Il funerale di Ncd

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Il funerale di Ncd

19 Marzo 2017

Ei fu. Ncd, il Nuovo Centro Destra è morto giovane, e ieri Alfano ne ha sancito, senza particolare sofferenza, la fine. Anche Enrico Lucci, conduttore televisivo noto per aver fatto parte delle Iene, ne ha dato notizia, inscenando un funerale con tanto di carro, e seguito di amici addolorati e piangenti, diffondendo un necrologio che recita: “l’Italia piange disperatamente la dipartita di un pilastro della democrazia e del buongoverno.”

L’idea degli alfaniani, veramente, era quella di una immediata rinascita, mostrando al mondo un partito “più grande e più forte che pria”, e chiamando a raccolta tutti i centristi e gli aspiranti centristi d’Italia. L’operazione, però, annunciata dal solito Alfano qualche giorno prima, non è riuscita. Al capezzale di Ncd non è venuto nessuno di quelli convocati e sollecitati, nè a destra nè a sinistra. 

“Uniamoci e poi sia il popolo a scegliere il leader” ha proclamato il ministro degli esteri, ventilando un proprio passo indietro, ma anche questa proposta non ha avuto il successo sperato. Come in un funerale vero, gli amici hanno inviato messaggi, ma di impegni per il futuro non se ne parla. Tra i tanti esuli e senza patria che oggi, con la dissoluzione del potere renziano, cercano sponde e riferimenti, nessuno ha ritenuto di imbarcarsi con la nuova creatura nata dalle spoglie di Ncd, e battezzata, con grande fantasia, Alternativa Popolare

Non ha aderito quello che resta della diaspora di Scelta civica, da Dellai a Monchiero, né  Portas, né il gruppetto dei casiniani, da poco separati dall’Udc di Cesa, e tantomeno Fitto o Quagliariello. Le parole entusiaste dei fedeli di Alfano non riescono a nascondere il fallimento del suo progetto politico, spazzato via dal voto referendario e dal declino del “bulletto di Rignano sull’Arno”. 

Il peso di Ncd nella politica renziana è stato, purtroppo, vicino allo zero, e all’opinione pubblica il partito che era nato con l’ambizione di ricostruire il centrodestra è apparso solo come un gruppo senza più idee e obiettivi forti, da tacitare a suon di poltrone e poltroncine. Qualche giorno fa, a Roccaraso, Alfano ha provato a rivendicare il proprio ruolo nel governo Renzi: “Sotto il maglione ho le cicatrici per le lotte affrontate in difesa dei valori”, ha detto. 

Sotto il maglione? Sul web, dove i commenti sono impietosi ma spesso colpiscono nel segno, qualcuno ha chiosato: “Le cicatrici? Sì, quelle delle piaghe da decubito venute stando sempre attaccato alla poltrona!”.