Il Forum dell’Intercultura per Napoli non è un successo

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Il Forum dell’Intercultura per Napoli non è un successo

08 Gennaio 2008

C’è chi non è d’accordo. C’è chi proprio non riesce a
giustificare i toni trionfalistici per un forum delle interculture che già in
altri paesi ha rappresentato un fallimento. Quello di Barcellona nel 2004 sarà
ricordato soprattutto per le contestazioni di Green Peace e Amnesty
International contro un forte intervento edilizio nelle zone interessante dal
meeting. Ma non importa. Napoli ha finalmente il suo grande evento con cui
metabolizzare le sconfitte. Dopo aver perso l’Expo, la Coppa America e i Giochi
del Mediterraneo, ha potuto stappare il suo champagne.

Un evento di seconda fascia, secondo alcuni. Tuttavia quanto
basta per dare l’idea di un nuovo G7 a cui affidare le speranze di rinascita
della città. Meridionalisti autorevoli come Giuseppe Galasso e Francesco
Compagna, invece, da sempre stroncano l’idea di Napoli come traino del
Mediterraneo.

In un recente articolo apparso sul Corriere del Mezzogiorno,
Galasso ha ribadito la necessità di non emarginare il “problema Meridione” ma
di inserirlo in una politica nazionale ed europea.

La riflessione nasceva a pochi giorni dall’assegnazione
dell’Intercultura a Napoli. Non a caso.

Alla base delle critiche c’è la convinzione che lo sviluppo
del Meridione non può passare attraverso modelli diversi da quelli occidentali.
Organizzazione economica di tipo industriale, infrastrutture, alta
alfabetizzazione scolastica e ricerca scientifica restano i parametri oggettivi
dello sviluppo. In decine di pubblicazioni (tra cui Mezzogiorno d’Europa, La
coda dell’Europa, L’altra Europa) si dimostra come sia utopia pensare al Sud e
ancor più a Napoli come il Nord del Mezzogiorno. Non ne ha la forza. “Napoli
non può essere capolinea di niente se non risolve prima il suo sottosviluppo”.
Un termine, quest’ultimo, rispolverato dal professor Eugenio Capozzi, docente
di Storia presso la facoltà di Lettere del Suor Orsola Benincasa.
“Sottosviluppati siamo noi e non possiamo trainare chi sta peggio di noi.
Rischiamo di livellarci verso il basso. Basta consultare i dati del digital
divide di chi vi parteciperà per capire l’arretratezza di questi mondi ”.

E’ la questione meridionale che torna prepotentemente
d’attualità. Nel 1954 in un articolo pubblicato sulla rivista “Nord e Sud”
fondata da Francesco Compagna, fu Ugo La Malfa a dire che il Mezzogiorno
d’Italia e d’Europa sono aree sottosviluppate, occidenti decaduti perché
“realizzati solo dal punto di vista culturale ma non sul terreno economico e
sociale”. Chi oggi guarda con scetticismo all’assegnazione del Forum a Napoli,
idealmente ha come riferimento quel pensiero, datato quanto attuale. Chi oggi è
scettico verso questo tipo di manifestazione pensa che l’integrazione passi non
attraverso l’interazione di “due aree sottosviluppate e depresse” ma attraverso
politiche massicce di investimento coordinate a livello europeo. L’integrazione
si fa attraendo forze nuove con modelli forti. Modelli che, secondo gli
storici, la Napoli di oggi non possiede.