Il due volti dello stesso Occidente
24 Maggio 2008
“Nonostante la persistente diversità degli stati e delle regioni che ne fanno parte, una società europea è in formazione” sostiene Alberto Martinelli. Di comparazioni fra i due versanti dell’Atlantico – fra l’Europa e l’America (del Nord), fra il Vecchio e il Nuovo continente, fra Venere (l’Europa) e Marte (gli Stati Uniti), quest’ultime le icone preferite da coloro che cercano un emblema delle rispettive attitudini – ne sono state scritte molte, in ambito scientifico e non; poche di esse, anzi pochissime, muovono però da questa premessa: una società europea unitaria e comune è in fieri, non è arbitrario quindi stabilire fin d’ora un parallelo con la realtà americana.
Martinelli si è dottorato a Berkley negli anni Sessanta con una tesi sull’università americana in rapporto al sistema di potere in cui è radicata ed è stato, fino a pochi anni fa, presidente dell’International Sociological Association. Non ha quindi uno sguardo provinciale verso questi temi: non a caso lo studio in questione – che ha comparato empiricamente la sfera economica, la disuguaglianza, la famiglia, i sistemi politici e le architetture istituzionali, la protezione sociale, il cambiamento dei valori, la religione e le città dell’Unione Europea (a 15) e degli Stati Uniti – è il corposo prodotto di diversi anni di lavoro del Comparative Charting of Social Change Group (CCSC), un gruppo internazionale di ricerca a cui partecipano studiosi di entrambe le sponde dell’Atlantico.
L’assunto da cui muove l’indagine, infatti, non è solo quello di considerare l’Unione Europa come un’unica società e di concepire i diversi paesi membri come regioni o parti di un unico sistema integrato, ma anche quello di dare un significato pregnante al termine “Occidente”, assumendo l’Europa e gli Stati Uniti come due varianti di una stessa civiltà: la modernità occidentale.
Riprendendo i fili di una sua recente monografia (La modernizzazione, Laterza, 1998), Martinelli sostiene che l’interpretazione della modernità affermatasi in Occidente, in positivo, fa sponda sul razionalismo e sul binomio individualismo/soggettività, mentre in negativo è gravata dall’aver smarrito, dalla cultura greca, il concetto di limite; la modernità occidentale è ben simboleggiata dall’Ulisse dantesco e dal Faust goethiano, è in altre parole quel Prometeo liberato di cui ci ha parlato Shelley con ispirate parole. “La profondità della religione e della filosofia indiana e cinese, la ricchezza del pensiero scientifico e religioso dell’islam, lo sviluppo delle conoscenze astronomiche in Mesopotamia e nell’America precolombiana, sono soltanto alcune prove del fatto che la conoscenza occidentale non è affatto eccezionale. Ciò che è in essa specifico è la sua maggiore propensione a coniugare scoperte scientifiche, invenzioni e innovazioni tecnologiche sotto la pressione costante sia della guerra che della concorrenza commerciale”. Le figure tipiche della modernità occidentale sono il rivoluzionario di Marx, il dandy di Baudelaire, il superuomo di Nietzsche, lo scienziato sociale di Weber, lo straniero di Simmel, l’uomo senza qualità di Musil, il flaneur di Benjamin e nondimeno l’imprenditore di Schumpeter.
Gli Stati Uniti sono nati come rifugio per i perseguitati delle bella religionis dell’Europa riformata, mentre l’Unione Europea, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, ha posto fine alle secolari “guerre civili” europee, che da quattro secoli insanguinavano il Vecchio continente. Per certi aspetti hanno quindi una comune ispirazione all’interno della civiltà occidentale, somiglianza che negli ultimi decenni, e a maggior ragione con la globalizzazione, si è andata accentuando, anche al di là delle intenzioni degli stessi attori. Stati Uniti ed Unione Europea sono capaci, oltre che di competere, di proporre un approccio concettuale e fattivo alla governance globale; e in questo ruolo sono ancora gli unici, atteso che le potenze emergenti, come Cina ed India, sono soggetti competitivi della scena globale, ma, almeno per il momento, non in grado, perché politicamente non legittimate, di farsi promotori degli assetti che presiedono al funzionamento del sistema internazionale.
Senza tacere delle caratteristiche distintive del modello europeo di società rispetto a quello americano – “coniugare unità e diversità, competitività e coesione sociale, interesse europeo e mantenimento della pace nel mondo” – agli scettici che, insieme ad Hegel, fanno notare che storicamente la società civile è venuta dopo lo stato, e quindi sarebbe almeno anacronistico parlare oggi di “società europea”, Martinelli risponde che “con l’Unione Europea si sta tentando di costruire un nuovo tipo di società senza seguire il modello storico degli stati nazionali europei e che questo nuovo modello appare più capace di far fronte alle sfide della globalizzazione contemporanea”. Hic Rodus, hic salta!
Alberto Martinelli (a cura di), L’Occidente allo specchio. Modelli di società a confronto, Università Bocconi Editore, 2008 ( € 30,00 – pp. 505)