Il garante lancia l’allarme su intercettazioni e social networks

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Il garante lancia l’allarme su intercettazioni e social networks

17 Luglio 2008

E due. Dopo il presidente dell’Authority per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò – che nella sua relazione annuale ha dato il colpo di grazia a miti ideologici come il duopolio televisivo e la par condicio -, è arrivato il garante per la Privacy, Francesco Pizzetti, a sostenere una tesi altrimenti tacciata di partigianeria berlusconiana: quella dell’anomalia e dell’invasività delle intercettazioni telefoniche diffuse al di fuori dei processi. Ma il punto saliente della relazione annuale di Pizzetti al Parlamento è stato rappresentato da un tema che, per quanto meno legato all’attualità politica, non è meno urgente. L’allarme lanciato dal Garante a proposito dei cosiddetti “social networks”, i servizi di condivisione di contenuti e relazioni che proliferano su Internet, è difatti tutt’altro che trascurabile, specialmente se si pensa che il target di questi servizi è composto per lo più di giovanissimi.

Se una volta i genitori raccomandavano ai figli di non dar confidenza agli sconosciuti, per gli adolescenti di oggi seguire il consiglio risulta pressoché impossibile. Sono gli sconosciuti a popolare la Rete che questi ragazzi frequentano assiduamente; le loro amicizie “reali” rappresentano solo una parte minima, e neppure la più interessante, del loro “giro” virtuale. Espertissimi di tecnologia – non altrettanto dei suoi rischi – sono abituati a diffondere sul Web i propri dati personali e sensibili, sotto forma di notizie, immagini e video. A invogliarli cospira, oltre al naturale esibizionismo dell’età, una certa retorica, cara a molti “guru” mediatici: quella del “navig-autore”, che dappertutto inneggia alla proattività dei “giovani” internauti – contrapposta alla presunta passività dei “vecchi” telespettatori. Da questo punto di vista, nel fenomeno del social networking confluiscono le stesse aspirazioni che conducono un’altra parte della stessa generazione a esporsi in TV nelle scuole-reality per giovani talenti; ma su Internet il miraggio di una facile notorietà è più rapido, più fresco, sa meno di omologato.

Nessuno racconta a questi ragazzi che tutta questa proattività finirà per lo più in nulla; nessuno dice loro con franchezza che, con tutta probabilità, nel mare magnum del Web le loro “creazioni” finiranno per smarrirsi e restare ignote ai più; quel che è peggio, nessuno li mette in guardia contro l’eventualità che i loro dati, dopo esser stati accantonati nell’indifferenza digitale, possano essere un giorno rispolverati e utilizzati contro la stessa persona che li ha messi in circolazione. Il cybercrime di cui ha parlato il Garante rappresenta una branca sempre più prospera della delinquenza comune e organizzata: ma qui non si tratta solo dei pericoli connessi alla sfera sessuale, o finanziaria, incarnati in Rete da malintenzionati pronti a circuire prede più o meno ignare. Il problema sta nella stessa natura di Internet, nato come gigantesca memoria collettiva, che conserva in sé questa origine malgrado tutti gli sviluppi successivi. Come ha sottolineato Pizzetti, la Rete ha la facoltà di conservare le informazioni per un tempo estremamente lungo: ciò che spesso dimenticano i ragazzi, che la usano come amplificatore del proprio ego, senza pensare che potrebbero prima o poi (ad esempio, nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro) avere interesse a far dimenticare quello stesso ego, prima così platealmente sbandierato.

Non che un simile rischio fosse del tutto inesistente prima dell’avvento di Internet: il vecchio amico pronto a distruggere una reputazione raccontando a tutti degli eccessi giovanili è un classico. Ma, come sempre, anche in questo caso la tecnologia moltiplica la possibilità, le offre nuovi appigli e sostegni per trasformarsi in realtà: una realtà che, quanto a spiacevolezza delle conseguenze, ha ben poco di virtuale.