Il governatore sapeva chi era Tedesco eppure insieme al Pd lo ha difeso
02 Marzo 2011
L’inchiesta sul malaffare nella Sanità pugliese, il cui ultimo atto è stata la richiesta d’arresto presentata nei confronti dell’ex assessore Tedesco, sta scoperchiando il vaso di Pandora facendo emergere un sistema corrotto e dominato dal clientelismo. Vendola e il centrosinistra continuano a sostenere di essere completamente estranei a quel sistema, eppure entrambi hanno sostenuto e difeso Tedesco.
Secondo il senatore Michele Saccomanno, capogruppo Pdl della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale ed ex assessore regionale alla Sanità nella giunta Distaso, ci sono delle responsabilità politiche che appartengono sia a Vendola che ai vertici del Pd. Il primo non ha mai voluto rimuovere Tedesco, nonostante il conflitto d’interessi e i dubbi, sollevati più volte dal centrodestra, sull’incremento sospetto dei ricavi delle aziende di famiglia dell’allora assessore; quanto al Pd, avrebbe organizzato l’arrivo di Tedesco in Senato per metterlo al riparo dalle inchieste. Quello che emerge dalle parole di Saccomanno, in sostanza, è un modo di fare politica ben diverso dal modello di trasparenza e onestà proclamato dal centrosinistra.
Senatore, Lei è stato assessore regionale alla Sanità in Puglia dal 1995 al 2000. In che condizioni ha trovato il sistema sanitario all’inizio del suo mandato e come lo ha lasciato?
L’ho trovato quasi come oggi, ma a fine mandato direi che l’avevamo lasciato decisamente meglio. In quella legislatura guidata da Salvatore Distaso, ottimo presidente e uomo liberale di grande cultura, abbiamo avuto modo come assessori di poterci esprimere al meglio, ognuno secondo le proprie attitudini e le proprie competenze. Senza contare che arrivavamo al governo di una Regione con circa 6 mila cinquecento miliardi di debito e la Puglia era piena di opere incompiute: ospedali in costruzione, in grandi e in piccole città, idee avveniristiche mal collegate al territorio e destinate a rimanere in sospeso all’infinito. Tutto questo, insieme ai tanti altri sperperi, aveva creato un grande dissesto finanziario e anche organizzativo, perché frutto di rapporti personali e campanilistici. Nonostante ciò, nei cinque anni in cui abbiamo amministrato la Regione sono stati completati e realizzati gli ospedali – solo per citarne uno, l’ospedale di Cerignola, che in un quinquennio è stato progettato e portato a compimento dando un grande esempio di efficienza- , sono partite le prime grandi leggi sanitarie, per esempio quella che ha previsto che il dipartimento per la prevenzione venisse organizzato sul territorio per la prima volta in Puglia, abbiamo dato applicazione alla legge 180 (la legge quadro del 1978 che chiuse i manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, ndr) e abbiamo avviato le nuove sperimentazioni gestionali. Sempre in quegli anni, abbiamo dato impulso alla creazione del primo osservatorio epidemiologico. Insomma, avevamo lasciato un sistema sanitario innovato, più snello ed efficiente, che purtroppo non assomiglia affatto a quello di oggi.
Come si è arrivati al disastro odierno?
Le Regioni hanno avuto molti soldi a disposizione. Basti considerare che, a conclusione del mio mandato, vi erano altri mille e cinquecento miliardi da spendere con l’ex art. 20 della legge 67/88. Investimenti governativi e cultura clientelare e populistica, specialmente negli ultimi anni hanno generato con la connivenza della politica l’irresponsabile abuso di quelle opportunità, con le degenerazioni che si riscontrano oggi negli atti presentati alla Giunta per le autorizzazioni in merito alla richiesta d’arresto di Tedesco.
In base alla sua esperienza, ritiene plausibile l’ipotesi che Vendola fosse completamente all’oscuro dei traffici portati avanti da un suo assessore, come invece dichiara?
Vendola ha sempre saputo chi è Tedesco. Ci fu addirittura un dibattito in Consiglio regionale nell’ottobre 2007, durante il quale io stesso feci notare che le aziende di Tedesco e della sua famiglia avevano avuto un incremento strano e continuo del reddito, proprio mentre le altre industrie, invece, erano in fase di recessione. Vendola, nonostante tutto, si è assunto la responsabilità di difendere con convinzione quella scelta, sostenendo che Tedesco fosse un profondo conoscitore della Sanità pugliese e avesse i requisiti per amministrarla al meglio. Da parte nostra, continuammo a ripetere al governatore che fosse meglio sostituirlo, ma non lo ha mai fatto, finché i fatti, alla fine, non lo hanno costretto a desistere. Ciò che risulta è che su tutta la questione ci sono forti elementi di dubbio e tante zone d’ombra, che lasciano spazio a supposizioni.
Rispetto al modus operandi dei giudici milanesi, secondo lei c’è stato un comportamento diverso da parte della magistratura di Bari nello svolgimento dell’inchiesta sul malaffare della Sanità pugliese, che aveva coinvolto anche il governatore Vendola, ma la cui posizione è stata archiviata?
