Il doppio passo del Cav. agita il Pdl. Presidenzialismo e legge elettorale sul tavolo bipartisan

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Il doppio passo del Cav. agita il Pdl. Presidenzialismo e legge elettorale sul tavolo bipartisan

23 Maggio 2012

Doppio passo. Prima spariglia, poi ricompone. Quel “non so se resterò in campo” arriva da Bruxelles a Via dell’Umiltà in un nano-secondo: ed è subito bagarre. Dicono che pure Alfano sia rimasto di sale e con lui i ‘quarantenni’ che chiedono il rinnovamento, al punto che Berlusconi corregge il tiro smentendo qualsiasi ipotesi di ricandidatura nel 2013. Bondi scrive le sue dimissioni da coordinatore subito respinte e poi c’è mezzo partito in pressing perché sia definita un’offerta politica, ben più urgente del ‘restayling’.

Giornata convulsa per il Pdl.  Al mattino il vertice con lo stato maggiore del partito prima di volare a Bruxelles con quello del Ppe. Tema: ridisegnare il partito. Tutti d’accordo, ma come? E qui le ricette si affastellano. Se quelli dello ‘spirito del ‘94’ come Scajola o Galan vorrebbero azzerare tutto (classe dirigente compresa) per ripartire con il vecchio schema che fece ‘esplodere’ i consensi per Forza Italia; gli altri di An ma pure tra i forzisti, di “spezzatini” non ne vogliono sapere (leggi Matteoli), fermi sul fatto che il Pdl “non si tocca” perché si può tornare a vincere solo se si sta uniti. Dunque, niente frazionamenti o federazioni – pare di capire – ipotesi ritenuta pericolosa in quanto rischia di agevolare la scomposizione del partito. In realtà c’è pure lo scetticismo ex aennino nei confronti di quel cantiere dei moderati al quale il Cav. anche ieri ha richiamato tutti al massimo impegno. Unica via per contrastare tra meno di un anno la sinistra oggi in vantaggio.

E’ una chiamata per Casini e per Montezemolo al quale il Cav. sconsiglia di buttarsi in politica ma subito dopo colloca nella casa dei moderati. Della serie: uno come lui non può che stare da questa parte. Il diretto interessato dice che sta lì lì per compiere il grande passo (politico) ma che non si presterà a manovre ‘gattopardesche’.

Il fatto è che dentro il Pdl l’idea montezemoliana non entusiasma granchè, o quantomeno è tema di discussione rispetto al quale le opinioni divergono. Dubbi, insomma. I rumors di Palazzo raccontano che il primo a storcere il naso sarebbe lo stesso Alfano che ieri al Cav. avrebbe chiesto ‘lumi’ sul chi decide cosa. A maggior ragione adesso che c’è da dettagliare la ‘novità politica’ annunciata prima delle amministrative e proprio ora che c’è da ridisegnare il partito e cercare di ‘quagliare’ i contatti coi centristi. Il segretario non vuole rinnovare a colpi di ghigliottina e lo dice chiaro quando parla di ‘pozzi avvelenati’. Messaggio per il quotidiano-partito, cioè Repubblica che scrive di un Pdl ad un passo dall’implosione dopo la batosta elettorale e soffia sul fuoco di quanti vorrebbero ‘rottamare’ la classe dirigente a prescindere. Messaggio interno, a quanti vorrebbero spazzare via gli attuali assetti.

 Sandro Bondi invia al vertice di Palazzo Grazioli la sua lettera di dimissioni, indisponibile a finire nel tritacarne mediatico e politico. Un gesto forte che agita i ranghi pidiellini, ma che Alfano e Berlusconi stoppano sul nascere rispendendolo al mittente.

Il punto, però, è un altro: è l’offerta politica da rilanciare per riportare dalla propria parte quello zoccolo di elettori delusi che stavolta non sono andati a votare o comunque non hanno votato Pdl. E’ il tasto sul quale batte Fabrizio Cicchitto quando spiega che si possono fare “tutti gli esercizi possibili e immaginabili di spacchettamenti, rottamazioni, dimissioni e quant’altro, ma se non prendiamo coscienza che il problema fondamentale è quello della linea politica e programmatica che è la ragione di fondo per cui i partiti vincono o perdono. Alfano è la personalità in grado di portarci fuori da questa situazione di difficoltà, purchè fare tutte le scelte che ritenga necessarie”. Il riferimento, seppure indiretto, è all’ala oltranzista del partito che soffia su azzeramenti e ripartenze (compresa l’idea di staccare la spina a Monti). Nel mirino delle colombe ci sarebbero, soprattutto,  le pasionarie Santanchè e Brambilla.

Del resto, Berlusconi non ha mai fatto mistero del fatto che il Pdl così com’è non è più attrattivo e tuttavia sa bene che una ‘rivoluzione’ interna dell’organigramma esporrebbe il Pdl a una fase rischiosa di tensioni. Proprio adesso che c’è da decidere il da farsi e l’unico da farsi del quale tutti (chi più chi meno) si dicono convinti è lo schema di un grande rassemblement dei moderati, ovvero di tutti coloro che non vogliono consegnare il Paese alla sinistra. Berlusconi assicura di voler “fare il necessario per il bene dei moderati”. Un invito, il suo al senso di responsabilità rivolto a quanti – Casini in primis – stanno nel Ppe europeo. Eppure col leader centrista c’è un problema di fondo: Casini è pronto a fare la sua parte ma senza Berlusconi in campo. Berlusconi la considera una pregiudiziale inaccettabile. Stand by.

Non solo. Oltre alle alleanze e alle velleità del Cav. c’è un altro nodo da sciogliere: la legge elettorale. Alfano presenterà un documento nel quale proporrà al Pd (ma non solo) di modificare il Porcellum insieme alla Costituzione. Il modello sul quale si ragiona è la Francia, schema che i democrat vorrebbero mutuare. La contropartita politica sarebbe la modifica dell’assetto costituzionale. La proposta di Alfano ruota attorno al presidenzialismo, riforma che garantirebbe al Paese governabilità e stabilità. Un vecchio pallino del Cav. che più che a Palazzo Chigi, sembra guardare con un certo interesse al Quirinale.