Il destino di un popolo in bilico tra tradizione e libertà
25 Dicembre 2008
di Carlo Roma
La Cina con i suoi tanti misteri. Un paese immenso, in piena trasformazione economica, che ambisce a conquistarsi nuove fette di mercato. Una realtà nella quale, però, il tasso di democrazia sembra piuttosto debole. Una nazione che nasconde una storia antica che affonda le sue origini nel lontano passato. E’ questo il microcosmo vasto e multiforme che Dai Sijie, scrittore cinese residente a Parigi, rappresenta nel suo ultimo libro "Una notte in cui la luna non è sorta", pubblicato dalla Adelphi. Autore, qualche anno fa, del romanzo di successo, "Balzac e la piccola sarta cinese", dal quale ha tratto anche un film, Dai Sijie torna a raccontare il destino di un popolo in bilico tra il desiderio di spiccare il volo e il retaggio di secoli remoti. Un popolo che, soprattutto, pur cercando di cambiare, continua a fare i conti con il comunismo.
Tutto ha origine dalla scoperta di un manoscritto incomprensibile. Si tratta di un frammento che porta indietro nel tempo. E’ stato redatto in una lingua sacra su un rotolo di seta risalente al II o al III secolo dopo Cristo. Ha un potere davvero particolare. Viaggia attraverso i secoli senza che nessuno sia capace di intercettarlo e di decifrarlo. Di epoca in epoca, passando da una generazione ad un’altra, lungo il suo cammino lascia una scia di sangue enigmatica. Nel corso dei secoli vengono consumati omicidi efferati inspiegabili. E’ a causa della sua terribile influenza che il celebre traduttore An Shingao, viene ucciso in modo tragico. Trascorrono i secoli. A mille anni dalla morte di An Shingao, l’imperatore Huizong, vissuto tra l’XI e il XII secolo, prova a svelarne il contenuto. Si impegna con tutta "la sua erudizione" senza conseguire risultati apprezzabili. Passano gli anni. Il manoscritto approda nel Novecento. E’ arrivato nelle mani di Puyi, l’ultimo imperatore della Cina, che ne viene ossessionato tanto da perdere la lucidità e la piena consapevolezza delle sue azioni. Ecco un nuovo sorprendente effetto del temibile manoscritto: chi ne entra in contatto può diventare pazzo. "Chiamiamolo pure reliquia mutilata – afferma all’inizio del libro Dai Sijie – quel brandello di testo sacro scritto in una lingua oramai scomparsa su un rotolo di seta che, vittima di una violenta crisi di follia, fu strappato in due non da mani né da pugnale o forbici ma letteralmente dai denti di un imperatore infuriato".
Quel brandello di testo, al centro del romanzo di Dai Sijie, segue la storia cinese in tutte le evoluzioni senza dare luogo ad una grande novità. L’artificio letterario che nasconde, infatti, è stato usato (e abusato) da molti altri autori in epoche e condizioni diverse. Cosa c’è di inedito in un oggetto che accompagna la storia di un popolo dalle sue origini fino alle sue conquiste più recenti? Cosa c’è di nuovo nella descrizione, attraverso un emblema ben definito, di epoche che si sovrappongono le une sulle altre? In questo caso, forse, Dai Sijie ha mancato d’immaginazione e di inventiva. Ha riprodotto schemi narrativi esplorati fin troppo e non è stato capace di incuriosire fino in fondo. Ciò che potrebbe interessare di più, invece, è costituito dalla rappresentazione delle antiche vicende cinesi e di quelle più vicine a noi. E’ qui che Dai Sijie offre il meglio di sé. Come in "Balzac e la piccola sarta cinese", lo scrittore mette in scena il freddo rigore del regime comunista disposto a tutto pur di preservare il suo potere. Descrive la vita difficile e triste nei campi di lavoro, alza il velo sulle logiche ferree che caratterizzano il comunismo dando vita ad una lettura storica molto concreta. In realtà, l’autore conduce i suoi lettori nel cuore di una Cina che vuole emanciparsi avvicinandosi al livello di benessere e al tasso di libertà di cui godono gran parte degli occidentali. Tuttavia, le contraddizioni e le note dolenti di un mondo in cui i diritti umani sono calpestati emergono in tutta la loro complessità. La Cina, spiega Dai Sijie è ancora nel mezzo del guado. Registra alti livelli di crescita economica ma non sa garantire il rispetto della vita e di una legge giusta ed equa. I migliaia di condannati a morte ne sono la prova più evidente e tragica.