Il “dito medio” di Cattelan? Somiglia tanto al “V-Day” di Beppe Grillo

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Il “dito medio” di Cattelan? Somiglia tanto al “V-Day” di Beppe Grillo

26 Settembre 2010

A sollevare il dito medio contro il simbolo del potere finanziario italiano – la Borsa di Milano – ci avranno pensato in molti, durante la tempesta economica di questi anni. Ma nessuno aveva ancora pensato di erigere una gigantesca mano con quattro dita mozzate, e il relativo dito medio proteso verso il cielo, di fronte a Piazza Affari. Si tratta dell’ultima provocazione di Maurizio Cattelan, lo scultore che, nel bene e nel male, continua a sorprendere, riuscendo soprattutto a far parlare di sé.

Alla fine degli anni Novanta, l’artista veneto aveva esaltato alcuni e indignato altri con "La nona ora", rappresentando Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite. Successivamente era arrivato "Him", un Hitler inginocchiato e orante. Adesso Cattelan si ritrova al centro delle polemiche dopo aver svelato al mondo la sua ultima trovata, "L.O.V.E.", appunto, undici metri per sei tonnellate di marmo di Carrara (che finiscono nel suddetto dito medio) dalle svariate possibilità interpretative. “Spero che la piantiate con le polemiche”, taglia corto l’autore, perché questo è il bello dell’arte – suggerisce Finazzer Flory, Assessore alla Cultura di Milano – deve essere l’opera a parlare.

Ma a pensarci bene, dov’è la sorpresa? Va bene la goliardia, aggiungiamo pure lo spirito di protesta e ci può anche stare la sfida a quei manager che negli ultimi anni non è che abbiano poi brillato per grande lucidità. Ma diciamocelo, un certo sperimentalismo che punta tutto sullo sconcerto sembra aver perso il suo smalto. Come dire, il dito medio di Cattelan non è molto dissimile dallo spirito che animava, ed anima, il “Vaffanculo Day” di un Beppe Grillo. Toni furenti, grande sconquasso, pubblico in visibilio, ma in fondo basta questo a trasformare un pezzo di marmo in opera d’arte? Tanto più che quel dito medio ormai non ha più niente di dissacrante, usandolo gli italiani quotidianamente e in modo gratuito, a lavoro, a casa, per strada, come se niente fosse.

Più che arte sperimentale, quindi, l’opera di Cattelan sembra il prodotto – furbetto – del dilagante populismo dei tempi nostri, un modo per dar voce al malcontento sempre più diffuso esasperandone i toni e i modi. Cattelan, come Grillo, è un maestro del “pop” più sfacciato e rumoroso. “Asino tra i dottori di sociologia”, si definisce così, non è chiaro se voglia scioccare o più semplicemente amplificare la nostra scontatezza. Estetica ed etica, si sa, dopo le avanguardie sono diventate rette parallele che sembrano non incontrarsi più. Cattelan non si fa certo problemi del genere. Forse qualcuno dovrebbe al posto suo.