Il disco rotto di Renzi sulle riforme mentre continua la decadenza dell’Italia
11 Giugno 2016
I fischi e i “vai a casa” riservati nei giorni scorsi al presidente del consiglio Renzi dall’assemblea di Confcommercio e durante un convegno sul terzo settore a Lucca dimostrano che il Paese reale ormai è sempre più scollegato da questo governo. I ceti produttivi ormai hanno capito che le rivendicazioni di Renzi sono risibili: quando il premier ha provato a glorificare “lo zainetto e la pizza in più” che gli italiani si sono potuti permettere con gli 80 euro è stato subissato dai fischi dei commercianti.
Quella di Renzi è la stessa politica economica che contraddistingue da sempre la sinistra: tassa e spendi, manovre fondate sulla spesa, la leva fiscale che continua ad essere percepita come oppressiva dal mondo del lavoro (pago ma in cambio di quali servizi?) e che disincentiva crescita e investimenti. Un Mezzogiorno che dopo essere completamente sparito dai radar del governo adesso deve anche sorbirsi gli strali di Renzi sulla inadeguatezza delle sue classi dirigenti. Intanto gli ultimi dati Istat mostrano che la disoccupazione resta stabile all’11,6%, mentre quella giovanile ormai è un macigno che ci vede agli ultimi posti in Europa.
Questo è il quadro generale, da qui bisogna partire per capire le ragioni di quei fischi e della batosta presa dal partito democratico al primo turno delle elezioni comunali. Renzi continua a ripetere che la soluzione a tutti i mali dell’Italia è votare “Sì” al referendum costituzionale, come se davvero la riforma cambiasse qualcosa per le tasche di chi lavora e che, anche quest’anno, dovrà fare i conti con gli odiosi studi di settore. Nel frattempo, il ministro Madia ci informa che l’articolo 18 non può essere abolito nel settore pubblico, per la gioia dei fannulloni e alla faccia delle riforme rivoluzionarie.
Renzi se la prende con chi “si lamenta”, spiegando ai giovani industriali che nei prossimi dieci anni “il mondo subirà trasformazioni ancora più incisive e penetranti del passato” e che l’Italia deve mettersi in gioco se vuole essere tra i “nuovi vincenti” di domani. E’ vero, il mondo sta cambiando. Sta cambiando tutto, a cominciare dal lavoro. Ma di grazia, quali sarebbero le ricette renziane per il futuro? Che dire di un Pil che se va bene tornerà a crescere ai livelli pre-crisi solo nel 2020?
In questi anni passati al governo il premier ha forse saputo parlarci di un mondo del lavoro che sarà sempre più meccanizzato espellendo altri lavoratori? Renzi ci ha forse detto qualcosa sui trend che vedono una diminuzione degli occupati nel mondo della industria e della agricoltura? Quale progetto ha il Fiorentino per una Italia dove la flessibilità occupazionale e la mobilità, subite o volontarie, nei prossimi anni saranno sempre più diffuse?
Un Paese in cui il lavoro autonomo diventerà la metà del mercato del lavoro e dove le forme contrattuali saranno lasciate sempre di più alla contrattazione diretta tra azienda e lavoratore e sempre meno alla mediazione sindacale, con il rischio di una moltiplicazione dei conflitti? Su tutte queste grandi questioni della nostra epoca e che investono il futuro dell’Italia, Renzi non ha niente da dire perché alla sua parte politica ormai mancano da tempo risposte concrete e il responso delle urne anche nelle roccaforti della sinistra lo dimostra in modo plateale.
A Roma il Pd vince ai Parioli dopo aver abbandonato le periferie, è un partito senza una idea di sviluppo delle grandi aree metropolitane. A Renzi allora non resta che far girare il disco rotto della riforma costituzionale che, insieme alla legge elettorale, potrebbe assicurargli di restare in sella per un altro giro di giostra. Ma dopo i fischi ricevuti a Confcommercio e lo schiaffo preso dal Pd alle Comunali arrivano anche i primi sondaggi sul referendum di ottobre: il No è avanti, non perché gli italiani non vogliono cambiare bensì perché si sono accorti che questo Governo, il Pd e i suoi alleati, non stanno cambiando il Paese, stanno solo occupando posti di potere.
Impoveriti e arrabbiati, i cittadini e contribuenti si aspettano vere risposte sul futuro e nel frattempo hanno smascherato la propaganda pseudo-obambiana del presidente del consiglio.