Il ‘decreto sviluppo’ di Monti non guarirà i mali economici dell’Italia

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Il ‘decreto sviluppo’ di Monti non guarirà i mali economici dell’Italia

27 Giugno 2012

Il primo ministro italiano ha recentemente varato un nuovo ‘decreto sviluppo’ per rivitalizzare la moribonda economia dell’Italia. Tra le altre cose, il piano da 185 pagine propone mutui agevolati per gli investimenti in R&S all’interno delle grandi imprese, crediti d’imposta per le imprese affinché assumano dipendenti con diplomi universitari alti, assieme a una riduzione del personale in forza su certi ministeri.

Davvero si crede che così si possano risolvere i problemi dell’Italia? Solo se si crede che effettivamente sia possibile svuotare il Lago di Como con un mestolo. Ci permettiamo, allora, di illustrare perché l’economia dell’Italia è in stagnazione.

Immagina d’essere un ambizioso imprenditore italiano, che prova a lanciare una nuova impresa. Sai che dovrai pagare 2/3 dei contributi sociali dei suoi dipendenti. Sai anche che avrai un sacco di problemi una volta che assumerai il 16imo impiegato, dato che ciò farà scattare delle regole in base alle quali sarà molto difficile, se non impossibile, licenziare un membro del proprio staff.

Ma v’è di più. Una volta che avrai assunto l’11simo impiegato, dovrai sottomettere alle autorità nazionali italiane un’autocertificazione su tutti i rischi di salute e di sicurezza sul lavoro ai quali i tuoi impiegati potrebbero essere sottoposti. Rischi che includono stress causato da lavoro o connesso con l’età dell’impiegato, il suo genere e le eventuali differenze razziali. Dovrai fare menzione di tutte le iniziative che avrai intrapreso per prevenire i rischi, le procedure per portare a compimento tale prevenzione, i nomi degli impiegati incaricati di prendere in considerazione le misure d’abbattimento del rischio, così come il nome del medico la cui presenza è richiesta per effettuare tale valutazione.

Ipotizziamo ora che vuoi portare la tua impresa su scala industriale. Fai attenzione ancora una volta: una volta che assumi il 16simo impiegato, i sindacati nazionali decidono quel che si può fare e quello che non si può fare. Mentre la tua compagnia cresce, anche il numero dei rappresentanti dei tuoi impiegati dovrà crescere, ognuno dei quali ha diritto a otto ore di congedo pagato al mese per fare il proprio dovere presso il sindacato o il consiglio del lavoro. La dirigenza deve consultare questi rappresentanti dei lavoratori su tutto, dall’eguaglianza di genere all’introduzione di nuova tecnologia.

Assumere l’impiegato numero 16 vuol anche dire che il prossimo impiegato dovrà essere un disabile. Quando la tua impresa assumerà il suo 51simo lavoratori, il 7% delle buste paga dovrà andare a remunerare in qualche modo personale handicappato, e se contravvieni dovrai pagare tasse in natura. Nei momenti di difficoltà, la tua impresa dovrà sottomettere delle richieste d’esenzione da questo sistema di quote – ma come al solito in Italia, non è detto che vi sia convenienza a compilare tutte queste scartoffie.

Una volta che avrai assunto il 101simo impiegato, dovrai sottomettere una relazione ogni due anni sulle dinamiche di genere all’interno dell’impresa. Dovrà includere un tabulato degli uomini e delle donne impiegate in ogni unità di produzione, le loro funzioni e i livelli all’interno dell’impresa, i dettagli di compensazione e i relativi benefit, e date e ragioni per il reclutamento, le promozioni e i trasferimenti, così come una stima dell’impatto sul reddito.

Il sistema permette certe esenzioni – a patto che la tua compagnia resti piccola o che assumi il giusto genere e nelle zone giuste. Le imprese industriali e di sicurezza sono esentate dal conferire risorse dentro il Fondo nazionale di disoccupazione temporanea se hanno 15 impiegati o meno; le impresa nel settore delle vendite e del turismo non devono contribuire fino a quando non assumono il 15simo impiegato; e le imprese commerciali sono esentate sino a quando non raggiungono il loro 201simo impiegato.

Ecco un’altra scappatoia che cercherai di battere: le imprese attualmente ricevono crediti d’imposta fino a 15,200 euro annui ogni nuovo contratto di lavoro stipulato a tempo indeterminato – che vale anche per i nuovi assunti donne, o sotto i 35 anni d’età e che vivono in regioni come l’Abruzzo, il Molise, la Basilicata, la Puglia, la Calabria, la Sardegna e la Sicilia.

Le imprese con non più di 250 impiegati possono anche godere di una sospensione triennale dal pagamento della tassa sui profitti, che è stata garantita nel 2010 per le piccole e le medie imprese che reinvestono i loro profitti in ‘network’ di ‘innovazione’ con altri piccole imprese nelle vicinanze.

Tutte queste protezioni e assicurazioni, assieme alle burocrazie che supervisionano il tutto, sottraggono il 47,6% dal salario medio italiano, secondo l’OCSE. I 2/3 di quella fetta è pagata prima dei salari, e ciò vuol dire che molti impiegati italiani ignorano i costi lordi che sostengono i loro datori di lavoro. Ma te, come il datore di lavoro, ne sei invece perfettamente a conoscenza, cosa che spiega perché tu abbia la tentazione di rimanere piccolo e mantenere il più possibile delle tue attività fuori dai libri contabili. Questi mercati grigi e neri pesano per più di ¼ dell’economia italiana. Ma ci aiuta anche a capire perché il tasso di disoccupazione al 10% mai così alto da 12 anni a questa parte, e previsioni che vogliono il Pil in contrazione per 1,3% quest’anno.

Comunque sia, stai tranquillo: magari sarai fortunato anche tu, e troverai anche tu qualche scappatoia nel nuovo ‘decreto sviluppo’ di Mario Monti che ti permetterà di assumere qualche impiegato in più senza incorrere in troppi nuovi costi – a patto però, assumiamo, che si voglia dare lavoro a disabili, sardi dagli occhi blu, sotto l’età di 35 anni.

©Wall Street Journal