Il confronto sulla legge elettorale sta terremotando l’Unione

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Il confronto sulla legge elettorale sta terremotando l’Unione

Il confronto sulla legge elettorale sta terremotando l’Unione

16 Gennaio 2008

Veltroni che richiama gli alleati a “più
responsabilità”. Antonio Di Pietro che rimanda al mittente la richiesta e
l’Udeur di Mastella che convoca l’ufficio politico per decidere l’uscita dal
governo.

Venti di crisi sempre più pesanti si stanno abbattendo in queste ore
sul centrosinistra. E come se questo non bastasse ora la presentazione del
testo base della riforma elettorale del presidente della Commissione Affari
Costituzionali del Senato, Enzo Bianco, rischia di dividere ancora di più il
centrosinistra.

Il confronto sulla riforma elettorale sta terremotando più di
quanto ci si aspettava l’Unione.

Fibrillazioni che potrebbero diventare ancora
più forti con il possibile via libera della Corte Costituzionale alla
consultazione referendaria. Una situazione, quindi, molto delicata per la
maggioranza che inoltre in questi giorni è alle prese anche con altre questioni
come quella dei salari e la sicurezza. Evidente che in queste condizioni il
timore del precipitare degli eventi sia chiaro a tutti.

Primo fra tutti a
Romano Prodi che da Palazzo Chigi guarda con attenzione e sospetto a tutto
quello che accade. Il professore lo va ripetendo da mesi che il tema elettorale
può essere esiziale per le sorti del governo. Per questo prima dell’estate
aveva deciso di intestarsi la responsabilità dell’iniziativa riformista. Ma poi
la nascita del Pd e l’ascesa di Veltroni alla guida hanno cambiato le carte in
tavola.

Così Prodi ha dovuto lasciare il banco ed ora si trova nella scomoda
posizione di dover giocare il ruolo di chi ricuce gli strappi. Lo ha fatto già tre sere fa al vertice del centrosinistra e ritornerà a farlo quando vedrà che
la situazione sta per precipitare pericolosamente. Non è un mistero che Prodi
punti a durare quanto più possibile, almeno fino a questa primavera quando
saranno nominati i nuovi vertici delle grandi aziende. Fino al quel momento si
resta in trincea per resistere. In particolare rispetto alle mosse di Walter
Veltroni che sulla riforma elettorale sta spendendo tutta la sua credibilità
politica.

Il sindaco di Roma sta cercando un accordo ampio in
Parlamento, e primo fra tutti con Berlusconi, per giungere ad una modifica
della legge elettorale scongiurando il referendum. Un tentativo che vede il
favore anche di Rifondazione Comunista che più di tutti teme la consultazione
referendaria. Ma i favorevoli nell’Unione alla missione veltroniana si fermano
qui. Anzi più passano le ore e più aumentano gli oppositori tanto che lo stesso
Veltroni ha dovuto alzare la voce. Lo ha fatto al vertice e poi ieri con parole
ancora più forti: “Basterebbe solo un pochino di responsabilità perchè siamo
davvero ad un passo. Se si spreca l’occasione che ci si offre per andare in
Parlamento con il 2 per cento ci si assume una grande responsabilità di fronte
al Paese e si deve dire agli italiani che si è a favore della frammentazione e
contro la stabilità”.

Un appello all’intesa verso i “nanetti” dell’Unione (cioè
i partiti minori della coalizione) che poi è diventato anche un messaggio
distensivo verso Prodi chiarendo che con lui “c’è sintonia e convergenza” e che
soprattutto “non vedo perchè la vita del governo e la riforma elettorale e
costituzionale devono essere alternative. Io penso che l’unica via per
rafforzare Prodi è trovare un’intesa sulla legge elettorale”. Dichiarazioni che
però non sono riuscite a calmare gli animi. Su tutti quello del ministro delle
Infrastrutture Antonio Di Pietro che non solo non ha gradito il richiamo
veltroniano ma lo ha rispedito al sindaco ricordandogli che “si era espresso
favorevolmente al referendum. Si dia dunque voce alla  consultazione e si ribadisca che la
consultazione elettorale è un atto di massima democrazia, perchè ci dice cosa
vogliono i cittadini”.

A puntare il dito contro Veltroni è invece l’Udeur che
con Antonio Satta accusa il Pd di “inaccettabile arroganza”. E proprio Mastella
sembra in questo momento quello più attivo e disposto a rompere gli indugi fino
alla decisione estrema di uscire dal governo tanto che molti ipotizzano
dimissioni già in giornata, in particolare dopo la sentenza della Corte
Costituzionale.

E non migliora la situazione la bozza di riforma presentata da
Enzo Bianco che nel centrosinistra raccoglie più critiche che plausi. In breve
si tratta di un modello tedesco aggiustato con sbarramento al 5 per cento e con
indicazione preventiva del premier e della coalizione. Per  martedì prossimo è previsto il voto in
Commissione ma dai primi umori è evidente che non sarà facile per il
centrosinistra passare indenne questa prova. Ne sono un esempio le dure parole
del ministro della Difesa Parisi che ha stroncato la bozza Bianco con un
lapidario “è un ritorno al passato” e “ci riporta alla prima Repubblica”.

E non
meno teneri sono stati i commenti del leader del Pdci Oliviero Diliberto che
parla di bozza “impresentabile”. Naturale che in questo clima Prodi senta puzza
di bruciato e tema che le fibrillazioni possano poi spostarsi a Palazzo Chigi.
Per questo ha deciso di mantenere alto il livello di guardia e di agire
direttamente spingendo da un lato per ulteriori modifiche della bozza e
dall’altro per “trovare una soluzione condivisa che garantisca stabilità e
governabilità e che non vada contro o a detrimento delle forze che fanno parte
dell’arco parlamentare”.

Ha tempo fino alla prossima settimana, poi l’Unione
potrebbe non reggere più.