Il dramma delle comunità cristiane in Medio Oriente

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Il dramma delle comunità cristiane in Medio Oriente

Il dramma delle comunità cristiane in Medio Oriente

06 Giugno 2020

La chiesa orientale, nelle sue diversità di riti e obbedienze (greco-cattolici, ortodossicopti, caldei ecc.), vive in particolare in Medio Oriente, nell’indifferenza generale, uno dei momenti più tragici e difficili della sua storia.

Siamo quasi al punto di non ritorno. Penso di non esagerare affermando che se il Medio Oriente, culla della cristianità, verrà – Dio non voglia – svuotato della presenza cristiana, questo rappresenterebbe una catastrofe per il Mediterraneo, l’Europa e non solo.

Per comprendere il senso di questa impegnativa affermazione bisogna ripercorrere rapidamente la storia dei cristiani in Medio Oriente e il loro fondamentale ruolo quale argine al diffondersi dell’estremismo e del terrorismo islamista nel mondo.

È noto a tutti che fino all’invasione arabo-islamica nel 615 d.C., l’intera area compresa tra i due fiumi Eufrate e Nilo (Israele, Palestina, Siria, Libano e una parte dell’attuale Iraq e dell’Egitto) era quasi interamente cristiana, con una piccola minoranza ebraica (circa il 5%). Il califfato della prima dinastia islamica degli Omayyadi (661-752) con capitale Damasco, comprende da subito il contributo che possono dare i cristiani alla costruzione del nuovo impero,cosi affida loro ruoli molto importanti: saranno infatti letterati cristiani a tradurre i testi greci e latini in arabo, saranno cristiani gli architetti e i medici della corte e in generale gli uomini più influenti della cerchia del Califfo, e saranno altresì cristiane le famiglie più ricche di Damasco.

Le cose non cambiano, anzi migliorano con lo spostamento da Damasco a Bagdad della sede del Califfatocon la dinastia degli abbasidi, e uomini di religione cristiana continuano a ricoprire gli incarichi più rilevanti. Pur pagando la “Jizya” come ogni non musulmano appartenente alle fedi del Libro (cristiani ed ebrei), e grazie a califfi illuminati, essi restano una componente fondamentale della società musulmana dell’epoca. Questo non esclude che in alcuni periodi del califfato abbasidi e segnatamente sotto il Califfo Haroun Al Rashid, i cristiani, subendo gli effetti della guerra con i bizantini e il clima di ostilità generatosi, siano costretti a emigrare verso nord fino alle sponde del Mar Nero. Un dato eloquente del clima di pacifica convivenza e rispetto è quello del numero di cristiani che continuava a vivere nella Siria, ben l’80della popolazione residente. Questo finoall’800 d.C., cioè 150 anni dalla conquista islamica della Siria. Bisogna aspettare il 1453 e la caduta di Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, in mano ai Turchi Ottomani e la successiva invasione turca dell’intero Medio Oriente per assistere al declino irrefrenabile dei cristiani in Medio Oriente.

Con l’impero ottomano i cristianicome tutte le minoranze religiose ed etniche della vasta area tra l’Eufratee il Nilo, subiscono una serie infinita di vessazioni prima e massacri poi, come quelli dei cristiani Armeni e dei Caldei a nord-est dell’Eufrate. Viene annientata ogni loro influenza sulla società, che diventa sempre meno laica e più oscurantista e chiusa, situazione questa che costringe un numero elevato di cristiani a emigrare o convertirsi all’Islam. Cosi, alla caduta dell’Impero ottomano, nel 1922,la percentuale dei cristiani nell’area si riduce a non più del 25% circa.

Nell’ultimo periodo dell’Impero Ottomano, alla fine del diciannovesimo e inizio del ventesimo secoloriemergono tuttavia con forza e determinazione il carattere laico e le influenze elleniche, egizianofaraoniche e dell’illuminismo europeo della componente cristiana della società araba del Medio OrienteUomini come Gibran Khalil Gibran, Mikhail Naimey, Rashid Aiub e molti altri daranno un fondamentale impulso laico e liberatorio a quella società. Dopo 400 anni di oscurantismo nascono case editrici guidate da intellettuali arabi di religione cristiana e cultura occidentale. A questo proposito cito il giornale egiziano Al-Ahram, che troviamo in edicola tuttoggifondato nel 1875 da Salim e Bshara Taqla, e la rivista scientifica Al-Muqtataf, guidata da altri due intellettuali cristiani, Nasif e Ibrahim     Al Yazigi. Conseguenza di questo risveglio culturale è stata la nascita del risorgimento culturale e sociale arabo (quella sì è stata una vera primavera araba) guidato, anch’esso, da uomini e donne a maggioranza cristiana come Salameh Mussa, Michel Aflaq, Antoine Saade, George Trabishi, Klofis Maqsoudche hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del Medio Oriente: è grazie a quel seme fecondo gettato nella società araba mediorientale se, oggi, il califfato di Isis-Daesh e uomini come Al Bagdadi, Bin Laden e Alzwahiri non dominano Siria, Iraq, Libano e l’intera sponda sud del Mediterraneo.

Dal 1975 in poi, anno della guerra civile libanese, passando per l’invasione americana dell’Iraq e la guerra “universale” contro lo stato siriano, i cristiani del Medio Oriente, come gran parte degli sventurati abitanti di quelle terre, hanno conosciuto solo miseria, morte e violenze, costretti a scegliere tra l’umiliazione a casa loro o l’abbandono delle loro case, le loro chiese e i loro affetti più cari; affetti che hanno difeso per più di duemila anni contro ogni sorta di avversità. Oggi il numero dei cristiani in Medio Oriente ha toccato il minimo storico del 5% della popolazione residente. 

Snon vogliamo che il pensiero democratico e liberale venga estirpato dai confini sud-est dell’Europa, e se vogliamo che il terrorismo di matrice islamista venga sconfitto, dobbiamo difendere la presenza millenaria dei cristiani in quella parte del mondo, area estremamente importante per la sopravvivenza di questo nostro vecchio continente.