Il decreto “Salva-Eluana” si può fare ma solo con l’accordo del Quirinale

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Il decreto “Salva-Eluana” si può fare ma solo con l’accordo del Quirinale

05 Febbraio 2009

E’ uno di quei casi estremi in cui dalla legge si attende una parola definitiva sulla vita o sulla morte, come se dalla legge ci si potesse aspettare tanto. Ma chi non si rassegna alla morte di Eluana è alla ricerca di una via che possa fermare il distacco del sondino. Proviamo a ragionare in punta di diritto, con la misura e il rispetto che si deve a un caso nel quale sono coinvolte sofferenze di persone concrete. Quella via in astratto c’è, salvo capire se sia davvero percorribile: un decreto-legge, atto normativo approvato dal Governo, immediatamente efficace e applicabile previa emanazione da parte del Capo dello Stato. So bene che i giuristi sono pronti a insorgere: si tratterebbe di un decreto ad personam, oltretutto indirizzato a impedire l’esecuzione di una sentenza definitiva.

Per la verità, non si tratterebbe solo di Eluana, perché in quel decreto potrebbero trovare spazio alcuni contenuti della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), attualmente in gestazione in Parlamento. Ben vero che scelte del genere non dovrebbero farsi per decreto, strozzando la discussione parlamentare, anche se si potrebbe dire che ciò servirebbe a colmare subito quel vuoto legislativo, deprecato da molti, che lascia spazio ad una creatività dei singoli giudici obiettivamente eccessiva. Ma tutte queste sarebbero solo interessanti chiacchiere: il problema vero è che il decreto dovrebbe soprattutto contenere regole idonee a incidere efficacemente sul caso di Eluana. La stessa ragione del ricorso alla decretazione d’urgenza è, in fin dei conti, proprio e solo il caso di Eluana.

Non vedrei problemi sulla sussistenza dei requisiti di necessità e l’urgenza che, per Costituzione, autorizzano il Governo all’uso di questo strumento. Salvare una vita – anche una sola – sarebbe ragione sufficiente. Il problema consiste, piuttosto, nell’accettare l’idea che un atto del Governo possa mettere nel nulla una sentenza definitiva. Per impedire il distacco del sondino, non basterebbe infatti trasferire nel decreto le norme del disegno di legge ora all’esame del Parlamento. Lì non c’è scritto in modo chiaro che è sempre vietato staccare un sondino destinato ad alimentare e a idratare una persona in stato vegetativo permanente. C’è scritto che alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale, finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Ma nel caso di Eluana c’è un decreto della Corte d’appello di Milano che autorizza il tutore a chiedere il distacco del sondino. Sicché i tecnici del Governo dovrebbero prevedere qualcosa di più incisivo e sarebbe proprio questo “qualcosa in più” a porsi in contrasto con la sentenza. Si tratta perciò di capire se il Governo ha forza e voglia di assumersi il rischio – politico e giuridico – di un nuovo conflitto con la magistratura.

Ma c’è un’altra questione, forse ancora più delicata e urgente. Il decreto legge di cui ragioniamo dovrebbe passare per la firma del Capo dello Stato, che nei giorni scorsi non ha dato sul punto segnali incoraggianti. Immagino che i canali della diplomazia informale siano al lavoro per evitare anche solo l’ipotesi di uno scontro istituzionale davvero clamoroso. E credo che il Governo procederà solo se questo scontro sarà scongiurato fin dall’inizio. Ma non riesco a evitare il pensiero di ciò che potrebbe accadere se un accordo preventivo mancasse e il Governo approvasse comunque il decreto. Alla fine, dalla firma del Presidente finirebbe per dipendere la vita o la morte di Eluana e porre Napolitano in questo tormento parrebbe davvero paradossale e assurdo. Forse l’ultimo ed estremo paradosso di un caso nel quale – non dimentichiamolo – c’è un giudice, la Corte di Cassazione, che ha ritenuto di poter fissare a proprio arbitrio i confini tra la vita e la morte.