Il fenomeno dell’homeschooling impone di riflettere sul pluralismo

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Il fenomeno dell’homeschooling impone di riflettere sul pluralismo

05 Gennaio 2012

Parte dell’inaspettato successo riscosso dall’outsider Rick Santorum ai caucus repubblicani dell’Iowa è dovuto al supporto dei cosiddetti homeschoolers, genitori che per motivi politici o religiosi preferiscono provvedere in casa all’istruzione dei figli, piuttosto che affidarli a istituti dove vengono educati secondo valori diversi da quelli condivisi in famiglia.

Il conservatore italoamericano è l’unico candidato del GOP ad aver partecipato alla Homeschooling Conference dell’Iowa e la strategia, a quanto pare mossa da una sincera convergenza di vedute, si è rivelata vantaggiosa per un Santorum che ha tenuto testa al vincitore Romney fino alle ultime battute della contesa elettorale.

Quella che nel Vecchio Continente appare stravagante è in realtà una pratica molto diffusa negli Stati Uniti, talvolta incoraggiata dalle enormi distanze che molti studenti devono coprire ogni giorno per raggiungere l’istituto scolastico più vicino agli sperduti villaggi di un’America a noi poco nota.

I principali sostenitori dell’homeschooling sono i fautori del Disegno Intelligente, che intendono insegnare ai propri figli una teoria riconosciuta soltanto come pseudoscientifica e di cui è stato vietato l’insegnamento nelle scuole, e i libertari, che si rifiutano di affidare l’educazione dei bambini a una didattica imposta da terzi.

In una società libera, la scelta di farsi personalmente carico dell’istruzione dei propri bambini non deve essere censurata, tuttavia la pratica dell’homeschooling ha il difetto di non considerare a sufficienza il valore che ha per lo studente la scuola come luogo di socializzazione e apprendimento delle principali norme sociali. Il confronto con coetanei di differente estrazione culturale e sociale arricchisce i bambini e li rende più propensi al dialogo e al pluralismo su cui si fonda una società aperta; l’isolamento, al contrario, inaridisce e divide.

Inoltre, l’homeschoooling si nutre dell’utopica pretesa di poter tenere i giovani sotto una campana di vetro, al riparo da ciò che i genitori non condividono del mondo esterno, come se in una società complessa si potesse preservare l’individuo dall’entrare in contatto con principi e valori differenti da quelli con cui è stato cresciuto e talvolta apprezzarli e farli propri. Per giunta, l’insegnamento impartito da una coppia di genitori, in una società ove la conoscenza è fortemente dispersa, non sarà mai tanto proficuo quanto quello delle decine di insegnanti che un alunno incontra lungo il percorso scolastico.

Tuttavia, il rifiuto di milioni di genitori americani di lasciare che i propri figli vengano educati soltanto secondo ciò che lo Stato reputa corretto, pone un evidente problema di diritto al pluralismo in un America sempre più multiculturale. Per questo l’homeschooling è una grande forma di protesta nei confronti di certa egemonia culturale e può essere intesa come strumento di libertà se vista come punto di partenza verso la rivendicazione di un sistema scolastico pluralista, composto da numerosi metodi d’insegnamento in libera concorrenza tra loro. Intenderlo però come punto di arrivo rischia di essere una reazione alla modernità, nociva per la crescita e l’emancipazione degli alunni.

I milioni di homeschoolers che sosterranno la campagna di Rick Santorum per la nomination repubblicana hanno la responsabilità di tradurre una protesta legittima in una proposta politica per una società più libera e plurale, simile all’immagine della città illuminata sulla collina che ha accompagnato la presidenza di Reagan, senza dover più ricorrere a modelli pedagogici antimoderni.