Il fantasy è un linguaggio universale e Silvana De Mari lo sa
21 Dicembre 2008
Scrive di elfi, di orchi e di streghe. Spopola sia in Scandinavia che in America Latina, ma non ha nulla a che fare con i draghi di Cristopher Paolini o con i maghetti di Joanne K. Rowling. Lei si chiama Silvana De Mari, è nata a Caserta, è laureata in medicina e per anni si è occupata di chirurgia. Poi, nel 2000, ha deciso di dedicarsi alla scrittura: per Salani è arrivato così il primo libro, L’ultima stella a destra della luna, seguito da La bestia e la bella, tradotto qualche mese dopo in spagnolo. Di lì in avanti, è stata una gragnola di exploit: L’ultimo elfo, datato 2004, è sbarcato nella penisola scandinava, in Sud America, Spagna, Francia, Giappone, Tailandia, Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Irlanda, Australia, Sudafrica, Lettonia Germania, Portogallo, Olanda, Polonia, Romania. E arriverà presto anche nelle librerie di Taiwan e sugli scaffali russi. Tra un best-seller e l’altro, la De Mari ha pure saccheggiato un po’ di premi internazionali (dall’alloro francese dell’Immaginaire quale miglior fantasy del 2005 al riconoscimento dell’American Library Association per il più bel libro straniero per ragazzi del 2006), scatenando corrispondenze infinite, fan club e gruppi di lettura in tutto il globo.
Sul suo successo, la diretta interessata sembra ostentare una certa convinzione: “Sin dall’inizio ne sono stata sicura. Del mestiere di scrittore deve far parte oltre che la passione anche una discreta dose di arroganza, spettacolare parola che con la forza delle erre e della zeta afferma la sicurezza che le cose che scriviamo noi non le aveva scritte nessun altro e nessun altro avrebbe potuto. Senza questa passione e questa arroganza il nostro lavoro diverrebbe solamente una serie di alberi inutilmente abbattuti, una strepitosa produzione di imbottiture per i contenitori di carta da riciclare”.
La Salani, che una decina di anni fa ha scommesso sul suo talento, si ritrova così tra le mani una delle poche scrittrici italiane che spopolano oltre confine. Con un pubblico così diverso (le sue storie sono arrivate in almeno tre continenti), ci sarebbe dunque da scommettere che le reazioni e gli umori dei lettori cambino da confine a confine. E invece no: la madama del fantasy in salsa italica è convinta che tra i fan di Roma e quelli di Rio non ci sia alcuna differenza. Anzi: “Il fantasy è un linguaggio universale. Come diceva Tolkien, noi parliamo non di lampadine ma di fulmini. Aveva ragione: le lettere che mi scrivono i lettori italiani trattano gli stessi temi di quelle che mi scrivono dagli altri paesi. La frase ‘mi sono identificato con Yorsh perché i miei compagni non ne vogliono sapere di me’, ad esempio, mi è stata scritta in più di una lingua. Mentre la leggevo, mi sono ricordata della mia infanzia: a causa del lavoro di mio padre ogni paio di anni andavo in una nuova scuola, in una nuova città. Una formidabile carriera come diverso, quello di cui i compagni non ne vogliono sapere. Ecco perché ho scritto di Yorsh. Ed ecco perché con questa storia sono riuscita a consolare i diversi e gli scomunicati dall’altra parte del mondo”.
Di recente, la De Mari è tornata in libreria con Gli ultimi incantesimi, una storia di regine e guerrieri sempre per i tipi dell’editore del gruppo Mauri Spagnol. Chissà se con l’ultima fatica riuscirà a superare quota 25: a tanto, più o meno, dovrebbero infatti ammontare i paesi in cui sono stati tradotti i suoi libri.