Il gioco di Renzi

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Il gioco di Renzi

31 Agosto 2015

«Non vedo nessun rischio» ha detto il presidente del consiglio Renzi  parlando di elezioni in una intervista concessa al Corriere della Sera. Sulle riforme i numeri ci sono, ha aggiunto, «se vogliamo forzare  possiamo farlo. Ma noi fino alla fine cerchiamo, come sempre, un punto  d’incontro». Una spavalderia che abbiamo imparato a conoscere come il tratto dell’agire politico di Renzi, anche se bisognerebbe essere accorti, i voti ci sono, certo, nessuno lo mette in dubbio, ma il  margine è ristretto, in certe commissioni chiave già si sa che non saranno rose e fiori.

 

La verità è che Renzi ostenta sicurezza ma sta giocando una rischiosa mano di poker. Con due obiettivi collegati tra loro, uno di breve e l’altro di lungo periodo. Da una parte mettere sotto pressione il Parlamento usando come leva l’arma delle elezioni (che quasi nessuno vuole) e ottenere quindi il premio di lista nella nuova legge elettorale senza dover fare troppe concessioni (soprattutto alla sua sinistra). In  secondo luogo, ed è l’obiettivo di sistema, Renzi punta a un Pd maggioritario, un “partito pigliatutto”, vuole costruire un quadro politico dove chi vince governa, senza ulivi, senza coalizioni, senza alleati faticosi da gestire, poco controllabili: “Winner-Take-All”, dicono gli americani. In questo schema Salvini torna comodissimo al leader del Pd. Nel gioco che ha in mente Renzi si vince allargandosi inevitabilmente al centro. Ecco perché Matteo accredita l’altro Matteo come avversario.

 

Ci sono poi Berlusconi e Forza Italia. Nell’intervista, Renzi definisce il Cav. «altalenante» e riflette sull’atteggiamento ondivago di Fi sulle riforme. Sembra avere gioco facile quando dice che i forzisti debbono schiarirsi le idee,  «altrimenti bye bye». Giacché anche Silvio, col Nazareno, ebbe la sua opportunità per provare a costruire un sistema politico-elettorale col premio di coalizione che rafforzasse e rendesse più competitivo il centrodestra. Un sistema che non schiacciasse le forze politiche più piccole degli schieramenti. Ma quando dalle parole si passò ai fatti, con soglie di sbarramento onestamente troppo alte (5 per cento per partiti in coalizione, 8 per cento per quelli non coalizzati, soglia del 12 per le coalizioni), il Cavaliere non mosse un dito, con un calcolo miope, dettato solo da piccole convenienze immediate.

 

Pur di fare lo sgambetto a Ncd e assorbire i partiti più piccoli del centrodestra, Berlusconi ha lasciato a Renzi quello spazio di manovra che ha permesso al presidente del consiglio di andare dritto verso il premio di lista. Ora Silvio si ritrova davanti un Renzi pronto a realizzare davvero, a livello di sistema, quello per cui lui si è sempre battuto: datemi i voti per governare da solo una volta  eletto, senza l’ingombro degli alleati.

 

In autunno capiremo meglio che direzione sta prendendo la politica italiana, se la nostra democrazia potrà trasformarsi in un sistema dove chi vince governa con pieni poteri, senza la necessità di fare accordi. Capiremo anche meglio se il Pd è davvero in grado di sfondare il 40 per cento, recuperando gli elettori persi negli ultimi tempi. Va detto che in Parlamento, quando ci si muove sul filo del rasoio, il gioco può sempre sfuggire di mano. Qualcuno sentendo puzza di  bruciato potrebbe superare il timore di accorciare la legislatura, puntando ad andare al voto con il Consultellum, prima che le riforme siano completate e magari per non ‘subirne’ gli effetti. Certo questo sarebbe il peggiore dei risultati per Renzi.