Il G8 alza lo scudo fiscale per proteggere i paesi dalla crisi

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Il G8 alza lo scudo fiscale per proteggere i paesi dalla crisi

09 Luglio 2009

Dal G8 dell’Aquila arriva l’accordo sulle nuove regole globali per l’economia che prevedono più trasparenza, regole di correttezza, una nuova morale dell’etica degli affari e maggiore attenzione all’occupazione. Ancora niente di concreto, piuttosto una sorta di vademecum che sarà al vaglio dei leader che si siederanno il prossimo settembre al G20 di Pittsbourgh.

Qualcosa di più dettagliato è emerso sulle politiche da attuare a livello internazionale per contrastare il fenomeno dei paradisi fiscali. «Non possiamo continuare a tollerare – si legge nel documento predisposto al G8 – grosse somme di capitali nascoste per evadere il fisco». Una dichiarazione di guerra che prevede una prima fase nella quale i governi dovranno concedere agli evasori la possibilità di chiudere i conti con il passato. Un riferimento esplicito è alle misure per agevolare il rimpatrio dei capitali illegalmente depositati all’estero. «Diversi Paesi stanno attuando strategie per favorire il rimpatrio volontario dei patrimoni detenuti in giurisdizioni non cooperative – hanno sottolineato i leader del G8 – e si sente la necessità di definire un quadro di discussione per i Paesi interessati».

Come dire: lo scudo fiscale mette tutti d’accordo. Resta da capire, però, perché gli Stati sono favorevoli a una misura che, per quanto la si voglia imbellettare, è pur sempre un condono. Il provvedimento, per sua natura, è impopolare perché rappresenta un colpo di spugna nei confronti di chi, avendo soldi a disposizione anche di dubbia provenienza, ha fatto il furbo a discapito della collettività. La ragione di una tale unanimità di consensi va ricercata nell’emergenza, cioè nella crisi globale e nei problemi che tutti i Paesi affrontano nel mettere in circolo la liquidità necessaria per far ripartire l’economia. Le difficoltà dei conti pubblici e dei sistemi produttivi necessitano di soluzioni drastiche, anche a rischio di polemiche e mugugni da parte delle opposizioni e dell’opinione pubblica.

A questo punto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, di concerto con gli altri Paesi europei, non dovrebbe tardare a definire i dettagli del provvedimento che già era stato predisposto nelle scorse settimane. Lo schema sarà  quello dello scudo fiscale 2001-2002, ma con aliquote molto meno generose di allora. L’obiettivo è destinare gli incassi alla ricostruzione post terremoto che, secondo le stime, richiede almeno una decina di miliardi di euro. La speranza, però, è che nelle casse dello Stato entri una somma addirittura maggiore di quella da stanziare per l’Abruzzo, in modo da poter finanziare ulteriori interventi anti-crisi e dare fiato ai conti pubblici.

Per incassare una cifra considerevole sarà quindi necessario fissare un costo adeguato della sanatoria. Nelle scorse settimane è circolata una bozza di decreto in cui si faceva riferimento ad aliquote superiori al 10%. Se così fosse, il rimpatrio dei capitali sarebbe molto più oneroso rispetto all’ultima edizione dello scudo fiscale, quando l’aliquota unica fissata da Tremonti fu di appena il 2,5%. Allora emersero circa 80 miliardi di euro ma nelle casse dello Stato ne entrarono appena un paio. Questa volta il ministro sarà meno generoso, ma ciò non impedirà il successo dell’operazione, perché l’offensiva del G8 contro i paradisi fiscali spingerà molti contribuenti ad aderire all’iniziativa per scongiurare possibili guai con il Fisco nel prossimo futuro.

Questo discorso vale di più per l’Italia rispetto ad altri Paesi. Si calcola che dei circa 550 miliardi di capitali italiani all’estero, ben 300 siano depositati in Svizzera dove si stanno già aprendo vistose falle sul segreto bancario. Motivo ulteriore per aderire alla sanatoria. Tremonti ha di recente dichiarato di voler aspettare le mosse degli altri Stati europei prima di presentare il provvedimento. La ragione è semplice: il ministro dell’Economia non vuole smentire se stesso, perché ha promesso che la stagione dei condoni deve considerarsi ormai chiusa. Ma quando lo scudo fiscale avrà il marchio ufficiale dell’Unione europea, allora tutte le remore cadranno. Al dicastero di via Venti settembre si attende solo di conoscere quale Paese giocherà d’anticipo.