“Il documentario della BBC è tre volte falso”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

“Il documentario della BBC è tre volte falso”

24 Maggio 2007


Intervista a Massimo Introvigne di Cristiana Vivenzio

“Solo la rabbia laicista dopo il Family Day può spiegare perché, all’improvviso, un documentario della fine del 2006 ha cominciato a circolare su Internet con sottotitoli italiani, e i vari Santoro hanno cominciato ad agitarsi. Il documentario è merce avariata: quando uscì fu subito fatto a pezzi dagli specialisti di diritto canonico, in quanto confonde diritto della Chiesa e diritto dello Stato”. Massimo Introvigne, presidente del Cesnur (Centro Studi sulle Nuove Religioni), attacca a trecentosessanta gradi e porta le prove che quello della BBC è un documento falso. Per questo si è fatto promotore di un appello, già sottoscritto da una decina di parlamentari e da oltre cinquanta esponenti della cultura italiana, che verrà reso pubblico nella giornata di domani, e che invita i dirigenti della Rai e della Commissione parlamentare di vigilanza affinché il documento non venga mandato in onda in una “rete pubblica sostenuta dal canone di tutti gli italiani”. Nessuna censura, si tratta solo di “selezionare il materiale che viene mandato in onda. La cattiva qualità non può trovare spazio in sedi prestigiose, come la Rai o Mediaset. Se poi pensiamo che il canone siamo noi a pagarlo, a garanzia della qualità di informazione, allora tutto è ancor più grave”.

Certamente il video della BBC apre una questione giuridica prima che morale: a chi spetta la giurisdizione nelle cause penalmente perseguibili?

La Chiesa ha un suo diritto penale, che si occupa tra l’altro delle infrazioni commesse da sacerdoti e delle relative sanzioni, dalla sospensione a divinis alla scomunica. Queste pene non c’entrano con lo Stato, anche se potrà capitare che un sacerdote colpevole di un delitto che cade anche sotto le leggi civili sia giudicato due volte: dalla Chiesa, che lo ridurrà allo stato laicale, e dallo Stato, che lo metterà in prigione”.

Nell’appello lei entra nel merito del video della BBC e racconta perché quel video è palesemente inattendibile.

Il documentario afferma tre volte il falso: presenta come segreto un documento del tutto pubblico e palese; attacca Benedetto XVI (per i laicisti il Papa “buono” è sempre quello morto), ma non spiega che la De delictis gravioribus, firmata il 18 maggio 2001 dal cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha l’unico scopo di dare esecuzione pratica alle norme promulgate con la lettera apostolica di Giovanni Paolo II (Sacramentorum sanctitatis tutela); lascia intendere al telespettatore sprovveduto che quando la Chiesa afferma che i processi relativi a certi “crimini più gravi, tra cui alcuni di natura sessuale, sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede, intende con questo dare istruzione ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e tenerli nascosti”.

Ciò significa che un reato è sempre reato, e che la Chiesa non protegge i “suoi” dalla giurisdizione penale dello Stato in cui il reato viene commesso?

Al contrario, è del tutto evidente che questi documenti, una volta instaurato un giudizio ecclesiastico e quindi a norma del diritto canonico, si occupano del problema di a chi spetta la competenza fra Congregazione per la Dottrina della Fede, che in questi casi agisce “in qualità di tribunale apostolico”, e altri tribunali ecclesiastici. Questi documenti, invece, non si occupano affatto – né potrebbero farlo, vista la loro natura – delle denunzie e dei provvedimenti dei tribunali civili degli Stati. A chiunque conosca, anche minimamente, il funzionamento della Chiesa cattolica è evidente che quando i due documenti scrivono che “questi delitti sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede” la parola “esclusiva” significa “che esclude la competenza di altri tribunali ecclesiastici” e non – come vuole far credere il documentario – “che esclude la competenza dei tribunali degli Stati, a cui terremo nascoste queste vicende anche qualora si tratti di delitti previsti e puniti delle leggi dello Stato”.

Quindi , lei dice che di fatto l’ordinamento giuridico degli Stati non c’entra?

È esattamente così.

Ma il documentario della BBC si riferisce anche all’istruzione riguardante il cosiddetto Crimen sollicitationis, letteralmente il crimine di provocazione.

Quell’istruzione fu emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede – che allora si chiamava Sant’Uffizio – il 16 marzo 1962, durante il pontificato del Beato Giovanni XXIII” prima, dunque, che alla Congregazione arrivasse Joseph Ratzinger che all’epoca faceva il professore di teologia in Germania e quindi, com’è ovvio, con l’istruzione non c’entra nulla. Questa istruzione, dimenticata per molti anni e riscoperta nel 2001 solo grazie a nuovi documenti, non nasce per occuparsi della pedofilia ma del vecchio problema dei sacerdoti che abusano del sacramento della confessione per intessere relazioni sessuali con le loro penitenti.

E allora dov’è il nesso fondamentale tra Crimen sollicitationis e pedofilia?

In una parte dell’istruzione si afferma che l’applicabilità della stessa normativa prevista per il Crimen sollicitationis si estenda al cosiddetto crimen pessimus, cioè alla relazione sessuale di un sacerdote “con una persona dello stesso sesso”, e nel paragrafo 73 – per analogia con il crimen pessimus – anche ai casi (“quod Deus avertat”, “che Dio ce ne scampi”) in cui un sacerdote dovesse avere relazioni con minori prepuberi (cum impuberibus). Il paragrafo 73 del documento è l’unico mostrato nel documentario, il quale lascia intendere che gli abusi su minori siano il tema principale del documento, mentre il problema non era all’ordine del giorno nel 1962 e l’istruzione gli dedica esattamente mezza riga. Clamorosa è poi la menzogna del documentario quando afferma che la Crimen sollicitationis aveva lo scopo di coprire gli abusi avvolgendoli in una coltre di segretezza tale per cui “la pena per chi rompe il segreto è la scomunica immediata”.

Vale a dire?

È precisamente il contrario: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di “denunciarli entro un mese” sulla base di una normativa che risale del resto al lontano anno 1741. Il paragrafo 17 estende l’obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia “notizia certa” degli abusi. Il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all’obbligo di denuncia dei paragrafi 16 e 17 “incorre nella scomunica”. Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia.

Ma nel documentario si fa riferimento anche ad una sorta di cortina del silenzio che cala dall’alto sui reati più inverecondi.

L’istruzione dispone che i relativi processi si svolgano a porte chiuse,ma a tutela della riservatezza delle vittime, dei testimoni e anche degli imputati, tanto più se eventualmente innocenti. Non si tratta evidentemente dell’unico caso di processi a porte chiuse, né nell’ordinamento ecclesiastico né in quelli statuali. Quanto al carattere “segreto” del documento, menzionato nel testo, si tratta di un “segreto” giustificato dalla delicatezza della materia ma molto relativo, dal momento che fu trasmesso ai vescovi di tutto il mondo. Comunque sia, oggi il documento non è più segreto, dal momento che – stimolati dalla lettura dei documenti del 2001 – avvocati in cause contro sacerdoti accusati di pedofilia negli Stati Uniti ne chiesero alle diocesi il deposito negli atti di processi che sono diventati pubblici.

Lei pensa dunque che sia tutta una macchinazione costruita ad hoc?

Io credo che su questi temi la confusione, intrattenuta ad arte per gettare fango sul Papa, è solo frutto del pregiudizio.