Il G20 decide sui bonus ai banchieri ma non sulla exit strategy per la crisi
25 Settembre 2009
Il G20 di Pittsburgh sarà ricordato per il primo in cui la politica mette da parte il suo ruolo classico e si inserisce prepotentemente nella sfera economica.
I Venti hanno approvato la riforma dei compensi ai banchieri, dopo mesi di pressione da parte di Francia e Germania. Ma non di soli bonus si è parlato. All’ordine del giorno anche le exit strategy da adottare, un nuovo accordo sul clima e il rinnovamento delle regole della finanza.
Il presidente americano Barack Obama, alla vigilia di Pittsburgh, lo aveva detto: «Siamo qui per cambiare un mondo che ha peggiorato la vita di molti». E in effetti, così è stato.
Via libera al giro di vite sui bonus ai banchieri, che saranno sottoposti a una regolamentazione in base a criteri di produttività a lungo termine. Non più quindi risultati di breve periodo ed elevato rischio finanziario, come invece è stato finora. Il documento presentato ricorda che l’obbligo sarà quello di «limitare i bonus a una certa percentuale dei profitti totali netti, quando non si sia in armonia con il mantenimento di una solida base di capitale». In altre parole, prima si creano le fondamenta della banca, il suo stato patrimoniale, poi si può ipotizzare una ricompensa ai suoi manager. Ma questo cosa comporta? Forse si sposta solamente il problema: dagli artifici contabili e finanziari per arrivare a fine anno con una plusvalenza o un pugno di stock options in più, si passerà alla raffinazione dei bilanci al fine di aumentare coefficienti vari, utili come al solito per le società di rating. Le stesse che prima e durante la crisi hanno mantenuto sempre lo stesso comportamento, come se nulla fosse mutato. Invece, qualcosa è cambiato, prima di Pittsburgh.
Dopo il crack di Lehman Brothers, gli americani hanno recepito il pericolo a fornire troppa corda ad un mondo secondo loro senza regole.
Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, prima del meeting aveva detto: «Vogliamo mettere in piedi un sistema di norme molto rigorose al fine di limitare i prezzi dei rischi indotti dal sistema di remunerazione». La paura, ecco il sentimento cardine delle decisioni del G20. Non un timore ancestrale, bensì nuovo, legato più alle persone che agli strumenti, dopo mesi passati a demonificare proprio quest’ultimi.
Fra prodotti finanziari derivati, cartolarizzazioni e credit default swap, l’opinione pubblica ha cercato, prima di Pittsburgh, di colpevolizzare un mezzo che senza il suo creatore può ben poco. Tuttavia, si è poi passati alle persone molto velocemente, scovando e creando capri espiatori a profusione, arrivando fino a dannare una categoria intera.
La vita è fatta di rischi e i banchieri ne corrono più di altri, è un dato di fatto. Ricompensarli è un dovere e un piacere per chi possiede una banca: il manager gli garantirà risultati e fedeltà. Eppure, questo non è stato capito.
Sul fronte delle exit strategy, invece, poco o nulla di fatto. Si è confermato che «in attesa che si arrivi a una ripresa duratura un ritiro prematuro delle misure di rilancio». Ciò significa che c’è ancora tempo prima di togliere dal mercato tutti i piani di stimolo promossi da oltre 18 mesi.
In compenso, un’importante passo è stato fatto per i paesi in via di sviluppo. Dopo le 403 tonnellate di oro che il Fondo monetario internazionale ha deciso di vendere, si è deciso che il G20 diventerà una sorte di assemblea permanente per la cooperazione economica internazionale, aumentando il potere dei paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Proprio uno dei dirigenti della Banca di Cina ha commentato: «Pensiamo che il cuore della riforma delle istituzioni finanziarie internazionali sia comprendere che i mercati emergenti, i paesi in sviluppo sono sotto rappresentati in queste istituzioni». Il banchiere cinese forse ha ragione.
Un ruolo più corretto per le economie emergenti è quasi d’obbligo, specie alla luce dei risultati raggiunti, ma mediaticamente fa più effetto ridurre gli stipendi ai manager bancari, piuttosto che aumentare quelli degli operai di Mumbai.