Il discorso di Holder sulla forza letale Usa mostra il flop dello “Yes we can”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il discorso di Holder sulla forza letale Usa mostra il flop dello “Yes we can”

06 Marzo 2012

In un intervento alla Northwestern Univeristy School of Law di Chicago, il ministro della Giustizia Eric Holder ha affermato il diritto americano di uccidere senza processo quei cittadini statunitensi che siano portatori di un’ immediata minaccia per il paese, nonché di poter usare contro di loro una forza letale.

Tre le condizioni: minaccia imminente di un attacco violento contro gli Stati Uniti, cattura impossibile o difficilmente praticabile ed infine, minimi danni collaterali ed utilizzo di armi che non provochino sofferenze inutili. Un po’ quanto accaduto ad Anwar al Awlaki, leader ed ideologo di Al Qaeda di nazionalità americana, ucciso con un razzo lanciato da un drone il 30 settembre del 2011, in Yemen.

Una pratica, questa, ritenuta dal ministro Holder del tutto conforme alla Costituzione americana. Nonostante il Presidente Obama al momento del suo insediamento avesse promesso di cancellare molte delle disposizioni anti-terrorismo del suo predecessore, dopo 3 anni di mandato l’amministrazione Democratica sta rivendicando per sé e per il governo americano la possibilità di uccidere, anche all’estero, quei cittadini di nazionalità statunitense sospettati di appartenere ad Al Qaeda o ad altri gruppi terroristici.

Nel suo discorso, Holder ha voluto offrire una difesa senza quartiere alle azioni di questo genere, esprimendosi al riguardo in questo modo: “Gli Stati Uniti d’America stanno continuando ad affrontare le minacce dei terroristi, talvolta anche nostri connazionali. Quando alcune persone imbracciano le armi e si uniscono ad Al Qaeda per organizzare attacchi contro altri cittadini americani, non può che esservi una sola realistica ed appropriata risposta”.

Le riflessioni di Holder sembrano corroborare appieno la percezione secondo cui le politiche anti-terrorismo di Obama stiano divenendo ancora più dure di quelle del suo predecessore. Neanche Bush si era spinto ad invocare pubblicamente il diritto unilaterale ad uccidere. E se l’avesse fatto, sarebbe stato considerato – nella migliore delle ipotesi – alla stregua di un sanguinario. Oltretutto, in questi anni l’amministrazione Obama ha proseguito imperterrita ad attaccare con i droni gli obiettivi sensibili in Pakistan, addirittura estendendo il proprio raggio d’azione allo Yemen e alla Somalia.

Insomma, le parole del ministro della Giustizia e gli avvenimenti degli ultimi anni dimostrano una certa reviviscenza delle questioni poste sul tappeto da George W. Bush durante gli otto anni del suo mandato. Ma probabilmente mostrano anche la totale sconfitta dello “Yes, we can”, del sogno obamiano troppo presto considerato dai grandi media Democratici e progressisti speranza di un nuovo sogno americano. Non è andata così, le parole di Holder ne sono la prova.