: come in un effetto domino ci sono altre due questioni da risolvere, entrambe delicate: l’insofferenza di Giovanardi che non esclude le dimissioni per le scarse risorse assegnate da Tremonti al suo ministero (famiglia e sociale) e il caso Scajola pronto al rientro in politica, probabilmente al partito, ma comunque determinato a riprendersi un posto di primo piano.
L’ex ministro dello Sviluppo economico ha già messo le mani avanti minacciando la costituzione di gruppi autonomi in Parlamento tra i suoi sessanta fedelissimi se le richieste non saranno accolte. Situazione in stand by perché l’incontro di lunedì a Palazzo Grazioli è servito solo al Cav. per avere da Scajola rassicurazioni sul fatto che non romperà col Pdl. Per il resto è tutto rinviato. Il paradosso è che mentre la maggioranza a Montecitorio conquista un altro parlamentare in fuga da Fli – si tratta di Giulia Cosenza ex compagna dell’ex ministro Ronchi – ieri il governo ha rischiato di andare sotto per un emendamento all’election day.
Il motivo? Il campanello d’allarme suonato dai cinque ‘resposnabili’ ex Udc legati a Romano che non hanno partecipato al voto (a soccorrere la maggioranza è stato un deputato dei Radicali e le assenze di dodici parlamentari nelle file di Pd, Fli e Udc). Un segnale, evidentemente, indirizzato al Cav. per proseguire il pressing e accelerare la nomina di Romano a ministro. Il punto è che attualmente la squadra di governo è composta da 48 membri tra ministri, vice e sottosegretari; la legge Bassanini fissa un tetto massimo a 60 membri e tuttavia per trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza di rendere più spedito il lavoro dei ministri affiancandoli con un numero congruo di sottosegretari e il riconoscimento verso quanti hanno dimostrato fedeltà alla maggioranza i conti non tornano. Ci sarebbe bisogno di allargare la compagine dell’esecutivo a settanta membri e per far questo occorre rimettere mano alla norma in vigore. Napolitano non gradisce che il tutto si compia attraverso un decreto legge e ‘politicamente’ la perplessità si può leggere in parallelo col richiamo del Colle al decreto mille proroghe. Della serie: il governo non può autopromuoversi attraverso un iter previsto di fronte a motivi di urgenza e necessità. E la via ordinaria della legge richiede tempi più lunghi, più o meno un mese. Basterà questo a placare le aspettative dei Responsabili?
Ieri a Montecitorio la notizia dello slittamento per il giuramento di Romano ha destato non poca irritazione nel gruppo siciliano degli ex centristi e lo stesso Romano ha annunciato per oggi una conferenza stampa. Fin qui il bicchiere mezzo vuoto. Ma se si guarda dall’altro lato lo ‘stop’ del Colle in realtà può rivelarsi un assist al Cav. per venire a capo dell’intricata matassa delle nomine. Intanto una legge per via ordinaria presuppone tempi più lunghi che sicuramente vanno oltre la finestra utile per il voto anticipato fissata tra il 20 marzo e il 10 aprile. E questo offre al premier una chance non da poco: giustificare il rinvio del rimpasto col le perplessità sollevate dal Quirinale e tenere tutti sulla graticola ancora per un po’, continuando a testarne il livello di fedeltà in parlamento.
Non solo: in questo modo Berlusconi può lasciare la porta aperta anche a nuovi ingressi in maggioranza e giocarsi la carta delle nomine al momento e sulle persone che riterrà più giuste per ricoprire un incarico di governo. E a quel punto i tempi di approvazione della legge per via ordinaria consentirebbero di affrontare la pratica in modo più approfondito e prudente, optando per il rimpasto in un’unica soluzione. Perché, come sempre accade in politica e non, la promozione di uno ne scontenta dieci l’idea di procedere in due tranche in ambienti del centrodestra viene vista come la meno opportuna dal momento che il passaggio da una fase all’altra potrebbe esporre la maggioranza a nuove fibrillazioni interne.
Berlusconi vedrà i Reponsabili la prossima settimana e l’intento è quello di smorzare i malumori, ribadire l’impegno assunto ma al tempo stesso chiarire che sarà solo lui a scegliere le new entry nello staff di Palazzo Chigi. Romano e gli ex Udc ma anche le altre componenti del gruppo parlamentare se è vero come è vero che nella lettera al premier anche Sardelli avrebbe manifestato una certa irritazione per il ritardo col quale si sta procedendo nell’allargamento della compagine di governo e per il modo che a suo dire non terrebbe nel giusto conto le aspettative non solo di Romano ma anche delle altre anime del gruppo.
C’è poi il caso Scajola ad agitare il Pdl. Il faccia a faccia tra l’ex ministro e il premier si sarebbe risolto solo nella garanzia da parte di quest’ultimo di non procedere con strappi e rotture, ma sulla sua collocazione nel partito si continua ancora a ragionare. Tra gli scajoliani non incassa gran successo la proposta lanciata dal coordinatore Verdini che per l’ex coordinatore di Fi ipotizza un ruolo alla guida degli enti locali e la gestione del completamento del tesseramento Pdl. Un ruolo che in molti leggono come una ‘provocazione’.
C’è poi chi a via dell’Umiltà ritiene che per tenere sotto controllo la situazione sarebbe più opportuno l’inserimento di Scajola nel governo più che nel partito, ma le voci, le congetture e le ipotesi in queste ore si rincorrono. Anche perché secondo i rumors Bondi lascia il suo dicastero ma non avrebbe alcuna intenzione di lasciare anche l’incarico alla guida del partito insieme a Verdini e La Russa. Infine la questione Giovanardi: il ministro non ha gradito i tagli lineari di Tremonti al suo ministero e spiega che con soli 20 milioni non riesce a mettere in campo politiche efficaci a sostegno delle famiglie e nel settore del welfare.
E se ieri il titolare di via Venti Settembre incontrando Alemanno e il maestro Muti ha assicurato che rivedrà i numeri del Fus per ridare fiato al settore della cultura, c’è da augurarsi che facci altrettanto anche con le richieste di Giovanardi perché in questo momento sarebbe poco opportuno esporre l’esecutivo a scossoni interni. Berlusconi ha parlato con Giovanardi condividendo le preoccupazioni del sottosegretario e assicurando che studierà la pratica. Del resto, la questione dei fondi ai vari dicasteri non riguarda solo le deleghe di Giovanardi ma anche settori quali la cultura e le forze dell’ordine. Lunedì il premier ha rassicurato i rappresentanti degli uomini in divisa che manifestavano ad Arcore. E proprio ieri a Palazzo Grazioli è arrivato Tremonti per affrontare la questione. Secondo indiscrezioni sarebbe allo studio un decreto legge ad oggi per assegnare risorse aggiuntive al comparto sicurezza.
L’altra questione in agenda riguarda la definizione delle candidature per le amministrative. Tema al centro dell’ufficio di presidenza del Pdl che ieri sera si è riunito a Palazzo Grazioli. Per la sfida a Napoli è arrivato il via libera definitivo alla candidatura di Gianni Lettieri, ex presidente degli industriali partenopei e per il Comune di Trieste con Roberto Antonione, mentre sarebbero ancora in stand by i nomi dei papabili per Torino e Bologna.
Ma nel corso del vertice il premier ha toccato anche il tema giustizia sollecitando i suoi a spiegare alla gente i contenuti e la necessità del provvedimento costituzionale. La conferma che sulla via delle riforme il Cav. non è disposto a fare passi indietro, tantomeno a perdere tempo.