Il Ddl Gentiloni riparte grazie alle intercettazioni di Repubblica
23 Novembre 2007
di Guido Forte
Tutto come da programma. Il governo ormai ha deciso di ingranare la quarta sul ddl Gentiloni.
Appena messa in soffitta la legge finanziaria ha già annunciato che in tempi brevi cercherà di chiudere anche la riforma del settore radiotelevisivo, pensionando così definitivamente la Legge Gasparri. Una marcia a tappe forzate che non risparmierà nemmeno la Rai visto che al Senato in Commissione Trasporti dalla prossima settimana si inizierà a discutere sugli emendamenti. E’ vero sono tantissimi, quasi duemila, ma comunque si comincerà a mettere mano al dispositivo.
La strategia iniziata con la pubblicazione delle intercettazioni di Repubblica sta quindi dando i suoi primi frutti e soprattutto sta mettendo in moto un meccanismo che, complice anche le divisioni nel centrodestra, potrebbe far marciare più speditamente il progetto. Un’operazione che ha avuto il merito di togliere dalle secche un provvedimento, quello preparato dai tecnici di largo Brazzà, che addirittura l’Authority aveva bocciato sollevando più di qualche perplessità. Provvedimento messo alle corde anche da diversi spezzoni della maggioranza. Ed invece adesso sembra che si possano aprire nuove prospettive per questo ddl.
La pubblicazione delle intercettazioni dei dirigenti Rai e Mediaset sta dando l’accelerazione decisiva. A questo si è poi aggiunto il fiume di dichiarazioni, gli appelli alla tutela della democrazia e i cori di protesta di tutti gli esponenti del centrosinistra. Nessuno escluso. Un bombardamento mediatico. Da qui la presa d’atto del governo che all’interno del consiglio dei ministri ha espresso la volontà di accelerare la discussione del provvedimento.
Proprio il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha voluto dare il nuovo timing della riforma che indubbiamente punta a un’approvazione definitiva già per i primi di febbraio. All’uscita da Palazzo Chigi il ministro ha precisato gli obiettivi del Governo: “Il governo intende accelerare su ambedue i disegni di legge che ha presentato in Parlamento, sia quello di riforma della Rai sia quello che vuole dare maggiore pluralismo al sistema televisivo italiano”. Tradotto in date significa che “dopo la Finanziaria, feste di Natale e la pausa di Capodanno, alla ripresa sarà affrontato alla Camera il disegno di legge di riforma sulla tv nel passaggio al digitale terrestre”.
Chiaramente un programma di massima perché come fa notare lo stesso Gentiloni: “I tempi sono quelli del Parlamento verso il quale il governo ha il massimo rispetto, così come ha il massimo rispetto per le esigenze del Paese, che chiede di fare in fretta per l’approvazione di queste riforme”. Un discorso che già preannuncia la volontà di indicare “come priorità”, “dopo l’approvazione della legge Finanziaria, alla ripresa dei lavori, la riforma del sistema televisivo”. Non siamo alla decretazione d’urgenza ma poco ci manca sentendo anche le parole del leader del Pdci Oliviero Diliberto che con tono drammatico dice che “il ddl Gentiloni è acqua fresca rispetto a quanto sarebbe necessario al sistema dell’informazione di questo Paese”. Al di fuori dei desiderata del centrosinistra la questione non è poi così semplice. Come si sa per il ddl Gentiloni di riforma della governance Rai la situazione è ancora ferma in Commissione al Senato. Qui sono stati presentati oltre duemila emendamenti di cui più della metà solo da Forza Italia. E’ evidente che le ultime polemiche nel centrodestra e la fine della Casa delle Libertà potrà agevolare la maggioranza riducendo di fatto il peso dell’ostruzionismo.
Ma si sa, a Palazzo Madama anche muovere soltanto una poltrona è un compito arduo. Figurarsi se si tratta di riformare l’Azienda di viale Mazzini. Discorso diverso per il ddl Gentiloni che riforma il settore radiotelevisivo e che dalla prossima seduta utile sarà discusso in Aula. Infatti lo scorso 15 novembre le Commissioni Cultura e Trasporti hanno dato via libera al testo per la discussione nell’emiciclo di Montecitorio. Se ne riparlerà, come ha spiegato lo stesso ministro Gentiloni, nel 2008. Ma anche in questo caso le incognite sono diverse. In primo luogo il destino stesso del governo. Welfare e Finanziaria sono due scogli non facili per la maggioranza indipendentemente dalla crisi del centrodestra. Poi c’è da considerare la possibile decisione di approntare un restyling alla compagine governativa, che potrebbe innescare nuove polemiche di certo non benefiche per una maggioranza così risicata. Ed infine si devono considerare le posizioni dei singoli partiti. Diliberto già parla di voler approntare modifiche mentre l’Udeur da tempo ha espresso molte riserve sul provvedimento annunciando anche la sua astensione. Quindi per ora l’ipotesi di una rapida approvazione rimane una speranza del governo.
Sempre che poi non intervengano altre pubblicazioni di intercettazioni o presunti scoop, perché ormai a dettare i tempi della politica sono gli interessi dei grandi gruppi editoriali.