Il fuorionda di Fini fa infuriare il Cav. che vuole un chiarimento “pubblico”
01 Dicembre 2009
Il fuorionda di Fini col procuratore Trifuoggi manda su tutte le furie il Cav. e segna l’ennesimo strappo tra i due. Al punto che il Pdl chiede al presidente della Camera un chiarimento “pubblico e tempestivo” delle sue parole. I fatti: 6 novembre scorso, Gianfranco Fini è a Pescara per la cerimonia di consegna del premio Borsellino, seduto vicino al capo della procura della città abruzzese Nicola Trifuoggi. Nella conversazione tra Fini non risparmia critiche al premier. Parole rese pubbliche solo oggi e messe in rete dal sito Repubblica.it .
Berlusconi, commenta il presidente della Camera nel fuorionda, “confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo: magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, capo dello Stato, Parlamento”. E non basta la precisazione del portavoce di Fini a far rientrare l’incidente, tanto che nel pomeriggio sul caso viene convocata in tutta fretta una riunione dei vertici del Pdl per decidere il da farsi. Il clima non è affatto disteso anche perché le parole di Fini che del premier dice “confonde la leadership con la monarchia assoluta… in privato gli ho detto: ricordati che gli hanno tagliato la testa… quindi ‘statte quieto’ “, nei ranghi del Pdl suscitano più di un malumore. Come quando il procuratore di Pescara osserva che il premier “è nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore romano” e Fini ironizza riprendendo un passaggio del discorso di Aldo Pecora (portavoce del movimento antimafia "Ammazzateci tutti") che dice: “Noi siamo di passaggio, qua nessuno è eterno, non si vive in eterno”. E Fini commenta: “Se ti sente il presidente del Consiglio si incazza…”.
A complicare il quadro c’è il fatto che quel 6 novembre a Pescara, Fini parla anche delle rivelazioni del pentito Spatuzza citando il vicepresidente del Csm Nicola Mancino. A Trifuoggi il presidente della Camera dice che le rivelazioni del pentito di mafia sono “una bomba atomica” e si augura che siano riscontrate con tutto lo ”scrupolo” del caso. Poi parla delle persone coinvolte: ”Lei lo sapra’… Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro dell’Interno, e di… uno è vicepresidente del Csm, e l’altro è il presidente del Consiglio”. L’interlocutore risponde: “Però comunque si devono fare queste indagini” e Fini aggiunge: “Ci mancherebbe altro”. Proprio l’inquilino di Montecitorio è stato costretto nel pomeriggio a telefonare a Mancino , a sua volta molto risentito dell’accaduto (“ignoro il contenuto delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sul mio conto; ribadisco l’assoluta mia estraneità ad ogni forma di coinvolgimento nella presunta trattativa Stato-mafia, che, se avvenuta, non è stata mai portata alla mia conoscenza”, dichiara a Repubblica.it), per tentare di disinnescare la miccia.
Fini ha spiegato al vicepresidente del Csm di aver fatto confusione attribuendo a Spatuzza quanto aveva detto in un primo tempo il figlio del sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, a proposito della trattativa tra lo Stato e la mafia (dichiarazioni note, per le quali Mancino aveva querelato Ciancimino junior). Un gesto chiarificatore ma altrettanto, fanno notare nelle file pidielline, Fini non ha fatto con Berlusconi che dal suo entourage viene descritto come “infuriato, amareggiato e deluso” per quanto detto in quel fuorionda dal co-fondatore del Pdl. Sentimenti che il Cav. non avrebbe nascosto nella telefonata ai vertici del partito riuniti a via dell’Umiltà (i coordinatori nazionali e i capigruppo di Camera e Senato) sollecitando la necessità di un “chiarimento pubblico e tempestivo” da parte di Fini perché altrimenti, avrebbe aggiunto il premier, “così non si può andare avanti”.
Durante la riunione, la componente forzista del partito avrebbe criticato senza riserve gli strappi di Fini sottolineando l’esigenza di non lasciar cadere nel vuoto l’ennesima presa di distanza del presidente della Camera. E la nota che il partito attraverso il portavoce Daniele Capezzone affida alle agenzie non è da meno: “Nell’ultimo ufficio di presidenza del Pdl – si legge – ci siamo espressi all’unanimità sull’utilizzo dei cosiddetti ‘pentiti’, sull’uso politico della giustizia, sul tentativo in atto di ribaltare il risultato delle ultime elezioni politiche. Quel documento per tutti noi esprime la linea di fondo del Pdl. Tocca ora al presidente della Camera spiegare il senso delle sue parole e se con quelle ragioni è ancora d’accordo”.