Il default greco è vicino e rischia di minare le banche europee
16 Giugno 2011
La Grecia è al collasso. Finanziario, economico e politico. Il default del debito è oramai vicino e sembra che anche le istituzioni internazionali ne abbiano preso atto. Si è convinti che non basterà qualche miliardo di euro in più per salvare una situazione che avrebbe bisogno di ben altre ricette rispetto a quelle proposte finora. Ammesso che, a questo punto, ce ne possono ancora essere. Chi sperava e credeva, BCE in primis, che la situazione fosse in qualche modo risolvibile con dei prestiti internazionali ha dovuto infatti ricredersi. E il fatto che abbia sbagliato completamente previsioni e strategie non contribuisce certo a dare fiducia.
Notizie dell’ultima ora parlano di un coinvolgimento di alcuni istituti bancari privati europei in un piano di salvataggio che appare più come un tentativo di salvare se stessi che l’economia di Atene. Tutti seduti attorno a un tavolo, nel tentativo di quantificare nuovamente quanti miliardi di euro potrebbero essere necessari per riportare la situazione a un livello gestibile.
Nel frattempo, nelle piazze di Atene, ha avuto luogo il decimo sciopero nazionale dell’anno, altri scontri tra manifestanti e polizia e un piano di austerity che il governo di Papandreou sta tentando di portare avanti in un panorama politico dove gli eventi si succedono senza capire bene cosa accadrà il giorno dopo. E’ sembrato, a un certo punto, che si fosse vicini alla formazione di un governo di unità nazionale, condizione necessaria per creare un tessuto politico favorevole per affrontare il momento più delicato che la Grecia e l’Europa stanno attraversando dalla fine del secondo conflitto mondiale. Il tentativo è fallito oggi, con il premier che ha dichiarato di voler procedere a un rimpasto di governo e chiedere la fiducia al Parlamento. E quindi, anche l’approvazione delle misure draconiane promesse è in dubbio.
A livello economico, poi, è ormai evidente come nel breve periodo l’effettuazione di una politica fiscale restrittiva non possa che avere effetti di contrazione sul PIL, dal momento che il taglio di posti di lavoro e di salari provocherà una drastica contrazione dei consumi e, quindi, della produzione interna, la quale è già crollata del 5,5% quest’anno. Dati economici come questi rendono difficile credere che il rapporto debito/PIL possa migliorare, prendendo atto che anche sul versante del numeratore la situazione non migliora, dal momento che il gettito fiscale derivante da imposte tributarie in una situazione di forte recessione si contrae. Se la Grecia vuole sperare di aumentare le proprie fonti di bilancio lo può fare solo con alienazioni del patrimonio, non può credere di farlo tramite la tassazione del reddito personale e societario.
La situazione greca sta rapidamente creando il tanto temuto effetto contagio anche sugli altri periferici. Il rischio più evidente è quello di una trasmissione della crisi del debito dal settore pubblico al settore privato, in particolare quello bancario. La rischiosità di portafoglio dei più importanti istituti bancari sta aumentando velocemente. La presenza di titoli di Stato tossici, in primis i sirtaki bonds, fanno peggiorare la qualità degli indicatori di solvibilità degli istituti. Non è un caso che ieri, a seguito delle notizie provenienti da Atene, i mercati finanziari siano crollati, con il comparto bancario che ha fatto segnare i risultati peggiori: a Milano Ubi e Intesa-Sanpaolo hanno fatto segnare un meno 5% e in Europa non è andata meglio, a seguito dell’annuncio di Moody’s della possibilità di tagliare il rating di Credit Agricole, BNP Paribas e Societe Generale. L’esposizione complessiva delle banche francesi e tedesche ammonta a circa 84 miliardi di euro. In caso di default del debito ellenico per il sistema bancario europeo sarebbe un tracollo.
In questo quadro a tinte fosche, il Belpaese non corre rischi immediati per il sistema bancario che, anche a causa della sua semplicità e avversione al rischio, non risulta essere particolarmente esposto a contagi esterni di rilievo. Il rischio principale deriva dal debito sovrano che ancora stenta a ridursi in rapporto al PIL.
E’ auspicabile che il Governo perseveri nella tenuta dei conti pubblici nonostante questo debba comportare nuovi tagli alla spesa pubblica e a una crescita modesta per i prossimi anni, anche se per aumentare quest’ultima un’accelerazione delle liberalizzazioni è necessaria. Per quanto riguarda infine nuovi prestiti alla Grecia, il ministero dovrebbe vagliare con attenzione la disponibilità a concedere un nuovo prestito. I soldi scarseggiano già per l’economia domestica e spazi per pensare ad uno stato cattivo pagatore come la Grecia ce ne sono pochi.