“Il conflitto d’interessi? Una legge classista”

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“Il conflitto d’interessi? Una legge classista”

21 Maggio 2007

Una settimana di tregua per le truppe di Forza Italia. La campagna elettorale amministrativa ha spezzato in due l’iter della legge sul conflitto di interessi permettendo alla componente parlamentare azzurra di riprendere fiato dopo una prima settimana di opposizione durissima. Uno dei “murati vivi”, in quel contesto pur pregevole che è Montecitorio, è Donato Bruno, deputato di Forza Italia che ha seguito la legge antitrust dalla sua genesi in commissione fino alle ultime battute in aula.

Onorevole Bruno, così come va configurandosi, più che un dispetto a Berlusconi sembra uno sfregio all’intera classe imprenditoriale, da tenere a debita distanza dai palazzi del potere. E’ così?

La correggo subito: questa non sembra, è una legge classista. Con tutto l’inevitabile carico ideologico che si porta dietro. Pensi che l’altro giorno, in aula, c’è toccato ascoltare il sermone del collega Franco Russo di Rifondazione comunista, il quale, citando gli articoli 3 e 51 della Costituzione, ci spiegava perché i lavoratori dovessero avere la prevalenza nella rappresentanza parlamentare.

Cos’è, riteniamo fuori la lotta di classe?

Che dirle, la verità è che questa legge appiccica addosso alle persone un’etichetta di conflitto potenziale e preventivo. Di fatto esclude dalla politica un intera categoria di imprenditori che, in ragione del proprio patrimonio, hanno dimostrato nella vita di averci saputo fare. Mi chiedo quante persone, pur volendosi impegnare per le istituzioni, si spoglierebbero dei propri beni lasciandoli alla gestione di un terzo. Le opzioni lasciate dalla nuova authority (o il blind trust o la vendita), spacciate dalla sinistra come libertà di scelta, sono in realtà un deterrente verso l’impegno pubblico di gente, lo ripeto, che ha una marcia in più. E’ il caso di Silvio Berlusconi, certo. Ma anche di altri importanti imprenditori, come Diego Della Valle ad esempio. E la cosa poi si ripete anche a livello locale. Dove la politica non potrà più pescare dal mondo produttivo per trovare valido personale politico.

L’obiettivo è mettere alla porta Berlusconi. Ma il conto lo pagano un po’ tutti i suoi colleghi imprenditori…

La sinistra accecata dall’obiettivo di fare fuori Berlusconi ha posto in essere un obbrobrio giuridico. Ripeto: la loro legge colpisce la persona potenzialmente in conflitto e non l’atto che lo determina.

E’ la filosofia della legge Frattini, quella che attualmente regola il conflitto di interessi.

Già. Perché più volte ci si dimentica che una legge che regola il conflitto di interessi in Italia esiste. Ma c’è un’altra anomalia che vorrei denunciare.

Lo faccia

E i dirigenti delle Coop? Per la natura societaria delle cooperative, chi vi è a capo può tranquillamente fare politica senza che ciò comporti conflitto. La sinistra si è guardata bene dal compromettere la cinghia di trasmissione che tiene insieme il suo ambiente economico di riferimento.

C’è poi il discorso della nuova Authority incaricata di rilevare i conflitti di interessi. Un carrozzone da cinque milioni di euro l’anno…

E’ un discorso che va approfondito, questo. Intanto è vero che si tratterà di un nuovo ente dove sistemare gli amici degli amici. Ma il problema non è solo questo. Il garante, come prevede il testo, sarà espressione della maggioranza. Con quale grado di libertà, allora mi chiedo, potrà dire a un ministro di un governo amico: tu sei in conflitto con la tua carica, dimettiti? Si crea poi un problema di forma. Secondo la Costituzione l’esecutivo ha un rapporto fiduciario che lo lega al Parlamento. Come può un organo terzo, come l’Authority, costringere alle dimissioni un ministro in conflitto?

E’ un testo incostituzionale, allora.

Proprio così. Noi, per rimediare, avevamo proposto l’istituzione di una commissione parlamentare paritetica in luogo del garante. L’idea è stata bocciata dalla sinistra che evidentemente vuole fare di questa Autorità un organo politico.

Passerà questa legge?

Italia dei Valori, Verdi, Comunisti Italiani e Rifondazione comunista ritengono che la norma sia blanda. Vorrebbero addirittura l’ineleggibilità degli imprenditori in Parlamento. Sul fronte opposto, Sdi e Udeur sembrano invece scettici sulla opportunità politica di proseguire lungo la strada dell’antiberlusconismo. Ds e Margherita sono venute a convergere sul testo di Violante.

Morale?

La legge, nonostante queste schermaglie, alla Camera passerà. Il collante antiberlusconiano è troppo forte. E’ il mastice che tiene insieme la coalizione di centrosinistra.

E al Senato?

Ah lì con quei numeri risibili può succedere di tutto.