Il Gop non insegua i ‘cavalieri bianchi’ e scelga uno dei candidati in campo

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Il Gop non insegua i ‘cavalieri bianchi’ e scelga uno dei candidati in campo

02 Marzo 2012

Prima delle primarie di Michigan e Arizona di tre giorni fa, Peter King, membro della House of Representatives, Repubblicano eletto nello Stato di New York, sulla Cnn dichiarava che nei corridoi di Washington si iniziava a “sussurrare”qualche nome alternativo a quelli dei candidati attualmente in corsa, soprattutto qualora Mitt Romney, il frontrunner delle primarie, non avesse vinto pesante proprio nel Michigan, dove suo padre, George W. Romney, era stato governatore tra il 1963 e il 1969. Alla fine Mitt Romney ha vinto ma talmente di misura che quei dubbi sulla capacità dell’ex-governatore del Massachusetts di battere il presidente uscente Barack Obama alle presidenziali del prossimo Novembre, restano intatti.

Nessuno dei contendenti, partendo da Rick Santorum, passando per Newt Gingrich fino al libertario Ron Paul, sembra capace di fornire un’alternativa credibile a Romney, ai suoi soldi, alla sua macchina elettorale. Il problema è che neanche Romney appare in grado di creare una narrativa all’altezza della potenza di fuoco mediatico e di fondi rispetto a quella che Obama metterà in campo a partire da Giugno (nota positiva è che quel miliardo di dollari che Axelrod si era prefissato di raccogliere per la rielezione non è stato affatto raccolto, tutt’altro). Per questo, da mesi ormai, soprattutto in certi giornali d’area conservatrice – ‘The Weekly Standard’ è un buon esempio – tende a farsi largo l’idea di presentare figure politiche alternative a quelle attualmente in corsa, soprattutto se alla convention di Tampa (Florida)il prossimo Agosto, si dovesse paventare la possibilità di una brokered convention, una convention aperta cosiddetta perché nessun candidato si è aggiudicato durante le primarie abbastanza delegati da aggiudicarsi ex iure la nomination.

Un nome su tutti: Jeb Bush, l’ex-governatore della Florida e fratello dell’ex presidente G. W. Bush. Considerato in grado di acciuffare l’elettorato indipendente (ma certo non il movimento conservatore) qualora messo di fronte a Obama. Un altro nome che non smette di uscire è quello di Mitch Daniels, governatore dello Stato dell’Indiana. E’ stato lui che ha risposto per il Gop all’ultimo Stato dell’Unione di Barack Obama al Congresso. A questi due figure di spicco, il ‘The Weekly Standard’ ha dedicato due articoli a firma nientemeno di William Kristol e Fred Barnes, rispettivamente direttore e direttore esecutivo del giornale. Nei loro rispettivi pezzi (Barnes su Jeb Bush, Kristol per Daniels) insinuavano che uno i due non solo avessero migliori chance di qualsiasi altro candidato già in corsa, ma che potessero effettivamente battere Obama.

Ora se è facile scrivere un pezzo su un giornale, ben più difficile è organizzare, a primarie iniziate da sei mesi, una discesa in campo, trovando soldi, volontari e anche l’entusiasmo giusto per farlo. Manca il fattore determinante: il tempo. E’ chiaro che più le primarie avanzano e più effettivamente ci si rende conto che nessuno dei quattro candidati Repubblicani, da mesi in giro per l’America, ha in sé tutte le doti di storia politica e personale, di retorica e ‘brillio’, per battere durante i dibattiti del prossimo Autunno Barack Obama. 

In un mondo del meccano, certo, ognuno singolarmente ha doti che assemblate in un unico candidato darebbe vita al Repubblicano ideale contro il presidente uscente: Mitt Romney ha la physique du rôle e i soldi; Newt Gingrich l’oratoria e lo spessore intellettuale; Santorum la passione e il viso bonario; Ron Paul quell’aurea di integrità wasp andata perduta e l’entusiasmo di un mucchio di volontari molto giovani. Messe insieme questi atout, darebbero vita al candidato perfetto contro Obama ma dato che ciò non è possibile, immancabilmente sui media, nei corridoi di Washington e ovunque vi sia voglia o interesse a far tornare un Repubblicano alla Casa Bianca, a ogni tornata di primarie – la prossima è il “Super Tuesday” del 6 Marzo prossimo – ritorna il toto nomi. Bush, Daniels, Paul Ryan, Chris Christie? Chi potrebbe prendere il posto di Romney? 

Se effettivamente però si dovesse arrivare ad una brokered convention, la situazione non sarebbe di per sè migliore. Come ha sagacemente fatto notare Sean Trende su ‘RealClearPolitics’ (citando Forrest Gump) una convenzione aperta "è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti capita". L’ultima nel partito Repubblicano di cui si abbia memoria è quella del 1948 assegnata a Thomas Edmund Dewey, peraltro ex-Democratico.

In conclusione, dato che il Grand Old Party si trova a sfidare una delle più disastrose presidenze nella storia degli Stati Uniti, quella di Barack Obama, è chiaro che il partito dell’elefante non può permettersi il lusso di mostrarsi allo sbando, senza candidato espressione di consultazioni primarie (e dunque inevitabilmente azzoppato). E’ bene che uno dei quattro in campo diventi quello ‘giusto’, the right candidate. Non importa quale sia il grado di protezione mediatica che i giornali e le televisioni americane forniscono all’amministrazione Obama. Cinque trilioni di debito in più rispetto al 2008 in un solo mandato (cioè più o meno un terzo dell’attuale debito federale statunitense) accumulato da Obama&co dovrebbe bastare per riacciuffare la Casa Bianca a mani basse. Basta uno dei quattro in campo. Il Gop ne scelga uno e lasci stare i ‘cavalieri bianchi’. Quelli esistono solo nelle fiabe.