Il Consiglio di Stato ristabilisce il buon senso: sì alla Dal Molin
29 Luglio 2008
La base militare americana di Vicenza potrà essere ampliata. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Difesa contro l’ordinanza del Tar del Veneto.
Il tribunale amministrativo regionale il 18 giugno scorso aveva approvato la domanda di sospensione dei provvedimenti per la realizzazione del progetto Dal Molin. Questa risoluzione sembrava aver capovolto le vicende della base americana e la decisione di oggi del Consiglio di Stato arriva dopo mesi in cui si sono fronteggiati due schieramenti, chi a favore e chi contrario all’allargamento della base vicentina. Il sì o il no alla presenza statunitense in Veneto ha dato origine a presidi permanenti, manifestazioni e dissidi locali e nazionali.
Così spetta a Palazzo Spada ristabilire le priorità e l’ordine delle decisioni da seguire. “Il consenso del Governo italiano all’ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto Dal Molin è un atto politico, e come tale insindacabile dal giudice amministrativo, secondo un tradizionale principio sancito dall’art. 31 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato”. E’ questa una delle ragioni che hanno indotto la IV Sezione del Consiglio di Stato a non condividere le valutazioni del Tar sulla legittimità dei provvedimenti impugnati.
L’ordinanza di sei pagine, firmata dal collegio presieduto da Gaetano Trotta spiega che “l’insindacabilità riguarda non solo il contenuto dell’atto, ma anche la sua forma”. In pratica il nulla-osta dato dal Ministero della Difesa, secondo quanto previsto dall’accordo bilaterale Italia – Stati Uniti firmato nel 1954, “è una procedura prevista per le attività finanziate direttamente dagli Usa, la cui realizzazione è assegnata ad un’apposita Commissione mista costruzioni (Cmc), costituita nell’ambito della Direzione Generale dei Lavori e del Demanio del Ministero della Difesa”.
Ancora, il via libera all’ampliamento della base militare di Vicenza non può dipendere neppure dall’esito di una consultazione della popolazione. La quarta sezione del Consiglio di Stato spiega: “La procedura di autorizzazione ad un insediamento militare è di esclusiva competenza dello Stato” e “la consultazione è stata soltanto ipotizzata nelle dichiarazioni del Ministro della Difesa pro tempore in sede parlamentare”. Insomma il referendum già programmato per il prossimo ottobre, se anche fatto, non avrà alcun valore.
Inoltre non risultano riscontri concreti neppure sui rischi di danno ambientale, indicati nella ordinanza del Tar del Veneto. Palazzo Spada rileva che “la realizzazione di infrastrutture sul territorio nazionale, finanziata dagli Stati Uniti, è disciplinata dal Memorandum del 1995, che prevale sulla disciplina italiana e comunitaria”. Quanto ai profili di danno ambientale, come erano indicati nell’ordinanza del Tar, la quarta sezione li ritiene “privi di riscontri concreti”. Soprattutto dopo che è stata autorizzata una progettazione dell’intervento sul lato ovest dell’Aeroporto, che sposta il progettato ampliamento su una area già destinata prevalentemente ad attività aeroportuale e di cui è prevista la dismissione da parte della amministrazione militare italiana, senza che si cambi quindi la destinazione d’uso.
Insomma la decisione del Tar è stata completamente revocata e i lavori per la base Dal Molin di Vicenza potranno andare avanti. Si realizzerà dunque la nuova base: un dormitorio destinato ad ospitare oltre 4000 fanti e il comando della Task Force Sud Est Europa. La 173° Brigata Aeromobile è composta da reparti di fanteria leggera che oggi si trovano divisi tra la base di Vicenza già esistente e le altre in Germania. Il progetto di Dal Molin non riguarda quindi una base aerea o missilistica né armi nucleari o mezzi a polluzione atomica e sarà realizzata in una zona vicina a quella che fino a pochi anni fa ospitava un comando aereo Nato.
Solo poche settimane fa, durante l’ultimo vertice del G8, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva confermato che sarebbero stati rispettati gli obblighi presi con l’alleato statunitense e in una nota aveva aggiunto che si trattava di “impegni internazionali liberamente assunti dall’Italia e ribaditi nel corso degli anni da Governi di diversa maggioranza politica”.
Per i portavoce del movimento «No dal Molin» neppure il tempo di leggere tutte le motivazioni del Consiglio di Stato, che già annunciano nuove mobilitazioni. Perché per una certa sinistra il vecchio slogan "yankees go home" è sempre di moda.