In tutti gli ambiti, ma specialmente in quello giudiziario, si dovrebbero trovare atteggiamenti uguali e riproducibili in situazioni analoghe. Purtroppo, invece, in alcuni casi questo non avviene ed è ormai un fatto sotto gli occhi di tutti. Probabilmente, anche alla luce di quanto è venuto fuori dalle intercettazioni, sarebbe stato necessario un momento di attenzione e valutazione circa le responsabilità di chi, per piazzare un suo Direttore generale, avrebbe voluto addirittura cambiare una legge. Oltretutto stiamo parlando solo della parte emergente delle indagini, a cui si aggiungono i dubbi di cui parlavamo a proposito della strana e strenua difesa portata avanti da Vendola nei confronti di Tedesco, nonostante i dati che abbiamo presentato ripetutamente in Consiglio, a sostegno delle stesse tesi venute fuori poi nell’inchiesta.
Ieri si è riunita la Giunta per le autorizzazioni, che ha cominciato ad esaminare la richiesta di arresto nei confronti di Tedesco, il quale nel frattempo ha annunciato che chiederà al Gip di essere interrogato e gli chiederà la revoca della misura cautelare emessa nei suoi confronti. Il Partito democratico che posizione sta prendendo in tutta questa vicenda?
Il Partito democratico ha organizzato l’arrivo di Tedesco in Senato e quindi, ad oggi, è anche responsabile del fatto che si sia arrivati al punto della richiesta di arresto pervenuta a Palazzo Madama. Diversamente, non ci saremmo trovati in questa situazione. Il percorso che ha portato Tedesco ad essere senatore è quello voluto dai vertici del partito, che hanno obbligato in qualche modo Paolo De Castro ad andarsene in Europa e che nelle trattative hanno costantemente contrattato con l’ex assessore quale potesse essere la sua migliore posizione di garanzia, fino alla decisione di rimuovere, appunto, De Castro affinché egli potesse approdare in Parlamento e avesse questa ulteriore possibilità. Tutto ciò di fronte a una sensazione certa di coinvolgimento dell’uomo, che il partito non poteva non avere. In quel momento il Pd ha continuato a sostenere Tedesco che, oltretutto, non è stato un uomo passivo ma molto attivo, viste le sue continue influenze clientelari emerse dalle intercettazioni e dalle indagini: influenze che hanno portato ad un aumento delle quote del Pd a scapito degli altri partiti e che, quindi, hanno determinato, peraltro in un contesto di illegalità diffusa, un risultato positivo per il partito. Il Pd dovrebbe essere il primo a dissociarsi da tutta questa vicenda di malaffare, ma non lo fa per ovvi motivi e, anzi, sfrutta il principio garantista – che solitamente non gli appartiene – a suo pro. Dovrebbe invece indignarsi di fronte ad un dato di questa portata.
In base a quello che lei dice, visto che il Pd avrebbe difeso Tedesco in base a una precisa strategia politica, forse c’è da aspettarsi una continuità su questa linea, considerato oltretutto il fatto che raramente la Giunta, in altri casi, ha dato il suo consenso a misure cautelari di questo tipo…
L’arrivo di Tedesco in Senato – glielo ripeto, ma in fondo non è una novità per nessuno – è un arrivo organizzato. Oggi il Pd si nasconde ancora dietro un dito e se perseguirà la logica garantista non sua lo farà, ancora una volta, nel tentativo di salvare Tedesco. Del resto, lo ha portato a Palazzo Madama proprio per questo. Vedremo poi che posizione prenderà – o, magari, sarà costretto a prendere – ma l’intento è questo: un salvacondotto premeditato.
Quanto al Pd in Puglia è vero che, sin dall’inizio, è stata portata avanti una lottizzazione dei posti che ha riprodotto, peraltro, i contrasti tra le diverse correnti sorte al livello nazionale?
L’idea del Pd è stata quella di sostituire le poltrone degli altri con poltrone proprie. Non si è tenuto in considerazione né il fatto che quelle persone avessero realmente idee innovative, né che si occupassero di politica con quell’entusiasmo che, invece, ricordo era presente negli anni della giunta Distaso e che ci permise di fare tanto per la Puglia. Il Partito democratico ha esclusivamente cercato di occupare e gestire posti di potere: basterebbe citare i vari Frisullo e tutti i personaggi che non hanno di certo reso onore alla politica pugliese. Uno scatto di orgoglio avrebbe dovuto far ammettere a Vendola di aver fallito l’obiettivo di rappresentare una sinistra più efficace e più onesta: al contrario, con tutto questo fango sulle spalle il governatore non solo non abbandona la presidenza della Regione, ma intende addirittura candidarsi a leader nazionale.
Sulla Sanità pare che ultimamente, con l’intesa tra Fitto e Vendola, ci sia stata almeno una presa di coscienza, da parte del governatore, circa la necessità di convergere negli obiettivi. Lei cosa ne pensa?
Non c’è e non ci può essere una convergenza su una medesima Sanità. Vendola è arrivato al governo della Regione dicendo di essere l’opposto di Fitto e di avere un piano. Sono passati sei anni e ancora quel piano non si è visto. Ma se continua a fare leggi come quella che, ad esempio, è in corso di esame nell’Assemblea regionale pugliese, dove si dice di aver approvato un tetto di Rsa (Residenze sanitarie assistenziali, ndr) previsto nel Piano di rientro ma si dichiara, demagogicamente, che tutti gli ospedali in chiusura verranno trasformati in Rsa per eludere il vincolo imposto dal Piano, allora direi che la convergenza è solo di facciata e di convenienza. Siamo di fronte ad un modello populistico che fa di tutto per apparire bene di fronte ai cittadini, pur non avendo i meriti per farlo. Questo è un modo falso per continuare a proporsi.